11 febbraio, 2024

11 febbraio 1966 - Hanno sabotato il beat a Sanremo...

L’11 febbraio 1966 "Big", uno dei diffusissimi giornali di culto dei ragazzi degli anni Sessanta, spara sul Festival di Sanremo. «…Tutta la verità sul sabotaggio ai nostri…» recita il titolo in copertina. All'interno con un ampio servizio fotografico viene addirittura documentato quello che la rivista considera un vero e proprio sabotaggio operato scientemente nei confronti dei “complessi”, come vengono chiamate le rockband in quel periodo. Le critiche sono fondate. I gruppi “beat” (così si chiama in quegli anni il pop rock) per la prima volta ospitati in gara sul palco di Sanremo sono stati obbligati a suonare a bassissimo volume e con le casse amplificate alle spalle. Il suono così rientra nei microfoni, si sporca e non consente ai componenti delle band di ascoltarsi. Le esibizioni dei gruppi più amati dai giovani appaiono modeste e, in qualche caso, risultano addirittura fastidiose all’ascolto per chi segue il Festival di Sanremo alla radio o alla TV. In quella che “Big” chiama “trappola” cadono, soprattutto, l'Equipe 84, gli Yardbirds e i Renegades. Più che un complotto è un pasticcio nato da una combinazione tra l’ignoranza “tecnica” sulle esigenze del rock degli addetti agli impianti del Festival e da un po’ di dabbenaggine dei gruppi stessi che non si rendono conto della precarietà degli equilibri sonori e tecnici delle riprese televisive. Non a caso un gruppo più “scafato” come i Ribelli, vista la situazione, rinuncia alla batteria in scena, oltre che al sax di Natale Massara, affida all’orchestra quelle parti, lavora sulle “voci” e arriva in finale. Sottovalutato dai mezzi di comunicazione il “sabotaggio” dei “nostri” diventa per le riviste “giovanili” il primo grande momento di contrapposizione generazionale, una sorta di anticipazione della voglia di protagonismo delle nuove generazioni del dopoguerra e dell’esplosione delle lotte per cambiare la società italiana. Sulle pagine di “Big” si leggono considerazioni che vanno al di là della musica: «…È ora di finirla di considerare i giovani come una massa di ebeti, inesperti d'ogni problema della vita, o di volerli "finti-tonti" ad ogni costo...». Non diverso è l’atteggiamento di quello che può essere considerato il suo principale concorrente, cioè il settimanale “Ciao Amici”. Sulle pagine di questa rivista un lungo editoriale del direttore Luciano Giacotto parte da una serie di considerazioni di carattere musicale («…Doveva essere un festival beat, allegro e giovane, invece è stata una rassegna di motivi vecchi, superati e fuori del nostro tempo…») per poi alzare la polemica sull’aspetto generazionale dicendo «…Però, se riflettete un attimo, vi accorgerete che i motivi e i personaggi esclusi sono tutti giovani. È un'ulteriore conferma della mancanza di rispetto per i gusti e le esigenze dei giovani in tutte le manifestazioni che abbiano un'impronta di ufficialità….». Interessante appare anche la chiosa dell’editoriale: «…È stato un festival inutile? Forse no. Se è servito ancora una volta a mettere in evidenza la scarsa considerazione in cui sono tenuti i giovani in Italia…». Sono le prime scintille di una fiammata destinata a scuotere e a cambiare l’intera società italiana. Eppure gran parte degli osservatori, all’epoca, pensa che si stia parlando solo di musica leggera o poco più…

10 febbraio, 2024

10 febbraio 1987 – Graceland, un grande sogno di uguaglianza e libertà

Il 10 febbraio 1987 Paul Simon presenta il suo nuovo album Graceland a Parigi. Il locale scelto per l’occasione è lo Zenith, sul quale convergono, oltre ai giornalisti, anche varie associazioni e movimenti antirazzisti della capitale francese. La loro presenza non è casuale, perché l’album che segna il ritorno sulle scene del cantautore statunitense è connotato da un forte impegno antirazzista. Realizzato in oltre un anno di lavoro ha visto la collaborazione di musicisti statunitensi, latini e africani come Los Lobos, Youssou N’Dour, Steve Gadd, i Ladysmith Black Mambazo e gli Everly Brothers. A vent’anni esatti di distanza dall’intensa stagione delle lotte per i diritti civili che l’aveva visto tra i protagonisti come componente del duo Simon & Garfunkel, Paul Simon ripropone al pubblico la sua immagine più impegnata. I giornalisti europei guardano con scetticismo a questa improvvisa riconversione e gli chiedono cosa sia cambiato in lui quattro anni dopo la pubblicazione di un album bello ma decisamente leggero e disimpegnato come Hearts and bones del 1983. Paul per un po’ ascolta con pazienza e in silenzio i suoi interlocutori, poi chiede la parola «Io amo sognare in grande. Il rock è, per me, un grande sogno di uguaglianza e libertà che non ritengo di avere mai tradito. Non amo, invece, questi anni di confusione, in cui i suoni coprono le parole. Vedo che nel mondo altri la pensano come me e non m’importa se sono nati in Asia, in Africa, in Europa o negli Stati Uniti. L’album vuole essere un po’ la sintesi dei miei pensieri. Può darsi che non sia riuscito compiutamente a mettere in musica ciò che penso, ma non vorrei che qualcuno pretendesse di farmi dire ciò che lui pensa. Non mi interessa venire considerato una rockstar. Che io lo sia o non lo sia è un problema vostro. Il mio problema è che tutti capiscano ciò che ho nel cuore». Più ancora del disco saranno i concerti del “Graceland tour” a chiarire il senso dell’impegno contro il razzismo di Paul Simon. Sul palco il cantautore darà un grandissimo spazio, fino a scomparire, ai componenti del gruppo Ladysmith Black Mambazo e, soprattutto, a due artisti sudafricani in esilio come Hugh Masekela e Miriam Makeba. Alla fine convincerà anche gli scettici, tanto che in Italia qualcuno scriverà di lui: «Avvicinandosi ai cinquant’anni è entrato nel gruppo dei musicisti rock maturi e coraggiosi…»

09 febbraio, 2024

9 febbraio 1913 – Per Erskine la musica conta più dei soldi

Il 9 febbraio 1913 nasce a Syracuse, nello Stato di New York, il pianista e cantante e direttore d’orchestra Erskine Butterfield. A nove anni, quando ancora frequenta la scuola a Newark, nel New Jersey, inizia studiare pianoforte e giovanissimo entra a far parte dell’orchestra di Noble Sissle. Nel 1938 entra a far parte dello staff della stazione radiofonica NBC come musicista di studio, ma l’impiego fisso non rientra tra le sue aspirazioni. Ben presto inizia a girovagare tra sale di concerto e studi di registrazione. Gli anni Quaranta lo vedono spesso nella formazione dei Blue Boys insieme al trombettista Bill Graham, il trombonista Al Philburn, al clarinettista Jimmy Lytell, ai chitarristi Frank Victor e Carmen Mastren e al batterista Sam Weis. Con questo gruppo registra un buon numero di dischi per la Decca, ma il successo non lo convince a mettere da parte la sua vocazione girovaga. A partire dal 1943 inizia a esibirsi nelle sale da ballo come pianista di boogie woogie, sfruttando il successo e la popolarità di un genere cui si era dedicato anche negli anni precedenti, sia pur in versione orchestrale. Parallelamente trova, però, modo di arrotondare le entrate suonando e cantando il blues nei locali notturni che non possono permettersi una grande orchestra. Al termine della Seconda Guerra Mondiale riforma una grande orchestra cui dà il suo nome, ma non rinuncia a esibirsi anche in locali più modesti che non hanno a disposizione risorse finanziarie sufficienti per pagare troppi strumentisti. In questo caso si propone con piccoli gruppi dall’organico limitato, gli Erskine Butterfield Combos, facendo girare a turno i musicisti. Per lui i soldi sono importanti, ma non più della voglia di suonare. La musica viene prima di tutto, sempre e in ogni situazione. C’è chi ha scritto che se avesse curato meglio la sua immagine e fosse stato più oculato nella scelta delle orchestre e del repertorio, la sua carriera sarebbe stata molto diversa. In realtà non è stato così. La voglia di suonare, ma anche il piacere di vagabondare da un genere all’altro, hanno costituito l’elemento più importante della sua grandezza e, insieme, il limite più evidente della sua esperienza musicale. In questi anni la critica, che per molto tempo l’ha sottovalutato, ha riscoperto e riconosciuto la genialità della sua ispirazione musicale. Ma a Erskine Butterfield non importa più, visto che è morto, a soli quarantasette anni, nel 1961.





08 febbraio, 2024

8 febbraio 1973 - L'uomo di Woodstock se ne va

L’8 febbraio 1973 muore a cinquantatré anni per una crisi cardiaca Max Yasgur, il proprietario della fattoria sui cui terreni nel 1969 si è svolto il Festival di Woodstock. Sono rimaste famose le sue parole, pronunciate dal palco al termine del Festival nelle quali è riassunta la filosofia hippy: «Questo è il più grande gruppo di persone che si sia mai radunato in un unico posto... Credo che tutti voi abbiate dimostrato qualcosa al mondo, e cioè che mezzo milione di giovani possano stare insieme e divertirsi ad ascoltare musica, nient’altro che divertimento e musica. Che Dio vi benedica per questo!». Da tre anni era alle prese con i guai legali derivati da quell'evento. Era stato infatti citato in tribunale dai proprietari dei terreni confinanti che chiedono trentacinquemila dollari di risarcimento per i danni provocati dal pubblico alle loro proprietà. Quando era stata notificata la citazione non aveva fatto commenti limitandosi a chiarire la sua posizione: «Non ho tutti i soldi che mi chiedono. Andrò davanti ai giudici e glielo dirò...». Pratico più che rassegnato, per lui il mondo era più semplice di come volevano farlo apparire gli altri. Nella battaglia legale non poteva contare sul sostegno di nessuno. Anche i protagonisti del Festival di Woodstock, divenuti improvvisamente delle star, erano lontani, impegnati a far fruttare l’inaspettata popolarità. La causa si trascina per molto tempo, ma non approda a niente, anche perché il buon Max con la sua semplicità troverà un modo originale per uscirne morendo d'infarto e lasciando tutti con un palmo di naso...

07 febbraio, 2024

7 febbraio 1980 - I Pink Floyd dietro al muro

Il 7 febbraio 1980 i Pink Floyd iniziano alla Sports Arena di Los Angeles un tour promozionale per l’album The wall mettendo in scena uno dei più singolari show della storia del rock. Il gruppo intende stupire tutti soprattutto dopo le perplessità avanzata da qualche critico sulla narrazione dell’album, ritenuta un po’ troppo figlia dell’esasperazione dei concept degli anni Settanta. Il personaggio principale di The wall è Pink, una rock star frustrata destinata a trasformarsi in un sinistro simbolo di oppressione sociale. I critici più scettici sostengono che la carica di simbolismi e presagi profetici che contiene finirà per soffocarne i contenuti. Nonostante scettici e detrattori l’album ha un grande successo. Convinto delle sue idee il gruppo pensa di lasciare un segno anche dal vivo. Il momento più eclatante si ha quando, nel corso dell’esibizione, i tecnici occupano a grappoli la scena e costruiscono un enorme muro che, a poco a poco sale fino a nascondere alla vista degli spettatori i musicisti. Quando il muro è completo sale sul palco un gruppo di sosia dei Pink Floyd, mentre i veri componenti della band continua a suonare nascosta dal muro. Al culmine dell’esibizione il muro crolla e il gruppo riappare suonando, però, strumenti acustici. Nel corso dello show, inoltre, il palco si popola di giganteschi personaggi gonfiabili progettati da Gerald Scarfe.


06 febbraio, 2024

6 febbraio 1945 – Benvenuto al mondo Robert Nesta Marley!


Alle due e trenta di mercoledì 6 febbraio 1945 nasce a Nine Miles in Giamaica il piccolo Robert Nesta Marley, figlio di Cedella Malcom, che non ha ancora compiuto diciotto anni e non ha paura dei giorni che passano. Figlia di Omeriah e nipote di Robert “Uncle Day” Malcom, è una discendente degli schiavi Cromanty arrivati centinaia d’anni prima dalla Costa d’Oro. Il bimbo ha anche un padre. È un capitano cinquantenne che si chiama Norval Marley e ha sposato Cedella perché così voleva Omeriah, ma non c’è. È tornato in città perché là ci sono i suoi interessi. Il piccolo si chiama Nesta perché è un nome che piace alla madre e Robert perché è quello scelto da suo padre Norval in onore di un fratello che Cedella non ha mai visto né conosciuto. Mentre il piccolo fa sentire per la prima volta la sua voce, le donne si incaricano di seppellire la placenta ai piedi di uno degli alberi di cocco di nonno Omeriah. Nato con l’aiuto di Auntie Missus, una prozia che fa la levatrice per tutta la comunità Robert Nesta Marley, detto Bob, lascerà un segno sulla storia della musica mondiale ma questo nella comunità di Nine Miles in quei primi mesi del 1945 ancora nessuno può saperlo.


05 febbraio, 2024

5 febbraio 1924 - Lil Hardin diventa Lil Armstrong

Il 5 febbraio del 1924 la pianista, cantante e compositrice Lilian Hardin sposa Louis Armstrong e cambia il suo nome d'arte da Lil Hardin a Lil Armstrong. È nata a Memphis, nel Tennessee, il 3 febbraio 1902 (o 1903 per alcune biografie). Proveniente da una famiglia della buona borghesia di Memphis, studia il piano e la musica classica. Proprio la sua cultura musicale favorirà la maturazione artistica di Louis Armstrong. La sua carriera inizia molto prima di conoscere il trombettista. Già nel 1918 si esibisce con Freddie Keppard e nel 1922 entra a far parte della Creole Jazz Band di King Oliver. Proprio qui incontra Louis Armstrong, con il quale Lil sviluppa una collaborazione importante i cui frutti sono percepibili soprattutto nelle prime sedute di incisione degli Hot Five. Nel 1925 forma un suo gruppo autonomo, i Lil's Dreamland Syncopators, nel quale suona a volte anche Armstrong. Nel 1932 il matrimonio tra Lil e Louis va in frantumi. Dopo la separazione Lil va a New York e suona in vari club sia come solista di pianoforte che con personaggi di spicco del jazz tradizionale come Henry Allen e Zutty Singleton. Accompagna anche il cantante di blues Lonnie Johnson. Nel 1952 si trasferisce a Parigi dove resta per alcuni anni. Dopo la morte di Louis, che avviene il 6 luglio del 1971 chiede e ottiene di partecipare al Tribute to Louis Armstrong" che si svolge al Civic Center Plaza. Proprio al termine dell'esibizione viene colta da un collasso e muore poco dopo. È il 27 luglio 1971 e dalla morte di Louis son passati soltanto ventun giorni.

04 febbraio, 2024

4 febbraio 1984 – Peter Garrett dei Midnight Oil candidato per il disarmo

Il 4 ottobre 1984 Peter Garrett, il cantante del gruppo australiano dei Midnight Oil, annuncia l’intenzione di candidarsi al Senato del suo paese per il neocostituito Australian Disarmement Party. La notizia fa scalpore perché la band è popolarissima in tutto il mondo dopo il successo del brano 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, ma non stupisce chi ne conosce la storia. I Midnight Oil sono, infatti, il gruppo più impegnato sul piano civile e sociale del rock australiano. Formatisi nel 1975 a Sydney, inizialmente con il nome di Farm, fin dall’inizio della loro carriera si caratterizzano per la resistenza opposta alle lusinghe e alle manipolazioni dello show-business. Decisi a rifiutare qualunque tipo di condizionamento creano una propria struttura alternativa di produzione che diventa il punto di riferimento per molte band australiane degli anni Ottanta. Nonostante varie forme di censura attuate dai mezzi di comunicazione nei loro confronti per le critiche contro l'establishment e per il sostegno dato ai movimenti antinucleari e pacifisti, i Midnight Oil riescono a conquistare un pubblico sempre più vasto nel loro paese con iniziative come il tour “Black fella white fella” in difesa degli aborigeni australiani. Nei primi anni Ottanta il loro successo diventa internazionale grazie al già citato 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1. Qualche tempo prima dell’annuncio della sua candidatura, Peter Garrett, interpellato sul legame che c’è tra il suo impegno politico e le canzoni della band così risponde: «Quel che vorrei fosse chiaro è che non abbiamo intenzione di trasformare i concerti in comizi: il nostro primo scopo è quello di far divertire i ragazzi. In Australia, però, abbiamo bisogno anche di qualcosa di diverso. Siamo una comunità relativamente piccola e isolata, ci sono poche idee che circolano e questo è un male. Ecco, noi cerchiamo di fare circolare un po’ di idee sfruttando la nostra popolarità utilizzando per comunicare il linguaggio del rock». La sua avventura elettorale si concluderà con un “bottino” di duecentomila voti di preferenza. Non verrà eletto ma non modificherà il proprio atteggiamento. Nel 1993, dopo la catastrofe ecologica provocata dalla petroliera Exxon sulle coste nordamericane i Midnight Oil terranno un concerto all'aperto nel centro di Manhattan per protestare contro i rischi connessi a uno sfruttamento non equilibrato delle risorse.


03 febbraio, 2024

3 febbraio 1920 - Chico Alfred Alvarez, la tromba del progressive di Kenton

Il 3 febbraio 1920 a Montreal, in Canada nasce il trombettista "Chico" Alfred Alvarez. Cresciuto alla scuola musicale di Los Angeles, vive il suo suo momento di gloria nel decennio dal 1941 al 1951 quando entra a far parte dell'orchestra di Stan Kenton mettendosi in evidenza come solista. La sua tromba ha un ruolo rilevante nel gruppo di Kenton che in quell'epoca vive il trapasso dallo swing al progressive jazz. La nuova esperienza consente ad Alvarez di evidenziare la propria versatilità, che bene si adatta alle esigenze della creatività kentoniana. Chiusa l'esperienza con Kenton suona in altre orchestre, in particolare con quelle di Charlie Barnet e Red Norvo e negli anni Ottanta si orienta verso la musica latino-americana. Muore il 1° agosto 1992.




02 febbraio, 2024

2 febbraio 1953 - Il primo disco di Gilbert Bécaud

Il 2 febbraio 1953 viene registrato il primo disco firmato da Gilbert Bécaud. Lo stesso giorno nasce sua figlia Gaya. Le due canzoni sono Mes mains con il testo di Delanoë e Les Croix firmato Amade.. È l'inizio di un'avventura destinata a durare a lungo. Vestito sempre di blu con la cravatta a pois, che si dice non cambi mai per scaramanzia, diventa uno dei primi idoli giovanili della storia della musica mondiale. Il 17 febbraio 1955 una sua esibizione all'Olympia verrà "festeggiata" da quattromila fans urlanti che distruggono letteralmente una parte della platea. L'episodio, più, che la notevole potenza della sua voce, gli varrà per sempre l'appellativo di "Monsieur 100.000 volts". All'inizio degli anni Sessanta arriverà anche la consacrazione internazionale con Et maintenant, il suo brano più famoso scritto su un testo di Pierre Delanoë, che conoscerà oltre centocinquanta versioni diverse in quasi tutte le lingue del mondo.




01 febbraio, 2024

1° febbraio 1968 - Elvis diventa padre mentre il suo mito scricchiola

Il 1° febbraio del 1968 nasce Lisa Marie Presley. La bimba apre gli occhi sul mondo a nove mesi esatti dal matrimonio di Elvis e Priscilla. La notizia fa il giro del mondo e sembra che non meno di diecimila telefonate da ogni parte del globo siano giunte al centralino della clinica. La nascita della bimba è utile per dare nuovo smalto alla popolarità di Elvis che, dopo l'avvento dei Beatles e del nuovo rock, soprattutto negli Stati Uniti si sta lentamente spegnendo. I suoi primi fans sono ormai genitori come lui mentre i ragazzi lo snobbano e lo considerano un rottame del decennio precedente da relegare nel passato. Lui fatica a trovare la sua dimensione. Anche i nuovi film si rivelano fallimenti commerciali, e si dice che nei primi giorni del 1968 Presley passeggi per il Sunset Boulevard, a Los Angeles, senza essere riconosciuto dai passanti, quando solo pochi anni prima sarebbe stata necessaria la polizia per proteggerlo dai fans. A cambiare la situazione arriva l'annuncio di un nuovo special televisivo, in preparazione per la rete NBC. In quel momento è chiaro a tutti che il "Re" non ha ancora abdicato. Lo show, subito ribattezzato "The '68 comeback" (il grande ritorno del'68), si trasformerà nel momento della verità, nel punto cruciale di tutta la carriera di Elvis Presley.




31 gennaio, 2024

31 gennaio 1955 - Muore Buck e Bubbles resta solo

Il 31 gennaio 1955 muore a New York il pianista, cantante e ballerino Buck Washington. Nato a Louisville, in Kentucky, il 16 ottobre 1903 in realtà si chiama Fard Lee Washington. Il suo nome d'arte è divenuto famoso sulla scena musicale insieme a quello di John W. Bubbles, con il quale ha formato il duo vocale Buck & Bubbles. Il sodalizio con Bubbles inizia nel 1917, quando il duo debutta con successo nei teatri di Louisville e dura fino alla fine degli anni Quaranta. Durante questo periodo Buck &Bubbles tengono concerti in tutte le maggiori città degli Stati Uniti, effettuano varie tournée in giro per il mondo, due delle quali toccano anche l'Europa, e pubblicano diversi dischi per la Columbia. Fuori dal duo Buck Washington non rinuncia alla sua attività di pianista e suona con Louis Armstrong, Bessie Smith e Coleman Hawkins. Il duo Buck & Bubbles appare anche in vari film come "Due cuori nel cielo" di Vincent Minnelli e "Venere e il professore" di Howard Hawks Sciolto il sodalizio con John Bubbles, Buck continua poi  a esibirsi come pianista sia da solista che con vari gruppi.

30 gennaio, 2024

30 gennaio 1969 – Ehi, ci sono i Beatles sul tetto!

Il 30 gennaio 1969 John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr con il tastierista aggiunto Billy Preston, saliti sul tetto dell'edificio che ospita gli uffici di ciò che rimane della Apple, iniziano a suonare all’aria aperta davanti a un pubblico composto dagli impiegati della loro etichetta e da nugoli di incuriositi passanti a faccia in su. Tra i brani che vengono eseguiti c’è anche Get back, una canzone che nella sua stesura originale attacca duramente le proposte di legge britanniche contro l’immigrazione il cui testo viene successivamente "ammorbidito". «Ci sono i Beatles sul tetto!» La voce corre di quartiere in quartiere e in breve tempo la folla a naso in su aumenta considerevolmente di numero. Tutti hanno la sensazione di assistere a un avvenimento storico, perché sono anni che il gruppo non si esibisce più dal vivo. L’unico a non sopportare quello che lui considera un “baccano infernale” è il capocontabile della vicina sede della Royal Bank of Scotland, un certo Stephen King, che, infastidito dal rumore, chiama la polizia. Dopo qualche minuto arrivano gli agenti che, tra i lazzi e i fischi del pubblico, salgono sul tetto del palazzo e obbligano i Beatles a smettere. Nessuno ancora lo sa ma è l’ultima esibizione dei Beatles in pubblico. Dall’inizio all’interruzione forzata è durata quarantadue minuti. La storia della band dei quattro ragazzi di Liverpool è vicina alla sua conclusione ufficiale che verrà sancita l’anno dopo dall’annuncio ufficiale dello scioglimento con relativi strascichi giudiziari.



29 gennaio, 2024

29 gennaio 1966 - Traditi i “capelloni” a Sanremo

Il Festival di Sanremo del 1966 sembra colto da un impeto giovanilistico e “apre” al beat. Per la prima volta il programma della rassegna comprende la musica dei ‘capelloni’ che tanto piace ai giovani. Il cast è di tutto rispetto e va dall’aggressivo (allora) soulman Lucio Dalla, agli Yardbirds di Keith Relf e Jeff Beck, all’Equipe 84, ai Renegades, agli Hollies, ai Ribelli, allo “scandaloso” P.J. Proby, censurato in Gran Bretagna per l’abitudine di sbottonarsi i pantaloni durante i bis. Sembra che davvero la rassegna sanremese si sia aperta alle novità. Non è così. Tra il 28 e il 29 gennaio si consuma quello che i magazine giovanili dell’epoca chiameranno «un massacro a tradimento dei nostri idoli». Problemi tecnici, canzoni inadatte, accoppiamenti incredibili (P.J. Proby è in coppia con il tenore Giuseppe di Stefano!) e un generale fastidio dell’ambiente festivaliero nei confronti degli ‘invasori’ portano alla immediata eliminazione di tutti gli esponenti delle nuove tendenze giovanili, con l’eccezione di Caterina Caselli e dei Ribelli. Lo stesso Celentano, con la straordinaria Il ragazzo della via Gluck viene buttato fuori dopo la prima serata. Tra il Festival di Sanremo e le nuove generazioni si apre un conflitto destinato a durare nel tempo.

28 gennaio, 2024

28 gennaio 1921 - Con "Sur un air de shimmy" Georgius diventa una star

Il 28 gennaio 1921 sul palcoscenico de l’Européen Georgius presenta per la prima volta al pubblico il brano Sur un air de shimmy, destinato a diventare l’anno dopo il suo primo successo su disco. Alla metà degli anni Venti è al culmine della popolarità e il suo nome viene inserito nella ristretta rosa degli chansonniers di maggior successo. A differenza di quanto accade ad altri protagonisti di quel periodo la cui popolarità è immensa nella capitale ma scarsa nel resto del territorio francese, Georgius ottiene consensi in tutta la Francia. Non esiste città in cui i suoi concerti e, soprattutto, le sue riviste non siano letteralmente prese d’assalto dal pubblico entusiasta. In qualche caso, come all’Alcazar di Marsiglia dove le persone che non riescono a entrare provocano tumulti, si rende necessaria l’aggiunta di alcune repliche a quelle già previste dal programma. La gente canta in coro le sua canzoni, soprattutto Plus bath des javas, un brano che si prende gioco della Java, il ballo di moda di quegli anni. Nel 1926 la sua compagnia cambia nome e Les Joyeux Compagnons diventano Le Théâtre Chantant. Dietro il cambiamento c’è anche una novità nell’impostazione perchè Georgius sostituisce all’impianto del teatro di rivista tradizionale uno spettacolo basato su una serie di canzoni sceneggiate. Nel 1929 il suo spettacolo “Allô, ici Paris...” scandalizza il pubblico borghese del Moulin Rouge che si sente bersagliato dalla sua vena satirica e reagisce con freddezza. Lui non se ne cura. Due settimane più tardi viene portato in trionfo dagli spettatori che affollano all’inverosimile il cabaret Aux Buffes du Nord.



27 gennaio, 2024

27 gennaio 1980 – Jimmy Crawford, il batterista dello swing

Il 27 gennaio 1980 muore a New York il settantenne Jimmy Crawford, all’anagrafe James Strickland, batterista fra i più potenti e precisi, adatto come pochi a sostenere lo swing delle grandi orchestre nere degli anni Trenta. Nato a Memphis nel Tennessee trascorre gran parte della sua carriera nella big band di Jimmy Lunceford, una delle più famose del periodo dello swing. È proprio Lunceford a intuire le sue capacità quando, diciannovenne, è ancora studente. Lo convince a la sciare tutto e a seguirlo nella sua avventura. Crawford ripaga la fiducia del suo scopritore con gli interessi restando con lui per quattordici anni filati, fino al 1943 partecipando alla registrazione di tutti i successi anche discografici dell’orchestra, da Harlem shout a Baby wont’ you please come home. La sua prima fonte d'ispirazione stilistica sono i batteristi di New Orleans, anche se filtrati attraverso la lezione di due maestri come Sidney Catlett e Chick Webb. Progressivamente, però, il ragazzo si libera dalle varie influenze ed elabora uno stile proprio, vigoroso ed energico, capace di emergere per il suo swing in un'orchestra come quella di Lunceford, ricca di strumentisti di valore. Quando lascia il suo scopritore è ormai considerato una stella di prima grandezza nell'universo dei batteristi jazz. Sono molti i direttori d'orchestra che vorrebbero inserirlo stabilmente nel proprio organico, ma lui preferisce non legarsi più per tanto tempo. Nel dopoguerra si diverte a vagabondare tra vari gruppi senza dimenticare qualche orchestra sopravvissuta alla fine delle big band come quella di Lionel Hampton. La sua non è una scelta esistenziale, ma professionale. Lo stimola l'idea di prestare la sua batteria a personalità molto diverse tra loro, alla quali regala la sua genialità tecnica, ma dai quali assimila nuovo spunti di crescita artistica. Il quel periodo dà il suo apporto ai gruppi di quasi tutti i leader più importanti della scuola post-swing. Tra le tante sono da ricordare le sue collaborazioni con Edmund Hall, Illinois Jacquet e, soprattutto, Milton Mezzrow, con il quale registra una memorabile session discografica che comprende fra gli altri brani come Hot Club stomp e Blues in disguise, destinati a diventare due classici della storia del jazz. Gli acciacchi e qualche incomprensione con l'ambiente ne condizionano la carriera negli anni Settanta, iniziati con la partecipazione al film "L’aventure du jazz", e quando la morte lo coglie non suona quasi più.


26 gennaio, 2024

26 gennaio 1962 - Muore Lucky Luciano

Il 26 gennaio 1962 muore d’infarto a Napoli, all’aeroporto di Capodichino, Salvatore Lucania, più conosciuto con il nome di Lucky Luciano, considerato l’ideatore della moderna struttura delle cosche mafiose. Espulso dagli Stati Uniti viveva da tempo in Italia. Il boss, provato dalla morte per cancro della sua compagna Igea Lissoni, si trovava all’aeroporto di Napoli per incontrare un produttore cinematografico, interessato a girare un film sulla sua vita. Il suo corpo viene seppellito al Saint John's Cemetery di Queens.

25 gennaio, 2024

25 gennaio 1958 - Napoli piange Gennaro Pasquariello

Il 25 gennaio 1958 muore Gennaro Pasquariello. Considerato uno dei più grandi interpreti della canzone napoletana è nato nel capoluogo partenopeo l'8 settembre 1869. A tredici anni canta già in un teatrino della sua città. Oggetto di una passione popolare al limite del fanatismo, negli anni Venti e Trenta si esibisce in tutti i principali locali d’Europa di fronte a folle di ammiratori entusiasti. Quando è all'apice del suo successo per lui scrivono tutti i più grandi autori della canzone napoletana. Nel 1950 decide di lasciare le scene è dà un ultimo, affollatissimo, concerto d’addio durante la festa di Piedigrotta. Memorabili restano le sue interpretazioni di Marechiare, Rundinella, E dduie paravise, N’accordo in fa, Era una bambola, 'O surdato 'nnammurato, Mandulinata a mare, Teresina, Funtana all’ombra e Indifferenza.
Dopo aver dilapidato le ingenti fortune accumulate nella sua carriera muore a Napoli il  25 gennaio 1958.

24 gennaio, 2024

24 gennaio 1962 - Il film simbolo della “nouvelle vague”

Il 24 gennaio 1962 viene presentato in prima mondiale “Jules et Jim”, un film diretto da François Truffaut e interpretato da Jeanne Moreau destinato a diventare uno dei manifesti della “Nouvelle Vague” e un simbolo dell’emancipazione e della ribellione femminile dell’epoca. Tratto dall'omonimo romanzo di Henri-Pierre Roché, racconta la storia di un “rapporto a tre” tra una donna e due uomini all’epoca considerato scandaloso. Jeanne Moreau, interprete di una donna che si permette di governare senza troppi problema una relazione così scabrosa diventa un mito e la scena in cui canta la canzone Le tourbillon entra nella storia del cinema e del costume.






23 gennaio, 2024

23 gennaio 1910 - Django Reinhardt, l'uomo che ha liberato il jazz

Il 23 gennaio 1910 nasce Django Reinhardt, destinato a cambiare la prospettiva del jazz europeo liberandolo dalle simmetriche ripetizioni delle esperienze statunitensi. Tutto inizia nei pressi di Liverchies, un piccolo borgo nelle vicinanze della città di Charleroi, in Belgio. Qui in un carrozzone di un gruppo di nomadi del nord, commedianti e musicisti vagabondi, vede la luce un bambino. Sua madre si chiama Laurence Reinhardt ed è un'acrobata dalla pelle così scura che nell’ambiente viene chiamata “la negra”. Il padre si chiama Jean Vées, anche lui è un acrobata ma alterna le acrobazie all'intrattenimento musicale degli spettatori con il violino e la chitarra. Ricco di charme sa come conquistare il pubblico, soprattutto quello di sesso femminile. Laurence accetta il figlio ma non vuole saperne d’unirsi al padre in modo definitivo. Quasi come a trovare una mediazione al figlio si dà il nome del padre e il cognome della madre. Viene così registrato all’anagrafe come Reinhardt Jean anche il nome prestatogli dal padre verrà rapidamente dimenticato e sostituito da quello di Django. I primi anni di vita li passa vagabondando al seguito della madre, impegnata a tenere se stessa e suo figlio fuori dai rischi di una comunità “civile” che nel frattempo ha trovato modo di scannarsi in quella che verrà chiamata la Prima Guerra Mondiale. Dopo aver girato Italia, Corsica e soprattutto Africa del Nord, nel 1918, quando la follia bellica sembra essere finita, la roulotte di Laurence Reinhardt torna a Parigi e si ferma in una zona che all’epoca si chiama la “barriera di Choisy”. Django ha otto anni e alla scuola preferisce i vagabondaggi in compagnia dei monelli del posto. Non imparerà mai né a leggere né a scrivere e solo in tarda età si aggiusterà a “firmare” i documenti con uno scarabocchio in stampatello. In compenso è un talento con la musica. A dodici anni suona da dio la chitarra e il banjo e a partire dal 1913 “lavora” nelle balere con alcuni dei più importanti fisarmonicisti dell’epoca. Ormai popolarissimo tra gli abitatori della notte parigina nel 1928 all’Abbaye de Thélème, un locale in Place Pigalle, ascolta per la prima volta dall'orchestra di Billy Arnold i nuovi ritmi che arrivano dall’altra parte dell’oceano e ne resta affascinato. Il 2 novembre di quello stesso anno la sua roulotte prende fuoco ed egli, intrappolato per qualche minuto tra le fiamme, rimane gravemente ustionato a una gamba e alla mano sinistra. Incurante del rischio di cancrena rifiuta l’amputazione. La sua fibra lo aiuta a guarire ma la sua vita sembra destinata a cambiare per sempre visto che perde l’uso di mignolo e anulare della mano sinistra, atrofizzati. Lui però non s’arrende e già nella lunga convalescenza mette a punto una tecnica che gli consente di suonare soltanto con due dita rivoluzionando la stessa storia dello strumento. Poco tempo dopo viene ingaggiato da Stephen Mougin, uno dei primi jazzisti francesi, che lo ingaggia nella sua orchestra e lo inizia ai misteri della “nuova musica americana”. È l’inizio di una straordinaria carriera che ha la sua prima tappa nella nascita del Quintette du Hot Club de France, una formazione nata quasi per caso da un gruppo di musicisti dell'orchestra di Louis Vola all'Hotel Claridge. Durante le pause Django Reinhardt e il violinista Stéphane Grappelli insieme all’altro chitarrista Roger Chaput e al contrabbasso dello stesso Louis Vola, improvvisano dei motivi jazz in un locale abituato a una musica commerciale e compassata. Le esibizioni non sfuggono a Pierre Nourry, uno dei principali animatori dell'Hot Club di France, cui viene l'idea di costituire un gruppo di strumenti a corda imperniato sul talento di Django e con l’aggiunta di un terzo chitarrista. Dal Quintette du Hot Club de France in poi la chitarra zingara di Reinhardt frantuma progressivamente ogni tipo di convenzione contribuendo a liberare il jazz europeo dalle regole antiche figlie di una evidente sudditanza nei confronti degli Stati Uniti. La sua musica è difficile da catalogare. È stata definita in vari modi: “jazz manouche”, “jazz tzigano”, “jazz gitano” e molti altri. Il critico francese Michel-Claude Jalard l’ha definita «...un universo a sé, nel quale si ritrovano tutti gli elementi propri per soddisfare gli amanti del jazz, ma anche "il grande pubblico", sensibile al carattere decorativo delle sue improvvisazioni, affascinato dalle sue lunghe note vibranti, dalla sua sensibilità, dal suo dinamismo...». All’epoca dei suo grandi successi non mancano i detrattori come il critico André Hodeir, per il quale quello di Django non è jazz, ma solo un “incidente pittoresco”. Ha torto. La rivoluzione musicale di Reinhardt cambia il destino stesso del jazz europeo. Se in America è stata strumento di riscatto dei neri privati dei diritti civili e trattati alla stregua di bestie da soma, nel vecchio continente con la chitarra e la genialità di Django diventa espressione di un altro popolo emarginato e invisibile come quello degli zingari trovando nuovi spazi, nuovi colori e soprattutto aprendosi a evoluzioni inaspettate. Il primo a capirlo è Eric Hobsbawm che nel 1959 scrive «è significativo che Reinhardt sia finora il solo europeo che abbia conquistato un posto nell’Olimpo del jazz... ed è significativo che si tratti di uno zingaro».