28 febbraio, 2024

28 febbraio 1949 - Case per tutti, arriva il piano Fanfani

Il 28 febbraio 1949 viene varato dal Parlamento il "Progetto di legge per incrementare l'occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori" destinato a restare nella memoria collettiva come “Piano Fanfani” dal nome del suo propositore e sostenitore, l’allora ministro del lavoro e della previdenza sociale Amintore Fanfani. Inizialmente previsto per una durata settennale, verrà poi prorogato sino al 1963. L’idea è quella di costruire case per i lavoratori prelevando una trattenuta sulle loro retribuzioni. L'intervento, oltre al rilancio dell’attività edilizia con la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito punta a diminuire la disoccupazione favorendo anche l’assorbimento di una notevole massa di disoccupati. Il primo cantiere viene aperto nell’estate del 1949, pochi mesi dopo l’approvazione della legge e nell’autunno dello stesso anno i cantieri aperti sono oltre 650. Dopo la sua entrata a regime il Piano Fanfani produce circa 2800 unità abitative a settimana con la consegna sempre settimanale di circa 550 alloggi alle famiglie assegnatarie. Nei primi sette anni di vita vengono investiti complessivamente 334 miliardi di lire per la costruzione di 735.000 vani corrispondenti a 147.000 alloggi. Alla fine dei quattordici anni di durata i vani realizzati saranno, invece, in totale circa 2.000.000, pari a 355.000 alloggi.


27 febbraio, 2024

27 febbraio 1923 - Chuck Wayne, tecnica e creatività

Il 27 febbraio 1923 nasce a New York il chitarrista Chuck Wayne. Figlio di un mobiliere cecoslovacco il suo vero nome è Charles Jagelka. Comincia a interessarsi di strumenti a corda suonando il mandolino che impara da autodidatta. La leggenda racconta che sarebbe passato alla chitarra dopo la deformazione del legno del suo mandolino finito poi bruciato in un forno. Per lungo tempo la musica resta un hobby da praticare nel tempo lasciato libero dal lavoro. Nel 1941 ottiene finalmente la prima vera scrittura professionale prima con Clarence Profit e poi con Nat Jaffe. Nel febbraio del 1942 è costretto a interrompere la carriera perchè richiamato alle armi. Due anni più tardi, congedato, entra nella formazione di Joe Marsala, con il quale si esibisce alla Hickory House fino al 1946. Nei due anni seguenti suona in avrie orchestre compresa quella di Woody Herman. Nel 1947 suona nel quartetto di Phil Moore, nel 1948 è nel trio di Barbara Carroll e nell'orchestra di Alvy West. Dal 1948 al 1952 l'ingaggio nel quintetto di George Shearing, gli dà modo di farsi conoscere in tutto il mondo jazzistico, sia dal vivo che attraverso le incisioni. Negli anni Cinquanta Wayne, oltre a dar vita a un proprio gruppo, accompagna anche il cantante Tony Bennett. 57 lavora soprattutto come accompagnatore del cantante Tony Bennett. Negli anni Sessanta entra nell'orchestra della CBS e, salvo qualche rara apparizione in trio, scompare dalla scena. Sono anni intensi di lavoro e di studio. Riappare in gran forma nel 1973 aunado dà vita a un duo chitarristico con Joe Puma. Da quel momento resta uno dei chitarristi più popolari della scena jazz per le sue qualità sia tecniche che creative. Wayne suona con grande abilità anche il banjo e riesce, ad esempio in Tapestry, a piegare lo strumento alle esigenze jazzistiche. Muore il 29 luglio 1997.

26 febbraio, 2024

26 febbraio 1947 – Charlie Parker registra "Relaxin’ at Camarillo"

Dopo sei mesi di assenza dalle scene, il 26 febbraio 1947 il leggendario sassofonista Charlie Parker registra negli studi della Dial Records il brano Relaxin’ at Camarillo. Lo accompagnano Howard McGhee, Wardell Gray, Dodo Marmarosa, Barney Kessel, Red Callender e Don Lamond. Il brano, destinato a diventare uno dei più famosi della carriera del sassofonista, è dedicato al Camarillo State Hospital di Los Angeles, la clinica che l'ha ospitato fino a pochi giorni prima. La sua storia inizia nel mese di luglio del 1946 quando Parker è impegnato al Finale Club di Los Angeles. Il sassofonista sta attraversando un periodo difficile. Da qualche tempo, perso il suo fornitore abituale cui ha dedicato anche il brano Moose the mooche, non ha più rapporti con l'eroina, ma non ha ritrovato la tranquillità. Il vuoto lasciato dalla droga è stato sostituito dal whisky che assume in quantità industriali ed è diventato praticamente il suo unico alimento. Litigioso, spesso confuso, riesce a trovare la concentrazione solo quando suona. Nella notte tra il 29 e il 30 luglio viene arrestato per aver tentato di appiccare il fuoco alla camera dell'albergo che lo ospita. Dopo un rapido processo si ritrova con la condanna al ricovero coatto presso il Camarillo State Hospital di Los Angeles per essere sottoposto a una terapia rapida di disintossicazione. Per qualche mese mette in atto una sorta di "resistenza passiva" nei confronti di quelli che considera i suoi carcerieri, ma poi si lascia andare. Progressivamente le sue condizioni migliorano e il corpo, alimentato correttamente, ritrova vigore ed energia. Le notizie rassicuranti sul suo stato di salute tranquillizzano anche i discografici e gli impresari che avevano temuto di perdere la "gallina dalle uova d'oro". Quando esce dalla clinica i dirigenti della Dial Records ritengono non sia il caso di perdere tempo. Gli affari sono affari e la sua salute può aspettare! Il piano di produzione prevede che Charlie Parker registri, in una sola seduta, ben dieci brani. I pochi amici che gli sono rimasti cercano di modificare la decisione perché ritengono che non sia possibile sottoporre il musicista, dopo sei mesi di clinica, a un impegno così stressante. Inizialmente i discografici fanno spallucce, forti anche dell'assenso di Parker, che ha bisogno di soldi. Alla fine però cedono. Le sedute saranno due. La seconda è proprio quella del 26 febbraio in cui, insieme ad altri tre brani, vede la luce per la prima volta Relaxin' at Camarillo.


25 febbraio, 2024

25 febbraio 1937 - Andrew Brown, un bluesman suburbano

Il 25 febbraio 1937 nasce a Jackson, nel Mississippi, Andrew Brown. Tipico rappresentante del blues suburbano degli anni Cinquanta e Sessanta, oltre a cantare, si destreggia con vari strumenti, dalla chitarra all'organo al sax alto. Muove giovanissimo i primi passi nel mondo della musica e a nove anni già si esibisce in feste e locali della sua zona. Verso la fine degli anni Quaranta suona nell'organico dell'orchestra di Joe Dyson. Trasferitosi nell'Illinois, si esibisce al White Rose Club di Phoenix e al De Lisa e al Grand Ballroom di Chicago. Durante gli anni Cinquanta suona nei gruppi di Little Walter, Muddy Waters, Howlin' Wolf, Jr. Wells, Magic Sam mentre come cantante fa parte degli Andrews Gospel Singers. Nei primi anni Sessanta suona sia dal vivo che in sala di registrazione con Freddy King e Shakey Jake. All'inizio degli anni Settanta si stabilisce ad Harvey nell'Illinois dove lavora con orchestre locali oltre che con un proprio gruppo. Proprio ad Harvey muore di cancro l'11 dicembre 1985.

24 febbraio, 2024

24 febbraio 1947 - Lilly Bonato, l'ultima urlatrice

Il 24 febbraio 1947, nasce Lendinara, in provincia di Rovigo la cantante Lilly Bonato. Registrata all'anagrafe con il nome di Carla Bombonato coltiva la passione per la musica ancora giovane. Considerata l'ultima delle "urlatrici" partecipa a numerosi concorsi sino a quando nel 1962 viene scoperta da Gianni Fallabrino che la scrittura per la sua casa discografica Meazzi. Nel 1963 fa il suo debutto al Burlamacco di Viareggio con il brano Luna continentale e vince la Gondola d'argento alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia con La nostra età. Nel 1964 partecipa al Festival di Sanremo in coppia con Richard Moser presentando il twist Tu piangi per niente, senza entrare in finale. Meglio le va al Disco per l'Estate dove il suo rock'n roll L'ho conosciuto al mare arriva in finale e ottiene anche un buon successo di vendite. Fino al 1968 pubblica con vario successo dischi come È la fine del mondo. Butterfly, Il mio solo amore, Il ragazzo beat, E se vincesse l'amore e Il prossimo aereo per Londra. Nel 1972 dopo vari anni di inattività discografica decide di abbandonare le scene pur continuando saltuariamente a esibirsi in qualche locale.

23 febbraio, 2024

23 febbraio 1995 – Dio, uno dei Temptations

Il 23 febbraio 1995 muore a cinquantadue anni Melvin Franklin, uno degli originali componenti del gruppo vocale dei Temptations. La sua morte arriva a meno di tre anni da quella di Eddie Kendricks, un altro dei fondatori della formazione originale del gruppo di punta del Motown Sound, ucciso dal cancro nell'ottobre del 1992. Prima di lui se n'erano andati altri due componenti: Dave Ruffin, stroncato da un'overdose il 1 giugno 1991, e Paul Williams, suicidatosi il 17 agosto 1973. La notizia della morte di Franklin suscita una forte emozione in tutto il mondo musicale statunitense che sottolinea come uno strano e sfortunato destino stia accomunando i principali esponenti di uno dei gruppi protagonisti dell'esplosione soul degli anni Sessanta. I Temptations arrivano al successo per la prima volta nel 1964 con The way you do the things you do e per almeno cinque anni dominano le classifiche di tutto il mondo con brani come My girl, (You gotta walk) Don't look back, ripresa nel 1977 da Peter Tosh e Mick Jagger, Wish it would rain e War, molti anni dopo interpretata anche da Bruce Springsteen. Nonostante i vari cambiamenti di formazione la loro popolarità regge alla conclusione della parabola espansiva del soul e si mantiene intatta fino alla metà degli anni Settanta. Anche dopo, però, i Temptations non cesseranno d'esistere, pur se più come sigla che come sostanza, con nuovi volti e periodiche riunioni dei vecchi fondatori. La scomparsa di Franklin sembra confermare l'impressione che il gruppo porti il segno di un tragico destino e in una delle cerimonie funebri organizzate dalla comunità nera di Harlem un pastore darà corpo a questa impressione in un sermone straordinario. «Dio ama il soul, ma più di tutti ama i Temptations. Li ha amati a tal punto da volerne almeno quattro intorno. Al primo che gli è arrivato tra i piedi, Paul Williams, ha detto "Hey amico, fammi sentire qualche pezzo dei Temptations". Lui ha fatto quello che poteva, ma era da solo, mancava di profondità. Dio ha cantato per un po' con lui, ma non era soddisfatto. Allora ha chiamato Dave Ruffin. Ma due erano ancora troppo pochi. È arrivato il turno di Kendricks. Quando ne ha avuti intorno tre Dio ha pensato: se ne chiamo ancora uno rimettiamo insieme il gruppo. Ecco perché ha voluto anche Melvin Franklin, per completare il gruppo. E ora i cinque Temptations cantano nella formazione più straordinaria che mai abbiano avuto: Williams, Ruffin, Kendricks, Franklin e… Dio».


22 febbraio, 2024

22 febbraio 1968 – I Genesis, cinque diciottenni di belle speranze

Sono tutti studenti diciottenni i cinque componenti dei Genesis, un gruppo sconosciuto che il 22 febbraio 1968 pubblica per la prestigiosa Decca Records il suo primo singolo: un morbido brano acustico intitolato The silent sun. Il prodotto non sembra di quelli destinati a restare nella storia del rock e negli uffici della casa discografica inglese c’è chi storce il naso: «Dilettanti senza futuro. Ma chi li ha trovati?» La scoperta del gruppo, avvenuta quasi per caso, si deve a Jonathan King, uno degli uomini del reparto artistico della Decca. La storia inizia, infatti, qualche mese prima quando King resta colpito da uno dei tanti nastri quotidianamente inviati alla casa discografica da artisti desiderosi di farsi conoscere. Rintraccia il recapito della band che ancora non ha un nome e invita i suoi componenti a farsi sentire. Scopre così che il gruppo è formato da cinque allievi della Charterhouse Public School di Godalming nel Surrey che in precedenza facevano parte di due diverse band scolastiche: i Garden Wall e gli Anon. Il cantante si chiama Peter Gabriel, il tastierista Tony Banks, il batterista Chris Stewart e i chitarristi Anthony Phillips e Mike Rutherford. Jonathan King ha l’impressione che dietro alla timidezza e all’aria un po’ dimessa dei ragazzi ci siano idee e preparazione. Li invita quindi a continuare e li scrittura per un paio di dischi, incurante dello scetticismo di altri responsabili della produzione della Decca. Il singolo pubblicato il 22 febbraio 1968 passa inosservato, quasi a dar ragione agli scettici e non avrà miglior fortuna neppure il successivo The silent sun. Deciso a non ammettere lo sbaglio King convince Peter Gabriel e compagni a lavorare a un album, From Genesis to Revelation, che viene rapidamente stroncato dalla critica nonostante brani decisamente originali come Am I very wrong?. Stanco e demoralizzato King getta la spugna mentre i ragazzi, ormai senza più contratto discografico, tornano agli studi. Tony Banks e Mike Rutherford sembrano i più decisi a chiudere definitivamente con la musica, ma Gabriel non demorde. Un po’ per divertimento, un po’ perché nessuno ha di meglio da fare il gruppo, con qualche cambiamento, non si scioglie e continua a suonare. Due anni dopo sotto la guida carismatica di Peter Gabriel saranno proprio Banks e Rutherford, insieme al chitarrista Steve Hackett e al batterista Phil Collins a fare dei Genesis uno dei gruppi più originali tra i protagonisti del rock progressivo dei primi anni Settanta.

21 febbraio, 2024

21 febbraio 1927 - Guy Mitchell, il rock and roll che arriva dalla Croazia

Il 21 febbraio 1927 a Detroit nasce il cantante, ballerino e attore radiofonico Guy Mitchell, uno dei grandi protagonisti della scena musicale statunitense nel periodo che vede la nascita del rock and roll. Figlio di emigrati croati, il suo vero nome è Al Cernik. Inizia a cantare quando è ancora studente esibendosi nelle band scolastiche. Chiamato alle armi, ruprende l'attività al termine della Seconda Guerra Mondiale, cantando nell'orchestra di Carmen Cavallaro. Nel 1949 viene scritturato da Arthur Godfrey che lo convince a debuttare come solista con il singolo My heart cries for yoy, seguito da The roving kind, My truly, truly fair e Pittsburg (Pennsylvania), nei quali è accompagnato dall'orchestra di Mitch Miller. Nel 1956 ottiene il primo vero e grande successo con Singing the blues, accompagnato dall'orchestra di Ray Conniff, che restò per otto settimane al vertice della classifica statunitense. Tra il 1953 e il 1957 porta al vertice della classifica inglese, oltre a Singing in the blues, anche i brani Shea wears red feather, Look at that girl e Rock-a billy. Nel 1959 torna di nuovo al vertice della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti con Heartaches by the number. Negli anni Sessanta, di fronte all'irromperee di nuovi protagonisti e nuove mode la sua popolarità declina. Muore a Las Vegas, il 1º luglio 1999. Nel 2007, l'anno in cui Guy Mitchell avrebbe festeggiato il suo 80º compleanno la Sony lo ha commemorato pubblicando l'antologico The Essential Collection.

20 febbraio, 2024

20 febbraio 1937 - Nancy Wilson, la cantante antirazzista di Chillicote

Il 20 febbraio 1937 nasce a Chillicote, nell'Ohio, la cantante Nancy Wilson. Dopo essersi fatta le ossa in feste e locali della sua zona nel 1956 entra a far parte della formazione diretta da Rusty Bryant con cui resta fino al 1958. Trasferitasi a New York nel 1959 decide di tentare la carriera da solista, dividendo i suoi impegni di cantante con un impiego come segretaria che le consente di vivere. In breve tempo però le sue doti vocali attirano l'interesse prima di George Shearing, e poi di Cannonball Adderley. È proprio grazie all'interessamento di quest'ultimo che Nancy riesce a firmare un interessante contratto discografico con la Capitol. Con Shearing, e Cannonball Adderley la ragazza incide due tra i migliori album della sua carriera: The Swingin's Mutual con Shearing e Nancy Wilson/Cannonball Adderley. Nel corso degli anni Sessanta la cantante di Chillicote diventa popolarissima grazie anche al successo del brano Guess Who I Say Today, che le regala un grande successo. Molto impegnata politicamente, svolge una intensa attività propagandistica contro il razzismo e a favore dei diritti civili e delle minoranze. Nel corso degli anni si è esibita con musicisti come Milt Jackson, Ahmad Jamal e Airto. Muore il 13 dicembre 2018.


19 febbraio, 2024

19 febbraio 1957 - Falco, quello di "Der Kommissar"

Il 19 febbraio 1957, nasce a Vienna, in Austria, Falco, il primo cantante austriaco capace di ottenere uno straordinario successo di vendite in tutto il mondo. Il suo vero nome è Johann Holzel e i primi studi musicali avvengono al conservatorio di Vienna. Successivamente si trasferisce a Berlino dove forma una band di jazz-rock. Per il suo nome artistico si ispira a quello dello sciatore Falko Weisspflog, diventando prima Falco Sturmer, poi Falco Guttehrer e, infine, solo Falco. Ritornato a Vienna nel 1978 canta con gli Spinning Wheel e, nel 1980, conquista il vertice delle classifiche austriache con il singolo Ganz Wien. Tre anni più tardi, una delle sue canzoni, Der kommissar, inserita nell'album Einzelhalft diventa un successo internazionale nella versione della bend britannica degli After the Fire. Falco approfitta dell'occasione e realizza la versione inglese dei due album pubblicati fino a quel momento. Il suo stile particolare, duro ma commerciale e molto ballabile, ottiene la definitiva consacrazione con il terzo album Falco 3 del 1985 da cui viene estratta in singolo la canzone Rock me Amadeus che arriva al vertice delle classifiche dei dischi più venduti sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna. Dopo il buon successo con Vienna calling, la stella di Falco declina con la stessa velocità con la quale è arrivata alla popolarità. Il cantante muore in un incidente stradale a San Felipe di Puerto Plata, nella Repubblica Dominicana, il 6 febbraio 1998.

18 febbraio, 2024

18 febbraio 1974 - I Kiss pubblicano il loro primo album


Il 18 febbraio 1974 viene pubblicato Kiss, il primo album del gruppo omonimo. Non suscita grandi entusiasmi e in pochi scommettono sul futuro della band. Snobbati dalla critica, che li considera una scialba copia dei New York Dolls, qualche giorno prima hanno detto brutalmente a un giornalista di Rolling Stone che di quello che pensano i giornalisti al loro non importa granché. «Ci interessa il gradimento del pubblico dei ragazzi. Niente di più». In fondo hanno ragione loro. Nonostante lo scarso interesse delle prime incisioni negli anni successivi saranno protagonisti di un gigantesco successo commerciale, di un vero e proprio fenomeno di costume, con i loro travestimenti e una serie di trovate spettacolari che portano all'eccesso le invenzioni del "glam rock". Sbeffeggiati dalla critica, sostenuti da migliaia di fans organizzati in clubs della "Kiss Army", accusati per qualche tempo di nazismo per la doppia "S" del loro marchio, simile a quella delle SS hitleriane, i Kiss giocano con il mistero celando per lungo tempo la propria identità dietro alle maschere di scena: Gene The Vampire, Paul The Star, Peter The Chat e Ace The Spaceman. La loro storia inizia nel 1972, quando il bassista Gene Simmons (nome d’arte Eugene Klein) e il chitarrista Paul Stanley (vero nome Stanley Eisen) lasciano i Wicked Lester, dopo un annuncio su "Rolling Stone" incontrano il batterista Peter Criss (all’anagrafe Peter Crisscuola) e, dopo un'altra inserzione, questa volta su "Village Voice", il chitarrista Ace Frehley (vero nome Paul Daniel Frehley). All'inizio del 1973, adottando il nome proposto da Ace, nascono ufficialmente i Kiss. Il grande successo della band inizia con il terzo album Dressed to the kill del 1975, cui seguono Alive, Destroyer e un nutrito elenco di dischi vendutissimi. Se per i loro fans sono un mito per la critica il gruppo è una geniale invenzione commerciale destinata al pubblico dei giovanissimi e degli adolescenti di fine anni Settanta. Con loro l’heavy metal perde la carica diabolica e ribelle per diventare un cartone animato e una macchina da gadget.


17 febbraio, 2024

17 febbraio 2006 - Il film che racconta l’ultima generazione senza cellulare

Venerdì 17 febbraio 2006 arriva nelle sale il film “Notte prima degli esami”. Già nel primo fine settimana ottiene un successo di pubblico straordinario e anche la critica accoglie favorevolmente la pellicola. Girato nel 2005 “Notte prima degli esami” totalizza decine di premi sia in Italia che all’estero compreso il David di Donatello assegnato a regia Fausto Brizzi come miglior regista esordiente. Proprio in quell’edizione del David il film totalizza altre otto candidature ai premi per il miglior film, la miglior sceneggiatura, la miglior produzione, la migliore attrice protagonista (Cristiana Capotondi), il miglior attore non protagonista (Giorgio Faletti), la miglior fotografia, la miglior musica e il miglior montaggio. Nel 2007 viene anche candidato al Nastro d’Argento per la miglior produzione.  “Notte prima degli esami” non racconta soltanto una storia, ma il clima, l’atmosfera nella quale si affacciano alla vita adulta i giovani protagonisti. Come ammette lo stesso regista Fausto Brizzi «...volevamo raccontare i ragazzi degli anni Ottanta, l’ultima generazione che non possedeva il cellulare e che non aveva l’ansia di apparire in televisione».


16 febbraio, 2024

16 febbraio 1943 – Per Howard Riley non è né colta, né popolare, solo musica

Il 16 febbraio 1943 nasce a Huddersfield, in Gran Bretagna, il pianista e compositore Howard Riley. Quando i suoi genitori si accorgono che il ragazzo ha la "vocazione" per il pianoforte cercano di assecondarne l'indole. Infanzia e adolescenza di Howard vengono, quindi, vissute sotto il segno dello studio della "nobile" musica classica in una lunga serie di istituti musicali britannici. C'è chi dice che la sua famiglia pensasse a lui come a un futuro grande concertista classico, in grado di infiammare i petti dei nobili amanti della musica "colta". Se le aspettative erano queste, il risultato deve essere stato deludente perché il buon Riley, come moltissimi musicisti del Novecento, non riesce ad accettare i limiti angusti della rigida separazione tra i generi musicali. Scopre nel jazz la sintesi tra la musica popolare e quella colta e si butta anima e corpo. Nel 1967 va ad abitare a Londra, città nella quale costituisce il suo primo gruppo importante. È un trio di cui fanno parte, oltre a lui, il contrabbassista Barry Guy e il batterista John Hiseman, che a pochi mesi dalla costituzione registra il suo primo disco. Quell'esperienza cementa un rapporto professionale e d'amicizia molto intenso con Guy, che diviene il suo inseparabile complemento nella costituzione di altri gruppi a tre con batteristi come Alan Jackson e Tony Oxley. La sua vulcanica attività non si esaurisce qui. Considerato un vero e proprio talento nell'ambiente, viene chiamato a suonare da quasi tutti i musicisti britannici di quel periodo come Evan Parker e John McLaughlin. Lui non dice mai di no. Per questa ragione il suo nome figura in una miriade di documenti sonori importanti e molto diversi tra loro. Come se non bastasse alla fine degli anni Sessanta entra a far parte della London Jazz Composer’s Orchestra, voluta e fondata dal suo amico Guy. Le sue pubblicazioni discografiche sono innumerevoli e, a riprova del suo modo di concepire la musica, spaziano tra i generi più disparati, compresi quelli di più avanzata sperimentazione, come nell'album Endgame in cui, oltre al solito Guy ci sono anche John Stevens e Trevor Watts, vale a dire il nucleo pulsante dello Spontaneous Music Ensemble. Riley non si accontenterà di suonare, arrangiare e comporre. Farà anche una lunga battaglia perché vengano allargate a tutta la musica contemporanea le sovvenzioni pubbliche britanniche per lungo tempo destinate a sostenere soltanto la musica "colta". Alla fine la vincerà lui.



15 febbraio, 2024

15 febbraio 1969 - Pee Wee Russell se ne va

Il 15 febbraio 1969 ad Alexandria, in Virginia, muore il clarinettista e sassofonista Pee Wee Russell. Il suo vero nome è Charles Elisworth Russell ed è nato a St. Louis, in Missouri, il 27 marzo 1906. Ispirato agli inizi della sua lunga carriera da Larry Shields, Leon Roppolo, Volly De Faut e soprattutto da Frank Teschemacher, Pee Wee Russell ha elaborato un personalissimo e inconfondibile linguaggio espressivo inventando un modo nuovo di suonare il clarinetto in grado di valorizzare al meglio le possibilità espressive di uno strumento in realtà assai poco utilizzato nel jazz moderno. Il vuoto provocato dalla sua prematura morte, avvenuta proprio quando era all'apice del successo, con il passar degli anni è divenuto sempre più evidente e incolmabile. All'inizio della sua carriera non suona il clarinetto. I suoi strumenti sono il violino, il piano e la batteria. Solo più tardi scopre il clarinetto che studia sotto la guida di Charlie Merril, dopo aver ascoltato Yellow Nuñez a Muskogee. Il debutto professionale avvien nel 1920 con l'orchestra del cornettista Gene Perkins e nel 1922 viene scritturato a St. Louis dall'orchestra di Herbert Berger. Due anni dopo entra della formazione di Peck Kelley di cui fanno parte Leon Prima, Jack Teagarden e Leon Roppolo. Nel 1925 è all'Arcadia Ballroom di St. Louis a fianco di Frank Trumbauer e di Bix Beiderbecke e nell'estate del 1926, sempre con Trumbauer e Beiderbecke, si aggrega all'orchestra di Jean Goldkette. In questo periodo Pee Wee frequenta a Chicago Eddie Condon, Red McKenzie e il gruppo della Austin High School: Bud Freeman, Jimmy McPartland, Dave Tough e soprattutto Frank Teschemacher del quale diventerà un sincero ammiratore e un convinto discepolo. All'inizio del 1927 va a New York con i Five Pennies di Red Nichols. A partire dal 1929 Pee Wee entra a far parte del clan dei Chicagoans, prendendo il posto di Teschemacher morto poco tempo prima in un incidente automobilistico. A poco a poco diventa l'elemento catalizzatore del gruppo. Nel corso degli anni Quaranta suona con le orchestre di Condon, George Brunis, Wild Bill Davison, Miff Mole, oltre che con proprie formazioni. Negli anni Cinquanta suona moltissimo con George Wein, prima allo Storyville Club di Boston e quindi in seno ai Newport All-Stars. Nel 1957 si esibisce in duo con Jimmy Giuffre. Il 1958 segna il suo definitivo passaggio dal dixieland al mainstream. Non è l'ultima evoluzione. Nel 1962 Pee Wee forma, infatti, un quartetto con il trombonista Marshall Brown nel cui repertorio figurano composizioni di Coltrane, Monk, Tadd Dameron, Billy Strayhorn. L'anno dopo Thelonius Monk lo fa entrare nel suo quartetto e se lo porta al festival di Newport. Nel corso degli anni Sessanta Pee Wee affianca al jazz la passione per la pittura astratta. Alla fine del 1968 fa le sue ultime esibizioni in pubblico alla Town Hall di New York e al Blues Alley di Washington. Il 21 gennaio 1969, suona alla Casa Bianca davanti al Presidente Nixon con una All-Stars diretta da George Wein. Una settimana dopo muore.



14 febbraio, 2024

14 febbraio 1974 – Al Rainbow con Roy Harper

Il 14 febbraio 1974 al Rainbow di Londra è in programma un concerto di Roy Harper, uno dei più estrosi e singolari personaggi della musica britannica degli anni Settanta per promuovere il suo nuovo album Valentine. La formazione che dovrebbe accompagnarlo è un mistero, visto che il cantautore non ha un gruppo fisso e, in più, ha un rapporto decisamente saltuario con il pubblico, per i gravi problemi cardiocircolatori di cui soffre. Tra la sorpresa generale si presenta sul palco con una gran bella compagnia: Jimmy Page dei Led Zeppelin, Ronnie Lane dei Faces e Keith Moon, lo sciroccato batterista degli Who. La serata si trasforma in una sorta di happening di altissima qualità regalando a Roy Harper nuova voglia di continuare nonostante i problemi fisici e il difficile rapporto con il mondo dello show-business. A trent'anni passati si conferma il più longevo protagonista dell'underground britannico degli anni Sessanta, uno dei pochi poeti della generazione "post beat", apprezzato per la sua originalità più dai colleghi che dal pubblico che lo trova troppo "duro" per amarlo davvero. Non sono molti quelli che posso sopportare parole come «La storia della religione è la storia dello stato/un'incestuosa esplosione di tutto l'odio possibile». Del resto, però non è morbida neppure la sua storia. Orfano dalla nascita (la madre muore mentre lo dà alla luce) finisce nelle grinfie di una madre adottiva testimone di Geova. Per sfuggirle si arruola a quindici anni nella RAF e, quando si accorge di aver sbagliato posto, si finge pazzo. Ospedale psichiatrico e carcere militare non lo inducono all'ottimismo, soprattutto se inframmezzati da qualche elettroshock. La sua mente trova un appiglio nella musica e nella letteratura, che diventano una ragione di vita e un'ancora di salvezza. Quando arriva sul palco del Rainbow ha già alle spalle dieci anni di carriera, iniziata a Les Cousins di Soho, uno dei locali più disponibili ad accogliere nuovi talenti, e proseguita con molti momenti alti sul piano creativo e tanti bassi sul piano commerciale. L'esibizione del 14 febbraio è destinata a segnare una svolta nella sua carriera. Il successo della serata gli darà nuova energia. Di lì a poco formerà una sua band, i Trigger, con musicisti come Bill Bruford, già con gli Yes e i King Crimson e Chris Spedding. Per qualche tempo, dunque, il solitario e tormentato solista con la chitarra troverà buona compagnia nelle sue suggestive esibizioni.


13 febbraio, 2024

13 febbraio 1979 - I Police iniziano a registrare "Reggatta de blanc"

Il 13 febbraio 1979 i Police cominciano nei Surrey Studios le registrazioni del loro secondo album. Dureranno fino al 3 agosto dello stesso anno, ma il materiale verrà accantonato per qualche tempo in modo da sfruttare al massimo i precedenti successi. In agosto verrà anche presentato al pubblico il film "Quadrophenia", tratto dal concept-album degli Who, che vede Sting nella parte del capo dei mods. Sull'onda del successo di "Quadrophenia" verrà anche messa in circolazione la produzione indipendente di un regista francese intitolata "Radio on", dove Sting interpretava la parte di un meccanico follemente innamorato della musica di Eddie Cochran. In questo periodo anche Stewart Copeland si chiude in sala di registrazione per un progetto solista realizzato sotto lo pseudonimo di Klark Kent. Dapprima è solo un 45 giri ma, nel 1980, arriverà addirittura un mini album intitolato Klark Kent, che regalerà a Stewart un procedimento penale intentatogli da parte degli autori di Superman. Finalmente il 5 ottobre 1979 verrà pubblicato il secondo album dei Police, intitolato Reggatta de blanc.

12 febbraio, 2024

12 febbraio 1963 - Ci sono i Beatles in TV!

Il il 12 febbraio 1963 i Beatles appaiono per la prima volta alla TV. Il merito principale, come sempre è del solito Brian Epstein che qualche settimana prima ha concluso un contratto editoriale per le canzoni dei Beatles con Dick James, il titolare della Dick James Music. Proprio lui, ben inserito nell'ambiente radiotelevisivo britannico si adopera perché i Beatles appaiano in televisione nel programma "Thank your lucky stars". Ciò avviene il 12 febbraio 1963 in occasione della pubblicazione mondiale di Please please me. Alla televisione l'impatto del gruppo è enorme e cominciano a piovere le richieste. A febbraio i Beatles partono in tour con Helen Shapiro, in marzo con gli americani Tommy Roe e Chris Montez; in aprile, poi, tornano in sala di registrazione per completare il primo album Please please me e pubblicare il terzo singolo, From me to you, che arriva dritto in testa alle classifiche. Subito dopo, in maggio, ripartono in tour, questa volta con Roy Orbison. Twist and shout, l'apice della loro esibizione, provoca urla scatenate: i Beatles sono definitivamente diventati la cosa più eccitante accaduta nella musica da anni.



11 febbraio, 2024

11 febbraio 1966 - Hanno sabotato il beat a Sanremo...

L’11 febbraio 1966 "Big", uno dei diffusissimi giornali di culto dei ragazzi degli anni Sessanta, spara sul Festival di Sanremo. «…Tutta la verità sul sabotaggio ai nostri…» recita il titolo in copertina. All'interno con un ampio servizio fotografico viene addirittura documentato quello che la rivista considera un vero e proprio sabotaggio operato scientemente nei confronti dei “complessi”, come vengono chiamate le rockband in quel periodo. Le critiche sono fondate. I gruppi “beat” (così si chiama in quegli anni il pop rock) per la prima volta ospitati in gara sul palco di Sanremo sono stati obbligati a suonare a bassissimo volume e con le casse amplificate alle spalle. Il suono così rientra nei microfoni, si sporca e non consente ai componenti delle band di ascoltarsi. Le esibizioni dei gruppi più amati dai giovani appaiono modeste e, in qualche caso, risultano addirittura fastidiose all’ascolto per chi segue il Festival di Sanremo alla radio o alla TV. In quella che “Big” chiama “trappola” cadono, soprattutto, l'Equipe 84, gli Yardbirds e i Renegades. Più che un complotto è un pasticcio nato da una combinazione tra l’ignoranza “tecnica” sulle esigenze del rock degli addetti agli impianti del Festival e da un po’ di dabbenaggine dei gruppi stessi che non si rendono conto della precarietà degli equilibri sonori e tecnici delle riprese televisive. Non a caso un gruppo più “scafato” come i Ribelli, vista la situazione, rinuncia alla batteria in scena, oltre che al sax di Natale Massara, affida all’orchestra quelle parti, lavora sulle “voci” e arriva in finale. Sottovalutato dai mezzi di comunicazione il “sabotaggio” dei “nostri” diventa per le riviste “giovanili” il primo grande momento di contrapposizione generazionale, una sorta di anticipazione della voglia di protagonismo delle nuove generazioni del dopoguerra e dell’esplosione delle lotte per cambiare la società italiana. Sulle pagine di “Big” si leggono considerazioni che vanno al di là della musica: «…È ora di finirla di considerare i giovani come una massa di ebeti, inesperti d'ogni problema della vita, o di volerli "finti-tonti" ad ogni costo...». Non diverso è l’atteggiamento di quello che può essere considerato il suo principale concorrente, cioè il settimanale “Ciao Amici”. Sulle pagine di questa rivista un lungo editoriale del direttore Luciano Giacotto parte da una serie di considerazioni di carattere musicale («…Doveva essere un festival beat, allegro e giovane, invece è stata una rassegna di motivi vecchi, superati e fuori del nostro tempo…») per poi alzare la polemica sull’aspetto generazionale dicendo «…Però, se riflettete un attimo, vi accorgerete che i motivi e i personaggi esclusi sono tutti giovani. È un'ulteriore conferma della mancanza di rispetto per i gusti e le esigenze dei giovani in tutte le manifestazioni che abbiano un'impronta di ufficialità….». Interessante appare anche la chiosa dell’editoriale: «…È stato un festival inutile? Forse no. Se è servito ancora una volta a mettere in evidenza la scarsa considerazione in cui sono tenuti i giovani in Italia…». Sono le prime scintille di una fiammata destinata a scuotere e a cambiare l’intera società italiana. Eppure gran parte degli osservatori, all’epoca, pensa che si stia parlando solo di musica leggera o poco più…

10 febbraio, 2024

10 febbraio 1987 – Graceland, un grande sogno di uguaglianza e libertà

Il 10 febbraio 1987 Paul Simon presenta il suo nuovo album Graceland a Parigi. Il locale scelto per l’occasione è lo Zenith, sul quale convergono, oltre ai giornalisti, anche varie associazioni e movimenti antirazzisti della capitale francese. La loro presenza non è casuale, perché l’album che segna il ritorno sulle scene del cantautore statunitense è connotato da un forte impegno antirazzista. Realizzato in oltre un anno di lavoro ha visto la collaborazione di musicisti statunitensi, latini e africani come Los Lobos, Youssou N’Dour, Steve Gadd, i Ladysmith Black Mambazo e gli Everly Brothers. A vent’anni esatti di distanza dall’intensa stagione delle lotte per i diritti civili che l’aveva visto tra i protagonisti come componente del duo Simon & Garfunkel, Paul Simon ripropone al pubblico la sua immagine più impegnata. I giornalisti europei guardano con scetticismo a questa improvvisa riconversione e gli chiedono cosa sia cambiato in lui quattro anni dopo la pubblicazione di un album bello ma decisamente leggero e disimpegnato come Hearts and bones del 1983. Paul per un po’ ascolta con pazienza e in silenzio i suoi interlocutori, poi chiede la parola «Io amo sognare in grande. Il rock è, per me, un grande sogno di uguaglianza e libertà che non ritengo di avere mai tradito. Non amo, invece, questi anni di confusione, in cui i suoni coprono le parole. Vedo che nel mondo altri la pensano come me e non m’importa se sono nati in Asia, in Africa, in Europa o negli Stati Uniti. L’album vuole essere un po’ la sintesi dei miei pensieri. Può darsi che non sia riuscito compiutamente a mettere in musica ciò che penso, ma non vorrei che qualcuno pretendesse di farmi dire ciò che lui pensa. Non mi interessa venire considerato una rockstar. Che io lo sia o non lo sia è un problema vostro. Il mio problema è che tutti capiscano ciò che ho nel cuore». Più ancora del disco saranno i concerti del “Graceland tour” a chiarire il senso dell’impegno contro il razzismo di Paul Simon. Sul palco il cantautore darà un grandissimo spazio, fino a scomparire, ai componenti del gruppo Ladysmith Black Mambazo e, soprattutto, a due artisti sudafricani in esilio come Hugh Masekela e Miriam Makeba. Alla fine convincerà anche gli scettici, tanto che in Italia qualcuno scriverà di lui: «Avvicinandosi ai cinquant’anni è entrato nel gruppo dei musicisti rock maturi e coraggiosi…»

09 febbraio, 2024

9 febbraio 1913 – Per Erskine la musica conta più dei soldi

Il 9 febbraio 1913 nasce a Syracuse, nello Stato di New York, il pianista e cantante e direttore d’orchestra Erskine Butterfield. A nove anni, quando ancora frequenta la scuola a Newark, nel New Jersey, inizia studiare pianoforte e giovanissimo entra a far parte dell’orchestra di Noble Sissle. Nel 1938 entra a far parte dello staff della stazione radiofonica NBC come musicista di studio, ma l’impiego fisso non rientra tra le sue aspirazioni. Ben presto inizia a girovagare tra sale di concerto e studi di registrazione. Gli anni Quaranta lo vedono spesso nella formazione dei Blue Boys insieme al trombettista Bill Graham, il trombonista Al Philburn, al clarinettista Jimmy Lytell, ai chitarristi Frank Victor e Carmen Mastren e al batterista Sam Weis. Con questo gruppo registra un buon numero di dischi per la Decca, ma il successo non lo convince a mettere da parte la sua vocazione girovaga. A partire dal 1943 inizia a esibirsi nelle sale da ballo come pianista di boogie woogie, sfruttando il successo e la popolarità di un genere cui si era dedicato anche negli anni precedenti, sia pur in versione orchestrale. Parallelamente trova, però, modo di arrotondare le entrate suonando e cantando il blues nei locali notturni che non possono permettersi una grande orchestra. Al termine della Seconda Guerra Mondiale riforma una grande orchestra cui dà il suo nome, ma non rinuncia a esibirsi anche in locali più modesti che non hanno a disposizione risorse finanziarie sufficienti per pagare troppi strumentisti. In questo caso si propone con piccoli gruppi dall’organico limitato, gli Erskine Butterfield Combos, facendo girare a turno i musicisti. Per lui i soldi sono importanti, ma non più della voglia di suonare. La musica viene prima di tutto, sempre e in ogni situazione. C’è chi ha scritto che se avesse curato meglio la sua immagine e fosse stato più oculato nella scelta delle orchestre e del repertorio, la sua carriera sarebbe stata molto diversa. In realtà non è stato così. La voglia di suonare, ma anche il piacere di vagabondare da un genere all’altro, hanno costituito l’elemento più importante della sua grandezza e, insieme, il limite più evidente della sua esperienza musicale. In questi anni la critica, che per molto tempo l’ha sottovalutato, ha riscoperto e riconosciuto la genialità della sua ispirazione musicale. Ma a Erskine Butterfield non importa più, visto che è morto, a soli quarantasette anni, nel 1961.