21 febbraio, 2024

21 febbraio 1927 - Guy Mitchell, il rock and roll che arriva dalla Croazia

Il 21 febbraio 1927 a Detroit nasce il cantante, ballerino e attore radiofonico Guy Mitchell, uno dei grandi protagonisti della scena musicale statunitense nel periodo che vede la nascita del rock and roll. Figlio di emigrati croati, il suo vero nome è Al Cernik. Inizia a cantare quando è ancora studente esibendosi nelle band scolastiche. Chiamato alle armi, ruprende l'attività al termine della Seconda Guerra Mondiale, cantando nell'orchestra di Carmen Cavallaro. Nel 1949 viene scritturato da Arthur Godfrey che lo convince a debuttare come solista con il singolo My heart cries for yoy, seguito da The roving kind, My truly, truly fair e Pittsburg (Pennsylvania), nei quali è accompagnato dall'orchestra di Mitch Miller. Nel 1956 ottiene il primo vero e grande successo con Singing the blues, accompagnato dall'orchestra di Ray Conniff, che restò per otto settimane al vertice della classifica statunitense. Tra il 1953 e il 1957 porta al vertice della classifica inglese, oltre a Singing in the blues, anche i brani Shea wears red feather, Look at that girl e Rock-a billy. Nel 1959 torna di nuovo al vertice della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti con Heartaches by the number. Negli anni Sessanta, di fronte all'irromperee di nuovi protagonisti e nuove mode la sua popolarità declina. Muore a Las Vegas, il 1º luglio 1999. Nel 2007, l'anno in cui Guy Mitchell avrebbe festeggiato il suo 80º compleanno la Sony lo ha commemorato pubblicando l'antologico The Essential Collection.

20 febbraio, 2024

20 febbraio 1937 - Nancy Wilson, la cantante antirazzista di Chillicote

Il 20 febbraio 1937 nasce a Chillicote, nell'Ohio, la cantante Nancy Wilson. Dopo essersi fatta le ossa in feste e locali della sua zona nel 1956 entra a far parte della formazione diretta da Rusty Bryant con cui resta fino al 1958. Trasferitasi a New York nel 1959 decide di tentare la carriera da solista, dividendo i suoi impegni di cantante con un impiego come segretaria che le consente di vivere. In breve tempo però le sue doti vocali attirano l'interesse prima di George Shearing, e poi di Cannonball Adderley. È proprio grazie all'interessamento di quest'ultimo che Nancy riesce a firmare un interessante contratto discografico con la Capitol. Con Shearing, e Cannonball Adderley la ragazza incide due tra i migliori album della sua carriera: The Swingin's Mutual con Shearing e Nancy Wilson/Cannonball Adderley. Nel corso degli anni Sessanta la cantante di Chillicote diventa popolarissima grazie anche al successo del brano Guess Who I Say Today, che le regala un grande successo. Molto impegnata politicamente, svolge una intensa attività propagandistica contro il razzismo e a favore dei diritti civili e delle minoranze. Nel corso degli anni si è esibita con musicisti come Milt Jackson, Ahmad Jamal e Airto. Muore il 13 dicembre 2018.


19 febbraio, 2024

19 febbraio 1957 - Falco, quello di "Der Kommissar"

Il 19 febbraio 1957, nasce a Vienna, in Austria, Falco, il primo cantante austriaco capace di ottenere uno straordinario successo di vendite in tutto il mondo. Il suo vero nome è Johann Holzel e i primi studi musicali avvengono al conservatorio di Vienna. Successivamente si trasferisce a Berlino dove forma una band di jazz-rock. Per il suo nome artistico si ispira a quello dello sciatore Falko Weisspflog, diventando prima Falco Sturmer, poi Falco Guttehrer e, infine, solo Falco. Ritornato a Vienna nel 1978 canta con gli Spinning Wheel e, nel 1980, conquista il vertice delle classifiche austriache con il singolo Ganz Wien. Tre anni più tardi, una delle sue canzoni, Der kommissar, inserita nell'album Einzelhalft diventa un successo internazionale nella versione della bend britannica degli After the Fire. Falco approfitta dell'occasione e realizza la versione inglese dei due album pubblicati fino a quel momento. Il suo stile particolare, duro ma commerciale e molto ballabile, ottiene la definitiva consacrazione con il terzo album Falco 3 del 1985 da cui viene estratta in singolo la canzone Rock me Amadeus che arriva al vertice delle classifiche dei dischi più venduti sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna. Dopo il buon successo con Vienna calling, la stella di Falco declina con la stessa velocità con la quale è arrivata alla popolarità. Il cantante muore in un incidente stradale a San Felipe di Puerto Plata, nella Repubblica Dominicana, il 6 febbraio 1998.

18 febbraio, 2024

18 febbraio 1974 - I Kiss pubblicano il loro primo album


Il 18 febbraio 1974 viene pubblicato Kiss, il primo album del gruppo omonimo. Non suscita grandi entusiasmi e in pochi scommettono sul futuro della band. Snobbati dalla critica, che li considera una scialba copia dei New York Dolls, qualche giorno prima hanno detto brutalmente a un giornalista di Rolling Stone che di quello che pensano i giornalisti al loro non importa granché. «Ci interessa il gradimento del pubblico dei ragazzi. Niente di più». In fondo hanno ragione loro. Nonostante lo scarso interesse delle prime incisioni negli anni successivi saranno protagonisti di un gigantesco successo commerciale, di un vero e proprio fenomeno di costume, con i loro travestimenti e una serie di trovate spettacolari che portano all'eccesso le invenzioni del "glam rock". Sbeffeggiati dalla critica, sostenuti da migliaia di fans organizzati in clubs della "Kiss Army", accusati per qualche tempo di nazismo per la doppia "S" del loro marchio, simile a quella delle SS hitleriane, i Kiss giocano con il mistero celando per lungo tempo la propria identità dietro alle maschere di scena: Gene The Vampire, Paul The Star, Peter The Chat e Ace The Spaceman. La loro storia inizia nel 1972, quando il bassista Gene Simmons (nome d’arte Eugene Klein) e il chitarrista Paul Stanley (vero nome Stanley Eisen) lasciano i Wicked Lester, dopo un annuncio su "Rolling Stone" incontrano il batterista Peter Criss (all’anagrafe Peter Crisscuola) e, dopo un'altra inserzione, questa volta su "Village Voice", il chitarrista Ace Frehley (vero nome Paul Daniel Frehley). All'inizio del 1973, adottando il nome proposto da Ace, nascono ufficialmente i Kiss. Il grande successo della band inizia con il terzo album Dressed to the kill del 1975, cui seguono Alive, Destroyer e un nutrito elenco di dischi vendutissimi. Se per i loro fans sono un mito per la critica il gruppo è una geniale invenzione commerciale destinata al pubblico dei giovanissimi e degli adolescenti di fine anni Settanta. Con loro l’heavy metal perde la carica diabolica e ribelle per diventare un cartone animato e una macchina da gadget.


17 febbraio, 2024

17 febbraio 2006 - Il film che racconta l’ultima generazione senza cellulare

Venerdì 17 febbraio 2006 arriva nelle sale il film “Notte prima degli esami”. Già nel primo fine settimana ottiene un successo di pubblico straordinario e anche la critica accoglie favorevolmente la pellicola. Girato nel 2005 “Notte prima degli esami” totalizza decine di premi sia in Italia che all’estero compreso il David di Donatello assegnato a regia Fausto Brizzi come miglior regista esordiente. Proprio in quell’edizione del David il film totalizza altre otto candidature ai premi per il miglior film, la miglior sceneggiatura, la miglior produzione, la migliore attrice protagonista (Cristiana Capotondi), il miglior attore non protagonista (Giorgio Faletti), la miglior fotografia, la miglior musica e il miglior montaggio. Nel 2007 viene anche candidato al Nastro d’Argento per la miglior produzione.  “Notte prima degli esami” non racconta soltanto una storia, ma il clima, l’atmosfera nella quale si affacciano alla vita adulta i giovani protagonisti. Come ammette lo stesso regista Fausto Brizzi «...volevamo raccontare i ragazzi degli anni Ottanta, l’ultima generazione che non possedeva il cellulare e che non aveva l’ansia di apparire in televisione».


16 febbraio, 2024

16 febbraio 1943 – Per Howard Riley non è né colta, né popolare, solo musica

Il 16 febbraio 1943 nasce a Huddersfield, in Gran Bretagna, il pianista e compositore Howard Riley. Quando i suoi genitori si accorgono che il ragazzo ha la "vocazione" per il pianoforte cercano di assecondarne l'indole. Infanzia e adolescenza di Howard vengono, quindi, vissute sotto il segno dello studio della "nobile" musica classica in una lunga serie di istituti musicali britannici. C'è chi dice che la sua famiglia pensasse a lui come a un futuro grande concertista classico, in grado di infiammare i petti dei nobili amanti della musica "colta". Se le aspettative erano queste, il risultato deve essere stato deludente perché il buon Riley, come moltissimi musicisti del Novecento, non riesce ad accettare i limiti angusti della rigida separazione tra i generi musicali. Scopre nel jazz la sintesi tra la musica popolare e quella colta e si butta anima e corpo. Nel 1967 va ad abitare a Londra, città nella quale costituisce il suo primo gruppo importante. È un trio di cui fanno parte, oltre a lui, il contrabbassista Barry Guy e il batterista John Hiseman, che a pochi mesi dalla costituzione registra il suo primo disco. Quell'esperienza cementa un rapporto professionale e d'amicizia molto intenso con Guy, che diviene il suo inseparabile complemento nella costituzione di altri gruppi a tre con batteristi come Alan Jackson e Tony Oxley. La sua vulcanica attività non si esaurisce qui. Considerato un vero e proprio talento nell'ambiente, viene chiamato a suonare da quasi tutti i musicisti britannici di quel periodo come Evan Parker e John McLaughlin. Lui non dice mai di no. Per questa ragione il suo nome figura in una miriade di documenti sonori importanti e molto diversi tra loro. Come se non bastasse alla fine degli anni Sessanta entra a far parte della London Jazz Composer’s Orchestra, voluta e fondata dal suo amico Guy. Le sue pubblicazioni discografiche sono innumerevoli e, a riprova del suo modo di concepire la musica, spaziano tra i generi più disparati, compresi quelli di più avanzata sperimentazione, come nell'album Endgame in cui, oltre al solito Guy ci sono anche John Stevens e Trevor Watts, vale a dire il nucleo pulsante dello Spontaneous Music Ensemble. Riley non si accontenterà di suonare, arrangiare e comporre. Farà anche una lunga battaglia perché vengano allargate a tutta la musica contemporanea le sovvenzioni pubbliche britanniche per lungo tempo destinate a sostenere soltanto la musica "colta". Alla fine la vincerà lui.



15 febbraio, 2024

15 febbraio 1969 - Pee Wee Russell se ne va

Il 15 febbraio 1969 ad Alexandria, in Virginia, muore il clarinettista e sassofonista Pee Wee Russell. Il suo vero nome è Charles Elisworth Russell ed è nato a St. Louis, in Missouri, il 27 marzo 1906. Ispirato agli inizi della sua lunga carriera da Larry Shields, Leon Roppolo, Volly De Faut e soprattutto da Frank Teschemacher, Pee Wee Russell ha elaborato un personalissimo e inconfondibile linguaggio espressivo inventando un modo nuovo di suonare il clarinetto in grado di valorizzare al meglio le possibilità espressive di uno strumento in realtà assai poco utilizzato nel jazz moderno. Il vuoto provocato dalla sua prematura morte, avvenuta proprio quando era all'apice del successo, con il passar degli anni è divenuto sempre più evidente e incolmabile. All'inizio della sua carriera non suona il clarinetto. I suoi strumenti sono il violino, il piano e la batteria. Solo più tardi scopre il clarinetto che studia sotto la guida di Charlie Merril, dopo aver ascoltato Yellow Nuñez a Muskogee. Il debutto professionale avvien nel 1920 con l'orchestra del cornettista Gene Perkins e nel 1922 viene scritturato a St. Louis dall'orchestra di Herbert Berger. Due anni dopo entra della formazione di Peck Kelley di cui fanno parte Leon Prima, Jack Teagarden e Leon Roppolo. Nel 1925 è all'Arcadia Ballroom di St. Louis a fianco di Frank Trumbauer e di Bix Beiderbecke e nell'estate del 1926, sempre con Trumbauer e Beiderbecke, si aggrega all'orchestra di Jean Goldkette. In questo periodo Pee Wee frequenta a Chicago Eddie Condon, Red McKenzie e il gruppo della Austin High School: Bud Freeman, Jimmy McPartland, Dave Tough e soprattutto Frank Teschemacher del quale diventerà un sincero ammiratore e un convinto discepolo. All'inizio del 1927 va a New York con i Five Pennies di Red Nichols. A partire dal 1929 Pee Wee entra a far parte del clan dei Chicagoans, prendendo il posto di Teschemacher morto poco tempo prima in un incidente automobilistico. A poco a poco diventa l'elemento catalizzatore del gruppo. Nel corso degli anni Quaranta suona con le orchestre di Condon, George Brunis, Wild Bill Davison, Miff Mole, oltre che con proprie formazioni. Negli anni Cinquanta suona moltissimo con George Wein, prima allo Storyville Club di Boston e quindi in seno ai Newport All-Stars. Nel 1957 si esibisce in duo con Jimmy Giuffre. Il 1958 segna il suo definitivo passaggio dal dixieland al mainstream. Non è l'ultima evoluzione. Nel 1962 Pee Wee forma, infatti, un quartetto con il trombonista Marshall Brown nel cui repertorio figurano composizioni di Coltrane, Monk, Tadd Dameron, Billy Strayhorn. L'anno dopo Thelonius Monk lo fa entrare nel suo quartetto e se lo porta al festival di Newport. Nel corso degli anni Sessanta Pee Wee affianca al jazz la passione per la pittura astratta. Alla fine del 1968 fa le sue ultime esibizioni in pubblico alla Town Hall di New York e al Blues Alley di Washington. Il 21 gennaio 1969, suona alla Casa Bianca davanti al Presidente Nixon con una All-Stars diretta da George Wein. Una settimana dopo muore.



14 febbraio, 2024

14 febbraio 1974 – Al Rainbow con Roy Harper

Il 14 febbraio 1974 al Rainbow di Londra è in programma un concerto di Roy Harper, uno dei più estrosi e singolari personaggi della musica britannica degli anni Settanta per promuovere il suo nuovo album Valentine. La formazione che dovrebbe accompagnarlo è un mistero, visto che il cantautore non ha un gruppo fisso e, in più, ha un rapporto decisamente saltuario con il pubblico, per i gravi problemi cardiocircolatori di cui soffre. Tra la sorpresa generale si presenta sul palco con una gran bella compagnia: Jimmy Page dei Led Zeppelin, Ronnie Lane dei Faces e Keith Moon, lo sciroccato batterista degli Who. La serata si trasforma in una sorta di happening di altissima qualità regalando a Roy Harper nuova voglia di continuare nonostante i problemi fisici e il difficile rapporto con il mondo dello show-business. A trent'anni passati si conferma il più longevo protagonista dell'underground britannico degli anni Sessanta, uno dei pochi poeti della generazione "post beat", apprezzato per la sua originalità più dai colleghi che dal pubblico che lo trova troppo "duro" per amarlo davvero. Non sono molti quelli che posso sopportare parole come «La storia della religione è la storia dello stato/un'incestuosa esplosione di tutto l'odio possibile». Del resto, però non è morbida neppure la sua storia. Orfano dalla nascita (la madre muore mentre lo dà alla luce) finisce nelle grinfie di una madre adottiva testimone di Geova. Per sfuggirle si arruola a quindici anni nella RAF e, quando si accorge di aver sbagliato posto, si finge pazzo. Ospedale psichiatrico e carcere militare non lo inducono all'ottimismo, soprattutto se inframmezzati da qualche elettroshock. La sua mente trova un appiglio nella musica e nella letteratura, che diventano una ragione di vita e un'ancora di salvezza. Quando arriva sul palco del Rainbow ha già alle spalle dieci anni di carriera, iniziata a Les Cousins di Soho, uno dei locali più disponibili ad accogliere nuovi talenti, e proseguita con molti momenti alti sul piano creativo e tanti bassi sul piano commerciale. L'esibizione del 14 febbraio è destinata a segnare una svolta nella sua carriera. Il successo della serata gli darà nuova energia. Di lì a poco formerà una sua band, i Trigger, con musicisti come Bill Bruford, già con gli Yes e i King Crimson e Chris Spedding. Per qualche tempo, dunque, il solitario e tormentato solista con la chitarra troverà buona compagnia nelle sue suggestive esibizioni.


13 febbraio, 2024

13 febbraio 1979 - I Police iniziano a registrare "Reggatta de blanc"

Il 13 febbraio 1979 i Police cominciano nei Surrey Studios le registrazioni del loro secondo album. Dureranno fino al 3 agosto dello stesso anno, ma il materiale verrà accantonato per qualche tempo in modo da sfruttare al massimo i precedenti successi. In agosto verrà anche presentato al pubblico il film "Quadrophenia", tratto dal concept-album degli Who, che vede Sting nella parte del capo dei mods. Sull'onda del successo di "Quadrophenia" verrà anche messa in circolazione la produzione indipendente di un regista francese intitolata "Radio on", dove Sting interpretava la parte di un meccanico follemente innamorato della musica di Eddie Cochran. In questo periodo anche Stewart Copeland si chiude in sala di registrazione per un progetto solista realizzato sotto lo pseudonimo di Klark Kent. Dapprima è solo un 45 giri ma, nel 1980, arriverà addirittura un mini album intitolato Klark Kent, che regalerà a Stewart un procedimento penale intentatogli da parte degli autori di Superman. Finalmente il 5 ottobre 1979 verrà pubblicato il secondo album dei Police, intitolato Reggatta de blanc.

12 febbraio, 2024

12 febbraio 1963 - Ci sono i Beatles in TV!

Il il 12 febbraio 1963 i Beatles appaiono per la prima volta alla TV. Il merito principale, come sempre è del solito Brian Epstein che qualche settimana prima ha concluso un contratto editoriale per le canzoni dei Beatles con Dick James, il titolare della Dick James Music. Proprio lui, ben inserito nell'ambiente radiotelevisivo britannico si adopera perché i Beatles appaiano in televisione nel programma "Thank your lucky stars". Ciò avviene il 12 febbraio 1963 in occasione della pubblicazione mondiale di Please please me. Alla televisione l'impatto del gruppo è enorme e cominciano a piovere le richieste. A febbraio i Beatles partono in tour con Helen Shapiro, in marzo con gli americani Tommy Roe e Chris Montez; in aprile, poi, tornano in sala di registrazione per completare il primo album Please please me e pubblicare il terzo singolo, From me to you, che arriva dritto in testa alle classifiche. Subito dopo, in maggio, ripartono in tour, questa volta con Roy Orbison. Twist and shout, l'apice della loro esibizione, provoca urla scatenate: i Beatles sono definitivamente diventati la cosa più eccitante accaduta nella musica da anni.



11 febbraio, 2024

11 febbraio 1966 - Hanno sabotato il beat a Sanremo...

L’11 febbraio 1966 "Big", uno dei diffusissimi giornali di culto dei ragazzi degli anni Sessanta, spara sul Festival di Sanremo. «…Tutta la verità sul sabotaggio ai nostri…» recita il titolo in copertina. All'interno con un ampio servizio fotografico viene addirittura documentato quello che la rivista considera un vero e proprio sabotaggio operato scientemente nei confronti dei “complessi”, come vengono chiamate le rockband in quel periodo. Le critiche sono fondate. I gruppi “beat” (così si chiama in quegli anni il pop rock) per la prima volta ospitati in gara sul palco di Sanremo sono stati obbligati a suonare a bassissimo volume e con le casse amplificate alle spalle. Il suono così rientra nei microfoni, si sporca e non consente ai componenti delle band di ascoltarsi. Le esibizioni dei gruppi più amati dai giovani appaiono modeste e, in qualche caso, risultano addirittura fastidiose all’ascolto per chi segue il Festival di Sanremo alla radio o alla TV. In quella che “Big” chiama “trappola” cadono, soprattutto, l'Equipe 84, gli Yardbirds e i Renegades. Più che un complotto è un pasticcio nato da una combinazione tra l’ignoranza “tecnica” sulle esigenze del rock degli addetti agli impianti del Festival e da un po’ di dabbenaggine dei gruppi stessi che non si rendono conto della precarietà degli equilibri sonori e tecnici delle riprese televisive. Non a caso un gruppo più “scafato” come i Ribelli, vista la situazione, rinuncia alla batteria in scena, oltre che al sax di Natale Massara, affida all’orchestra quelle parti, lavora sulle “voci” e arriva in finale. Sottovalutato dai mezzi di comunicazione il “sabotaggio” dei “nostri” diventa per le riviste “giovanili” il primo grande momento di contrapposizione generazionale, una sorta di anticipazione della voglia di protagonismo delle nuove generazioni del dopoguerra e dell’esplosione delle lotte per cambiare la società italiana. Sulle pagine di “Big” si leggono considerazioni che vanno al di là della musica: «…È ora di finirla di considerare i giovani come una massa di ebeti, inesperti d'ogni problema della vita, o di volerli "finti-tonti" ad ogni costo...». Non diverso è l’atteggiamento di quello che può essere considerato il suo principale concorrente, cioè il settimanale “Ciao Amici”. Sulle pagine di questa rivista un lungo editoriale del direttore Luciano Giacotto parte da una serie di considerazioni di carattere musicale («…Doveva essere un festival beat, allegro e giovane, invece è stata una rassegna di motivi vecchi, superati e fuori del nostro tempo…») per poi alzare la polemica sull’aspetto generazionale dicendo «…Però, se riflettete un attimo, vi accorgerete che i motivi e i personaggi esclusi sono tutti giovani. È un'ulteriore conferma della mancanza di rispetto per i gusti e le esigenze dei giovani in tutte le manifestazioni che abbiano un'impronta di ufficialità….». Interessante appare anche la chiosa dell’editoriale: «…È stato un festival inutile? Forse no. Se è servito ancora una volta a mettere in evidenza la scarsa considerazione in cui sono tenuti i giovani in Italia…». Sono le prime scintille di una fiammata destinata a scuotere e a cambiare l’intera società italiana. Eppure gran parte degli osservatori, all’epoca, pensa che si stia parlando solo di musica leggera o poco più…

10 febbraio, 2024

10 febbraio 1987 – Graceland, un grande sogno di uguaglianza e libertà

Il 10 febbraio 1987 Paul Simon presenta il suo nuovo album Graceland a Parigi. Il locale scelto per l’occasione è lo Zenith, sul quale convergono, oltre ai giornalisti, anche varie associazioni e movimenti antirazzisti della capitale francese. La loro presenza non è casuale, perché l’album che segna il ritorno sulle scene del cantautore statunitense è connotato da un forte impegno antirazzista. Realizzato in oltre un anno di lavoro ha visto la collaborazione di musicisti statunitensi, latini e africani come Los Lobos, Youssou N’Dour, Steve Gadd, i Ladysmith Black Mambazo e gli Everly Brothers. A vent’anni esatti di distanza dall’intensa stagione delle lotte per i diritti civili che l’aveva visto tra i protagonisti come componente del duo Simon & Garfunkel, Paul Simon ripropone al pubblico la sua immagine più impegnata. I giornalisti europei guardano con scetticismo a questa improvvisa riconversione e gli chiedono cosa sia cambiato in lui quattro anni dopo la pubblicazione di un album bello ma decisamente leggero e disimpegnato come Hearts and bones del 1983. Paul per un po’ ascolta con pazienza e in silenzio i suoi interlocutori, poi chiede la parola «Io amo sognare in grande. Il rock è, per me, un grande sogno di uguaglianza e libertà che non ritengo di avere mai tradito. Non amo, invece, questi anni di confusione, in cui i suoni coprono le parole. Vedo che nel mondo altri la pensano come me e non m’importa se sono nati in Asia, in Africa, in Europa o negli Stati Uniti. L’album vuole essere un po’ la sintesi dei miei pensieri. Può darsi che non sia riuscito compiutamente a mettere in musica ciò che penso, ma non vorrei che qualcuno pretendesse di farmi dire ciò che lui pensa. Non mi interessa venire considerato una rockstar. Che io lo sia o non lo sia è un problema vostro. Il mio problema è che tutti capiscano ciò che ho nel cuore». Più ancora del disco saranno i concerti del “Graceland tour” a chiarire il senso dell’impegno contro il razzismo di Paul Simon. Sul palco il cantautore darà un grandissimo spazio, fino a scomparire, ai componenti del gruppo Ladysmith Black Mambazo e, soprattutto, a due artisti sudafricani in esilio come Hugh Masekela e Miriam Makeba. Alla fine convincerà anche gli scettici, tanto che in Italia qualcuno scriverà di lui: «Avvicinandosi ai cinquant’anni è entrato nel gruppo dei musicisti rock maturi e coraggiosi…»

09 febbraio, 2024

9 febbraio 1913 – Per Erskine la musica conta più dei soldi

Il 9 febbraio 1913 nasce a Syracuse, nello Stato di New York, il pianista e cantante e direttore d’orchestra Erskine Butterfield. A nove anni, quando ancora frequenta la scuola a Newark, nel New Jersey, inizia studiare pianoforte e giovanissimo entra a far parte dell’orchestra di Noble Sissle. Nel 1938 entra a far parte dello staff della stazione radiofonica NBC come musicista di studio, ma l’impiego fisso non rientra tra le sue aspirazioni. Ben presto inizia a girovagare tra sale di concerto e studi di registrazione. Gli anni Quaranta lo vedono spesso nella formazione dei Blue Boys insieme al trombettista Bill Graham, il trombonista Al Philburn, al clarinettista Jimmy Lytell, ai chitarristi Frank Victor e Carmen Mastren e al batterista Sam Weis. Con questo gruppo registra un buon numero di dischi per la Decca, ma il successo non lo convince a mettere da parte la sua vocazione girovaga. A partire dal 1943 inizia a esibirsi nelle sale da ballo come pianista di boogie woogie, sfruttando il successo e la popolarità di un genere cui si era dedicato anche negli anni precedenti, sia pur in versione orchestrale. Parallelamente trova, però, modo di arrotondare le entrate suonando e cantando il blues nei locali notturni che non possono permettersi una grande orchestra. Al termine della Seconda Guerra Mondiale riforma una grande orchestra cui dà il suo nome, ma non rinuncia a esibirsi anche in locali più modesti che non hanno a disposizione risorse finanziarie sufficienti per pagare troppi strumentisti. In questo caso si propone con piccoli gruppi dall’organico limitato, gli Erskine Butterfield Combos, facendo girare a turno i musicisti. Per lui i soldi sono importanti, ma non più della voglia di suonare. La musica viene prima di tutto, sempre e in ogni situazione. C’è chi ha scritto che se avesse curato meglio la sua immagine e fosse stato più oculato nella scelta delle orchestre e del repertorio, la sua carriera sarebbe stata molto diversa. In realtà non è stato così. La voglia di suonare, ma anche il piacere di vagabondare da un genere all’altro, hanno costituito l’elemento più importante della sua grandezza e, insieme, il limite più evidente della sua esperienza musicale. In questi anni la critica, che per molto tempo l’ha sottovalutato, ha riscoperto e riconosciuto la genialità della sua ispirazione musicale. Ma a Erskine Butterfield non importa più, visto che è morto, a soli quarantasette anni, nel 1961.





08 febbraio, 2024

8 febbraio 1973 - L'uomo di Woodstock se ne va

L’8 febbraio 1973 muore a cinquantatré anni per una crisi cardiaca Max Yasgur, il proprietario della fattoria sui cui terreni nel 1969 si è svolto il Festival di Woodstock. Sono rimaste famose le sue parole, pronunciate dal palco al termine del Festival nelle quali è riassunta la filosofia hippy: «Questo è il più grande gruppo di persone che si sia mai radunato in un unico posto... Credo che tutti voi abbiate dimostrato qualcosa al mondo, e cioè che mezzo milione di giovani possano stare insieme e divertirsi ad ascoltare musica, nient’altro che divertimento e musica. Che Dio vi benedica per questo!». Da tre anni era alle prese con i guai legali derivati da quell'evento. Era stato infatti citato in tribunale dai proprietari dei terreni confinanti che chiedono trentacinquemila dollari di risarcimento per i danni provocati dal pubblico alle loro proprietà. Quando era stata notificata la citazione non aveva fatto commenti limitandosi a chiarire la sua posizione: «Non ho tutti i soldi che mi chiedono. Andrò davanti ai giudici e glielo dirò...». Pratico più che rassegnato, per lui il mondo era più semplice di come volevano farlo apparire gli altri. Nella battaglia legale non poteva contare sul sostegno di nessuno. Anche i protagonisti del Festival di Woodstock, divenuti improvvisamente delle star, erano lontani, impegnati a far fruttare l’inaspettata popolarità. La causa si trascina per molto tempo, ma non approda a niente, anche perché il buon Max con la sua semplicità troverà un modo originale per uscirne morendo d'infarto e lasciando tutti con un palmo di naso...

07 febbraio, 2024

7 febbraio 1980 - I Pink Floyd dietro al muro

Il 7 febbraio 1980 i Pink Floyd iniziano alla Sports Arena di Los Angeles un tour promozionale per l’album The wall mettendo in scena uno dei più singolari show della storia del rock. Il gruppo intende stupire tutti soprattutto dopo le perplessità avanzata da qualche critico sulla narrazione dell’album, ritenuta un po’ troppo figlia dell’esasperazione dei concept degli anni Settanta. Il personaggio principale di The wall è Pink, una rock star frustrata destinata a trasformarsi in un sinistro simbolo di oppressione sociale. I critici più scettici sostengono che la carica di simbolismi e presagi profetici che contiene finirà per soffocarne i contenuti. Nonostante scettici e detrattori l’album ha un grande successo. Convinto delle sue idee il gruppo pensa di lasciare un segno anche dal vivo. Il momento più eclatante si ha quando, nel corso dell’esibizione, i tecnici occupano a grappoli la scena e costruiscono un enorme muro che, a poco a poco sale fino a nascondere alla vista degli spettatori i musicisti. Quando il muro è completo sale sul palco un gruppo di sosia dei Pink Floyd, mentre i veri componenti della band continua a suonare nascosta dal muro. Al culmine dell’esibizione il muro crolla e il gruppo riappare suonando, però, strumenti acustici. Nel corso dello show, inoltre, il palco si popola di giganteschi personaggi gonfiabili progettati da Gerald Scarfe.


06 febbraio, 2024

6 febbraio 1945 – Benvenuto al mondo Robert Nesta Marley!


Alle due e trenta di mercoledì 6 febbraio 1945 nasce a Nine Miles in Giamaica il piccolo Robert Nesta Marley, figlio di Cedella Malcom, che non ha ancora compiuto diciotto anni e non ha paura dei giorni che passano. Figlia di Omeriah e nipote di Robert “Uncle Day” Malcom, è una discendente degli schiavi Cromanty arrivati centinaia d’anni prima dalla Costa d’Oro. Il bimbo ha anche un padre. È un capitano cinquantenne che si chiama Norval Marley e ha sposato Cedella perché così voleva Omeriah, ma non c’è. È tornato in città perché là ci sono i suoi interessi. Il piccolo si chiama Nesta perché è un nome che piace alla madre e Robert perché è quello scelto da suo padre Norval in onore di un fratello che Cedella non ha mai visto né conosciuto. Mentre il piccolo fa sentire per la prima volta la sua voce, le donne si incaricano di seppellire la placenta ai piedi di uno degli alberi di cocco di nonno Omeriah. Nato con l’aiuto di Auntie Missus, una prozia che fa la levatrice per tutta la comunità Robert Nesta Marley, detto Bob, lascerà un segno sulla storia della musica mondiale ma questo nella comunità di Nine Miles in quei primi mesi del 1945 ancora nessuno può saperlo.


05 febbraio, 2024

5 febbraio 1924 - Lil Hardin diventa Lil Armstrong

Il 5 febbraio del 1924 la pianista, cantante e compositrice Lilian Hardin sposa Louis Armstrong e cambia il suo nome d'arte da Lil Hardin a Lil Armstrong. È nata a Memphis, nel Tennessee, il 3 febbraio 1902 (o 1903 per alcune biografie). Proveniente da una famiglia della buona borghesia di Memphis, studia il piano e la musica classica. Proprio la sua cultura musicale favorirà la maturazione artistica di Louis Armstrong. La sua carriera inizia molto prima di conoscere il trombettista. Già nel 1918 si esibisce con Freddie Keppard e nel 1922 entra a far parte della Creole Jazz Band di King Oliver. Proprio qui incontra Louis Armstrong, con il quale Lil sviluppa una collaborazione importante i cui frutti sono percepibili soprattutto nelle prime sedute di incisione degli Hot Five. Nel 1925 forma un suo gruppo autonomo, i Lil's Dreamland Syncopators, nel quale suona a volte anche Armstrong. Nel 1932 il matrimonio tra Lil e Louis va in frantumi. Dopo la separazione Lil va a New York e suona in vari club sia come solista di pianoforte che con personaggi di spicco del jazz tradizionale come Henry Allen e Zutty Singleton. Accompagna anche il cantante di blues Lonnie Johnson. Nel 1952 si trasferisce a Parigi dove resta per alcuni anni. Dopo la morte di Louis, che avviene il 6 luglio del 1971 chiede e ottiene di partecipare al Tribute to Louis Armstrong" che si svolge al Civic Center Plaza. Proprio al termine dell'esibizione viene colta da un collasso e muore poco dopo. È il 27 luglio 1971 e dalla morte di Louis son passati soltanto ventun giorni.

04 febbraio, 2024

4 febbraio 1984 – Peter Garrett dei Midnight Oil candidato per il disarmo

Il 4 ottobre 1984 Peter Garrett, il cantante del gruppo australiano dei Midnight Oil, annuncia l’intenzione di candidarsi al Senato del suo paese per il neocostituito Australian Disarmement Party. La notizia fa scalpore perché la band è popolarissima in tutto il mondo dopo il successo del brano 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, ma non stupisce chi ne conosce la storia. I Midnight Oil sono, infatti, il gruppo più impegnato sul piano civile e sociale del rock australiano. Formatisi nel 1975 a Sydney, inizialmente con il nome di Farm, fin dall’inizio della loro carriera si caratterizzano per la resistenza opposta alle lusinghe e alle manipolazioni dello show-business. Decisi a rifiutare qualunque tipo di condizionamento creano una propria struttura alternativa di produzione che diventa il punto di riferimento per molte band australiane degli anni Ottanta. Nonostante varie forme di censura attuate dai mezzi di comunicazione nei loro confronti per le critiche contro l'establishment e per il sostegno dato ai movimenti antinucleari e pacifisti, i Midnight Oil riescono a conquistare un pubblico sempre più vasto nel loro paese con iniziative come il tour “Black fella white fella” in difesa degli aborigeni australiani. Nei primi anni Ottanta il loro successo diventa internazionale grazie al già citato 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1. Qualche tempo prima dell’annuncio della sua candidatura, Peter Garrett, interpellato sul legame che c’è tra il suo impegno politico e le canzoni della band così risponde: «Quel che vorrei fosse chiaro è che non abbiamo intenzione di trasformare i concerti in comizi: il nostro primo scopo è quello di far divertire i ragazzi. In Australia, però, abbiamo bisogno anche di qualcosa di diverso. Siamo una comunità relativamente piccola e isolata, ci sono poche idee che circolano e questo è un male. Ecco, noi cerchiamo di fare circolare un po’ di idee sfruttando la nostra popolarità utilizzando per comunicare il linguaggio del rock». La sua avventura elettorale si concluderà con un “bottino” di duecentomila voti di preferenza. Non verrà eletto ma non modificherà il proprio atteggiamento. Nel 1993, dopo la catastrofe ecologica provocata dalla petroliera Exxon sulle coste nordamericane i Midnight Oil terranno un concerto all'aperto nel centro di Manhattan per protestare contro i rischi connessi a uno sfruttamento non equilibrato delle risorse.


03 febbraio, 2024

3 febbraio 1920 - Chico Alfred Alvarez, la tromba del progressive di Kenton

Il 3 febbraio 1920 a Montreal, in Canada nasce il trombettista "Chico" Alfred Alvarez. Cresciuto alla scuola musicale di Los Angeles, vive il suo suo momento di gloria nel decennio dal 1941 al 1951 quando entra a far parte dell'orchestra di Stan Kenton mettendosi in evidenza come solista. La sua tromba ha un ruolo rilevante nel gruppo di Kenton che in quell'epoca vive il trapasso dallo swing al progressive jazz. La nuova esperienza consente ad Alvarez di evidenziare la propria versatilità, che bene si adatta alle esigenze della creatività kentoniana. Chiusa l'esperienza con Kenton suona in altre orchestre, in particolare con quelle di Charlie Barnet e Red Norvo e negli anni Ottanta si orienta verso la musica latino-americana. Muore il 1° agosto 1992.




02 febbraio, 2024

2 febbraio 1953 - Il primo disco di Gilbert Bécaud

Il 2 febbraio 1953 viene registrato il primo disco firmato da Gilbert Bécaud. Lo stesso giorno nasce sua figlia Gaya. Le due canzoni sono Mes mains con il testo di Delanoë e Les Croix firmato Amade.. È l'inizio di un'avventura destinata a durare a lungo. Vestito sempre di blu con la cravatta a pois, che si dice non cambi mai per scaramanzia, diventa uno dei primi idoli giovanili della storia della musica mondiale. Il 17 febbraio 1955 una sua esibizione all'Olympia verrà "festeggiata" da quattromila fans urlanti che distruggono letteralmente una parte della platea. L'episodio, più, che la notevole potenza della sua voce, gli varrà per sempre l'appellativo di "Monsieur 100.000 volts". All'inizio degli anni Sessanta arriverà anche la consacrazione internazionale con Et maintenant, il suo brano più famoso scritto su un testo di Pierre Delanoë, che conoscerà oltre centocinquanta versioni diverse in quasi tutte le lingue del mondo.