19 aprile, 2024

19 aprile 1969 – Con Desmond Dekker il mondo scopre il reggae

Il 19 aprile 1969 arriva al vertice della classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna il brano Israelites interpretato da Desmond Dekker & The Aces. L'improvviso successo di questo strano disco che si muove su ritmi e sonorità inusuali per quel periodo sorprende un po' tutti. Nessuno, nemmeno il produttore Leslie Kong, pensava a un exploit commerciale di queste proporzioni per un prodotto destinato prevalentemente al mercato degli immigrati giamaicani. Le atmosfere musicali, la ritmica e la struttura armonica del brano, infatti, affondano le loro radici nella lontana Giamaica, isola da cui provengono l'interprete e la sua band. Gli immigrati lo chiamano "reggae" e fino a quel momento non ha avuto spazio in un panorama musicale caratterizzato dalle varie evoluzioni del rock. Israelites è, invece, destinato a restare nella storia della discografia per aver proposto per la prima volta al mondo il reggae, un genere che raggiungerà la massima diffusione qualche anno dopo con l'avvento del "profeta" Bob Marley. Dekker, che si chiama in realtà Desmond Dacres è nato a Kingston, in Giamaica, dove è popolarissimo più per essere stato tra i protagonisti della serie televisiva "Action" che per le sue qualità canore. I suoi primi passi come cantante risalgono ai primi anni di vita quando canta nel coro della chiesa del suo quartiere. Emigrato in Gran Bretagna per cercare fortuna sbarca il lunario con gli Aces, il suo gruppo, suonando alle feste degli immigrati giamaicani e pubblicando qualche disco destinato ai suoi conterranei. Il successo di Israelites gli cambierà la vita. Poco tempo dopo il singolo entrerà anche nella classifica statunitense allargando la sua popolarità. La carriera di Desmond Dekker continuerà tra pochi alti e molti bassi. Pubblicherà vari brani, tra i quali lo splendido You can get it if you really want it, ma il suo nome resterà per sempre legato a Israelites che tornerà ancora in classifica nel 1975 e nel 1980, quando il cantante ne realizzerà una nuova versione per l’album Black and Dekker. L'etichetta di "inventore del reggae" lo perseguiterà finendo per trasformarsi più in un peso che in un valore aggiunto e, dopo l'esplosione del fenomeno Bob Marley, cercherà di approfittare proprio del boom del reggae per galleggiare nella musica pop internazionale, fino a diventare una sorta di caratterista musicale condannato a ripetere all'infinito il suo vecchio brano.



18 aprile, 2024

18 aprile 1980 - Il ritorno in Africa di Bob Marley

Nei primi giorni del 1980 Bob Marley realizza il sogno di potersi esibire in Africa. L’occasione non è un granché, ma segna l’inizio di un rapporto. Viene, infatti, invitato a esibirsi per un ristretto pubblico di invitati in occasione della festa di compleanno del Presidente del Gabon, Omar Bongo. Nonostante l’evidente bizzarria dell’evento e dell’ambiente in cui si trovano a suonare, Bob e la sua band danno un grande significato al fatto di essere tornati, sia pur per una settimana, nel continente d’origine dei loro avi. Ben diversa, come spessore culturale e come contenuti, è invece l’occasione successiva. Il 18 aprile 1980, in occasione della festa per la definitiva indipendenza della Rhodesia, Marley & gli Wailers si esibiscono nella capitale Salisbury. In quel giorno la Rhodesia marca la rottura con il passato coloniale recuperando l’antico nome di Zimbabwe e Salisbury diventa Harare. L’accesso all’area che ospita il concerto è riservato solo a una ristretta e selezionata cerchia d’invitati. Recinzioni e barriere, però, possono trattenere le persone, non la musica. Quando Bob inizia a cantare migliaia di cittadini iniziano ad accalcarsi sulle transenne che ne limitano l’accesso all’area dove si sta svolgendo il concerto. L’intervento della polizia non fa che peggiorare la situazione e ben presto l’area è invasa dal suono delle sirene e dal fumo acre dei lacrimogeni. In quelle condizioni è impossibile suonare e il gruppo è costretto a interrompere la sua esibizione. Bob non s’arrende. Convince le autorità locali a ripetere il concerto il giorno dopo lasciando libero l’accesso al pubblico. Il risultato sono due ore ininterrotte di musica davanti a oltre centomila spettatori entusiasti.





17 aprile, 2024

17 aprile 1930 - Chris Barber, il maestro inglese

Il 17 aprile 1930 nasce a Londra il trombonista e direttore d'orchestra Chris Barber, all'anagrafe registrato con il nome di Donald Christopher Barber. La sua popolarità è legata soprattutto all’orchestra che inizia a dirigere nel 1954, dopo aver fatto una breve esperienza insieme a quella di Ken Colyer. Amato dal pubblico e molto meno dalla critica vive il suo periodo migliore tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, quando conquista il pubblico statunitense. Nel 1959 partecipa al Monterey Jazz Festival applaudito e osannato dagli spettatori e ferocemente contestato dai critici che accusano la sua orchestra di mancanza di carattere e scarso valore musicale. Chris non si cura troppo delle critiche. Il pubblico è con lui e questo gli basta. Negli anni successivi torna più volte negli Stati Uniti e nel 1962 suona per il presidente Kennedy al Washington Jazz Festival. Negli anni Settanta l'orchestra sembra entrata nella sua fase declinante, ma ancora una volta Chris Barber riesce a dare un colpo d'ala. Dopo aver suonato nel 1975 alla Royal Fest Hall in occasione del primo anniversario della morte di Duke Ellington, promuove nel 1976 l'organizzazione di "Echoes of Ellington Tour", un progetto musicale ambizioso con la propria Jazz and Blues Band rinforzata, per l'occasione, da due musicisti che avevano suonato con Ellington: il sassofonista Russell Procope e il pianista organista Wild Bill Davis. La sua caratteristica migliore è proprio nella capacità di rinnovarsi con stile passando dal più rigoroso tradizionalismo a una grande varietà di stili e di influenze che si integrano fra loro, dal rhythm and blues, dal jazz rock al rock più propriamente detto, dal mainstream al jazz moderno. Muore il 2 marzo 2021.

16 aprile, 2024

16 aprile 1919 - Nilla Pizzi, la Regina della canzone italiana

Indiscussa “Regina della canzone italiana”, Nilla Pizzi è stata, insieme a Claudio Villa, la protagonista di uno dei primi grandi fenomeni di popolarità di massa della canzone italiana. Negli anni Cinquanta sono migliaia i club a lei dedicati e gli ammiratori fanno la fila per assistere alle sue esibizioni mentre i giornali con la sua foto in copertina vanno a ruba. I suoi veri o presunti flirt occupano le cronache rosa e non mancano voci di tentati suicidi da parte di appassionati spasimanti. Adionilla  Pizzi, questo è il suo vero nome, nasce il 16 aprile 1919 a Sant'Agata Bolognese, una cittadina a pochi chilometri dal capoluogo emiliano. Non sono anni facili quelli della sua infanzia. L’Italia uscita da un sanguinoso conflitto sta precipitando nella dittatura e le condizioni economiche del paese non aiutano a sognare, ma nonostante tutto la piccola Adionilla coltiva una precoce passione per lo spettacolo cantando, recitando e danzando negli spettacoli scolastici e nelle festicciole del paese. In quell’epoca i bambini non hanno tempo di godersi la vita perché si diventa grandi in fretta e la scuola non dà pane. Così, un po’ per imparare un mestiere e un po’ per dare una mano alla famiglia raggranellando qualche soldino la ragazza lavora prima in un laboratorio di sartoria e poi da un fornaio. Non rinuncia però alla musica e nel poco tempo libero continua a studiare canto esibendosi appena può nelle balere dei paesi vicini al suo. La svolta nella vita di Adionilla Pizzi arriva quando viene assunta dalla Società Radio Brevetti Ducati, una fabbrica di apparecchiature radio. Qui mentre lavora può ascoltare le voci delle cantanti più in voga di quegli anni. Spesso unisce la sua voce a quelle di Lina Termini, Silvana Fioresi o Dea Garbaccio diffuse dagli apparecchi radiofonici. Queste esibizioni entusiasmano le sue colleghe di lavoro che la incitano a insistere su quella strada. «Prima o poi diventerai famosa e allora ti dimenticherai di noi…». La ragazza si schernisce, le rimbrotta, ma comincia a pensare seriamente al mondo dello spettacolo. Nel 1937, a diciotto anni, vince il concorso nazionale “Cinquemila lire per un sorriso”, indetto da una rivista e considerato un po’ l’antesignano della futuro concorso per Miss Italia. L’evento non sembra destinato a cambiare granché la vita della ragazza che sembra avviarsi sui binari di una tranquilla normalità dopo il matrimonio con Guido Pizzi, un giovane muratore che porta il suo stesso cognome senza alcun rapporto di parentela. Come spesso accade a decidere diversamente è il caso. La guerra separa la coppia e fa crollare la fragile unione mentre Adionilla nel 1940 comincia a cantare negli spettacoli per le Forze Armate. Due anni dopo viene invitata a partecipare al concorso per voci nuove indetto dall’Eiar, l’Ente statale che gestisce le trasmissioni e i programmi radiofonici. Al termine delle selezioni cui partecipano ben diecimila concorrenti, risulta prima assoluta. Fa così il suo debutto ai microfoni della radio con l’orchestra del maestro Carlo Zeme cantando il brano Casetta tra le rose. Il 23 febbraio 1944 negli studi della Parlophone, Adionilla Pizzi registra con il nome d’arte di Nilla Pizzi il suo primo disco da solista. È poco più di un anno da quando la ragazza ha vinto il concorso EIAR davanti a migliaia di concorrenti conquistandosi il diritto di cantare ai microfoni della radio con l’orchestra di Carlo Zeme. È stato un anno ricco di soddisfazioni e di cambiamenti con il passaggio all’orchestra prestigiosa di Cinico Angelini. Quella che entra negli studi della Parlophone non è più una giovane promessa ma una cantante consapevole delle sue possibilità e del suo talento. Quel giorno Nilla Pizzi deve registrare Alba della vita, un brano destinato a essere pubblicato su un 78 giri come lato B di Guarda un po’ di Dea Garbaccio. La strada sembra ormai in discesa, ma non è così. Il suo modo di cantare, considerato troppo “moderno” dalla censura fascista, unito ai suoi atteggiamenti insofferenti nei confronti delle imposizioni sul repertorio le costano l’allontanamento dalla radio e la rescissione del contratto discografico. Soltanto nel 1946, dopo la Liberazione, riprende il suo posto ai microfoni radiofonici e ottiene un nuovo contratto discografico con l’etichetta La Voce del Padrone. Nello stesso periodo pubblicherà anche per la Cetra e le etichette consociate Fon e Mayor, alcuni dischi con vari pseudonimi: Carmen Isa, Isa Merletti, Conchita Velez e Ilda Tulli.  Nel 1951 il 29 gennaio cade di lunedì. Per gran parte degli italiani non è che una dura giornata di lavoro che precede il secondo giorno lavorativo della settimana. Per questa ragione chi deve alzarsi presto per andare a lavorare è probabilmente già a letto alle 22 quando, diffusa in tutta Italia dal Programma Nazionale della RAI, la voce di Nunzio Filogamo, proveniente dalla Sala delle Feste del Casinò di Sanremo, annuncia per la prima volta il Festival della Canzone Italiana: «Signori e signore, benvenuti al Casinò di Sanremo per un'eccezionale serata organizzata dalla RAI, una serata della canzone con l'orchestra di Cinico Angelini. Premieremo, tra duecentoquaranta composizioni inviate da altrettanti autori italiani, la più bella canzone dell'anno. Le venti canzoni prescelte vi saranno presentate in due serate e saranno cantate da Nilla Pizzi e da Achille Togliani con il duo vocale Fasano». Neppure in sala c’è la percezione del grande evento. Il pubblico seduto ai tavolini, infatti, presta una modesta e distratta attenzione ai brani preferendo dedicarsi con maggior impegno alla cena e alla conversazione. Se ne accorge anche chi ascolta la radio. Le esibizioni dei cantanti arrivano nelle case, infatti, con il sottofondo di un brusio diffuso e del tintinnare delle stoviglie. La presenza è scarsa, non soltanto perché è lunedì, ma anche perché il prezzo d’ingresso di ciascuna serata è di 500 lire, una cifra all’epoca non certo alla portata di tutte le tasche. Al termine delle due serate Nilla Pizzi conquista il primo, secondo e terzo posto, rispettivamente con Grazie dei fiori, La luna si veste d’argento e Serenata a nessuno, le ultime due in coppia con Achille Togliani. L’anno dopo si ripete l’anno piazzando al primo, secondo e terzo posto le canzoni Vola colomba, Papaveri e papere e Una donna prega, mentre nel 1953 è seconda con Campanaro, in coppia con Teddy Reno. Nel 1952 vince anche la prima edizione del Festival di Napoli con Desiderio 'e sole in coppia con Franco Ricci. Insignita del titolo di “Regina della canzone italiana” Nilla Pizzi si dimostra eclettica sperimentandosi in quasi tutti i campi dello spettacolo. Cinema, teatro di rivista e fotoromanzi contribuiscono a rafforzare il suo successo mentre i suoi ammiratori formano a Torino il “Club Nilla Pizzi”, considerato il primo fan club della storia della canzone italiana. Nilla torna al Festival di Sanremo nel 1958 presentando Amare un’altra con Gino Latilla, Giuro d’amarti così con Claudio Villa e L'edera con Tonina Torrielli, che si piazza al terzo posto. Nell’edizione seguente della rassegna sanremese canta Il nostro refrain, con Tonina Torrielli, Sempre con te con Fausto Cigliano e Adorami con Tonina Torrielli, che vince il Premio della Critica. Al Festival di Sanremo del 1960 interpreta Colpevole, con Tonina Torrielli e Perdoniamoci con Achille Togliani. Negli anni Sessanta con l'avvento di nuove mode la sua popolarità inizia a declinare, anche se i più fedeli ammiratori non l’abbandoneranno mai. Negli anni Ottanta, sull’onda del revival nostalgico forma il gruppo “Quelli di Sanremo” con Giorgio Consolini, Carla Boni e Gino Latilla. Nel 1994 torna al Festival di Sanremo come componente della Squadra Italia, un gruppo di undici protagonisti della storia musicale del nostro paese che interpreta Una vecchia canzone italiana. Sempre nel corso degli anni Novanta partecipa a innumerevoli trasmissioni televisive e affronta lunghissime tournée in tutto il mondo. Nel 2002 sorprende tutti pubblicando insieme alla boyband 2080 il brano Io e te e una versione di Grazie dei fiori in chiave rap. Muore a Milano il 12 marzo 2011.

15 aprile, 2024

15 aprile 1928 - Il jazz milanese alla radio

Il 15 aprile 1928 dalla stazione radio di Milano Vigentino va in onda per la prima volta un programma con la jazz band del Ristorante Cova destinato ripetersi ogni domenica dalle 17.30 alle 18.30. Il successo è tale che la stessa band suonerà poi ai microfoni dell'emittente radiofonica anche ogni sabato dalle 17.30 alle 18.30 e la domenica e il mercoledì dalle 23.00 alle 23.30. Nei mesi successivi le orchestre diventano due. Si aggiunge infatti la jazz band del ristorante Diana che occupa la fascia del mercoledì dalle 22.30 alle 24.00 in sostituzione di quella del Cova. L'anno dopo la situazione si consolida ed esce dalla fase sperimentale con una serie di programmi, che sotto la denominazione "Eiar Jazz" vanno in onda per tutto l'anno giornalmente da Milano dalle 17.00 alle 18.30, dalle 19.00 alle 19.55 e dalle 23.00 alle 24.00.

14 aprile, 2024

14 aprile 1989 - Per Gainsbourg iniziano i giorni dell’addio

Alla fine degli anni Ottanta Serge Gainsbourg comincia ad avere i primi problemi di salute. Il cuore fa le bizze ma è soprattutto il fegato a mostrare i segni di un precoce degrado. Nel 1988 festeggia i suoi sessant’anni lavorando a un album per Bambou, la sua compagna di quegli anni, partecipando a qualche festival ma più che altro affrontando i problemi che gli derivano dalle sue condizioni di salute. Il 14 aprile 1989 viene operato al fegato. Nonostante le difficoltà crescenti non smette di lavorare. Regala le ultime perle della sua creatività a Vanessa Paradis, scrive per Joëlle Ursull la canzone White and black blues che si piazza seconda all’Eurofestival e, soprattutto, firma Amours des feintes, un nuovo album per Jane Birkin. L’ultimo della sua vita. Il 2 marzo 1991 Bambou trova il corpo senza vita del suo compagno. È stato ucciso dall’ennesima crisi cardiaca. Viene seppellito Parigi, nel Cimitero di Montparnasse, nel corso di una cerimonia in cui Catherine Deneuve legge il testo della sua canzone Fuir le bonheur de peur qu’il ne se sauve.



13 aprile, 2024

13 aprile 1980 - Via “Grease” dal cartellone!

Il 13 aprile 1980, dopo otto anni di ininterrotte rappresentazioni, sparisce dal cartellone di Broadway il musical "Grease". Quando è stato presentato per la prima volta il 12 febbraio 1972 nessuno si immagina che quella mielosa favoletta in puro stile anni Cinquanta è destinata a battere ogni record di longevità. Verrà rappresentata ininterrottamente per 3.388 serate fino al 13 aprile 1980 quando, non senza rimpianti, verrà tolta definitivamente dal cartellone. L’operina in chiave rock and roll segna anche la nascita di un fenomeno musicale battezzato dalla critica con i nomi di “rock and roll revival” o anche “nostalgic rock”. Al di là delle sigle si tratta della riproposizione di classici del passato da parte di artisti specializzatisi in una sorta di archeologia musicale. La moda prende piede nei club di Manhattan nei primi anni Settanta. Tra i primi esponenti ci sono i Manhattan Transfer che si ispirano ai gruppi vocali del passato dal doo-wop al be-bop e gli Sha Na Na che puntano più sulle parodie. Proprio alle loro parodie è ispirata anche la serie televisiva "Happy days", e. Sulla linea dei Manhattan Transfer ci sono anche i Persuasions che rispolverano il canto a cappella, adattandola al soul e al pop mentre Leon Redbone riscopre gli standard di blues e jazz degli anni Trenta e Quaranta e i Colorblind James Experience rinnovano la tradizione delle armonie da "barbiere". I più originali sono i New Rhythm And Blues Quartet (NRBQ) che propongono anche le colonne sonore di “Bonanza” e “North to Alaska” in versione free jazz.


12 aprile, 2024

12 aprile 1910 - Luciana Dolliver, signora illusione

Il 12 aprile 1910 nasce a Catania la cantante Luciana Dolliver. Il suo vero nome è Angela Alecci. Ancora adolescente, inizia a esibirsi come ballerina e cantante. A partire dal 1929 inizia a cantare alla radio prima con l'orchestra di Pippo Barzizza e successivamente con quelle di Angelini, Petralia, Segurini, Semprini e Ferrari. Durante la seconda guerra mondiale diventa popolarissima tra i soldati italiani sui fronti di Grecia, Jugoslavia e Albania per la sua disponibilità a cantare per loro in varie occasioni. Nel primo dopoguerra è ancora una delle cantanti fisse della radio, anche se progressivamente, di fronte all’incalzare delle nuove mode, la sua popolarità va scemando. Nel 1953 un trauma provocato da un incidente tramviario nel quale resta coinvolta le fa perdere la voce. Torna alla ribalta delle cronache qualche tempo dopo quando ottiene di essere risarcita con la cifra, all’epoca considerevole, di quaranta milioni di lire. I suoi successi più conosciuti sono Passa la diligenza, ‘O mese d’ ‘e rrose, Una notte a Madera e Signora illusione. Muore a Roma il 1° settembre 1982.

11 aprile, 2024

11 aprile 1902 - Enzo De Muro-Lomanto, tra opera e canzone napoletana

L’11 aprile 1902 a Canosa, in provincia di Bari, nasce Enzo De Muro-Lomanto, uno dei cantanti lirici più popolari nel mondo degli anni Trenta e Quaranta. Compie gli studi di canto nel conservatorio di Napoli con Agostino Roche e fa il suo debutto come tenore nell’opera “Manon” di Massenet. Nel 1928, in Australia, sposa la famosa soprano Toti Del Monte con la quale costituisce una coppia artistica destinata a suscitare grande entusiasmo in tutto il mondo. Tra i suoi successi discografici ci sono molti classici della canzone che, spesso, vengono inseriti anche nella scaletta dei suoi concerti, come Voce e’ notte, Core ’ngrato, Guapparia, Silenzio cantatore, Piscatore ‘e Pusilleco e Passione. Muore a Milano il 15 marzo 1952.

10 aprile, 2024

10 aprile 2003 - Al-Mukawama: Bassora chiama e Roma risponde

È un robusto ponte di solidarietà quello che il 10 aprile 2003, per iniziativa de "Un ponte per…" e del quotidiano “il manifesto”, lega il Villaggio Globale di Roma con Bassora, una città del sud dell'Iraq sottoposta a un'incessante e massiccio bombardamento fin dall'inizio della guerra voluta da Bush e dal suo amico Tony Blair. Alle ore 21 del 10 aprile, infatti, ha inizio una serata destinata a raccogliere fondi per aiutare il dispensario di Bassora per la diagnostica e la cura delle malattie gastrointestinali infantili, messo in piedi negli anni precedenti dall’associazione “Un Ponte per …..”. Il programma ha al centro un concerto degli Al Mukawama, la band nata dall’incontro fra Luca “Zulù” e Papa J dei 99 Posse con Neil “Perch”, dubmaster e anima ritmica dei britannici Zion Train che, nelle settimane immediatamente precedenti l'inizio dell'offensiva angloastatunitense, era in Iraq. Nel corso della serata viene presentata anche una testimonianza su questa iniziativa con il video "Al Mukawama in Iraq" realizzato dall’associazione Libera Informazione di Napoli. La serata prevede anche vari momenti di riflessione e approfondimento sulla realtà del conflitto in corso attraverso le testimonianze dirette per telefono di Giuliana Sgrena, inviata del manifesto a Baghdad, e di Simona Torretta del coordinamento aiuti umanitari di un "Ponte per..". Infine tocca a Fabio Alberti raccontare i vari progetti che "Un ponte per…" ha attivato in Iraq sia nel campo sanitario, della depurazione delle acque e nel campo educativo, in collaborazione con la Mezza Luna Rossa Irachena (IRCS) e varie agenzie dell'ONU. È singolare e, per usare un eufemismo, curioso notare come due delle protagoniste della serata, Giuliana Sgrena e Simona Torretta, saranno poi oggetto di due rapimenti i cui contorni non sono mai stati completamente chiariti...

09 aprile, 2024

9 aprile 1920 – Gianni Ravera, già Lenin, il padrone dei festival

Il 9 aprile 1920 nasce a Chiaravalle, in provincia di Ancona Gianni Ravera, forse il più importante organizzatore di eventi musicali dell’Italia della seconda metà del Novecento. Registrato originariamente all'anagrafe con il nome di Lenin si trova poi con l'avvento del fascismo a fare i conti con un nome diverso da quello assegnatogli dai suoi genitori. Debutta come cantante di musica leggera in un concorso dell’Eiar nel 1943 e nel dopoguerra si esibisce con le orchestre di Angelini, Barzizza, Trovajoli e Savina. Tipico esponente della canzone all’italiana, partecipa, senza particolare successo a tre Festival di Sanremo: nel 1954 con Gioia di vivere, nel 1955 con Non penserò che a te, in coppia con Tullio Pane e nel 1957 con Un certo sorriso, insieme a Natalino Otto. Negli anni Cinquanta chiude la carriera di cantante e inizia a darsi da fare come impresario, organizzando manifestazioni musicali in varie città d’Italia. Nel 1962 ottiene l’organizzazione del Festival di Sanremo, la prima di una lunga serie che lo vede portare sul palcoscenico della rassegna sanremese personaggi come Louis Armstrong, Stevie Wonder, Dionne Warwick, Paul Anka e Wilson Pickett e lanciare cantanti come Iva Zanicchi, Bobby Solo, Gigliola Cinquetti, Vasco Rossi e Zucchero. Negli anni Sessanta e Settanta è uno dei personaggi più potenti del mondo della musica leggera italiana. Quasi tutte le manifestazioni più importanti portano la sua firma, dal Concorso per voci nuove di Castrocaro alla Mostra Internazionale della musica leggera di Venezia, dalla Vela d’oro di Riva del Garda al Disco per l’estate di Saint Vincent. Più volte viene accusato di essere un “padrone senza scrupoli” della canzone italiana e nelle polemiche di quegli anni viene addirittura definito come «uno dei principali responsabili della diseducazione musicale del pubblico italiano». In realtà le doti che contraddistinguono il suo lavoro sono soprattutto la competenza e la tenacia. A chi si lamenta del livello musicale delle sue manifestazioni risponde: «Io sono soltanto un cuoco, se i discografici mi danno ingredienti di prima scelta faccio un pranzo di gala, ma se sono modesti viene fuori solo una discreta cena casereccia». Muore a Roma il 14 maggio 1986.

08 aprile, 2024

8 aprile 1975 - L'ultimo spettacolo di Josephine Baker

L’8 aprile 1975 Joséphine Baker celebra i cinquant’anni dal suo debutto in Francia al Bobino. Non sta molto bene. Negli anni Cinquanta ha cominciato ad avere vari problemi di salute. Costretta a ridurre un po’ la sua attività artistica nel tempo libero si è dedicata agli altri impegnandosi anche nella lotta contro la segregazione razziale e per la pace in un modo singolare e unico. Nel suo castello di Milandes, in Dordogna, infatti ospita dodici bambini adottati, ciascuno appartenente a una razza e una religione diversa per dare un esempio di fraternità universale. Gli spettacoli, però, non bastano a mantenere economicamente tutte queste attività e, all’inizio degli anni Sessanta, Josephine, quasi sul lastrico, decide di vendere Milandes. Nel febbraio 1964 alla vigilia del giorno fissato per la vendita Brigitte Bardot, in quel periodo al culmine della sua popolarità, lancia un appello per aiutare la Venere Nera. La vendita viene sospesa, ma i debiti e i problemi non scompaiono per magia. Passato l’effetto Bardot Josephine si ritrova sola nella sua battaglia quotidiana e comincia ad avere problemi di cuore sempre più frequenti. Non manca chi l’aiuta a far fronte ai debiti. Nel 1968 il suo amico Bruno Coquatrix le organizza un concerto all’Olympia mentre la Pathé Marconi si impegna a pubblicare un album speciale per l’occasione. Nonostante i generosi tentativi la battaglia contro i debiti finisce male. Nel 1969, mentre i suoi ragazzi sono rifugiati a Parigi da amici, tenta di resistere alla sfratto ma nella notte viene presa e buttata fuori da Milandes. La sua vita riprende a muoversi tra tournée e ricoveri in ospedale. L’8 aprile 1975 al Bobino per la celebrazione dei cinquant’anni dal suo debutto in Francia mette in scena uno straordinario spettacolo di fronte a un parterre colmo di personalità. Nessuno lo sa ma quello è il suo ultimo saluto alla città. Due giorni dopo si addormenta per un sonnellino pomeridiano e non si sveglia più.

07 aprile, 2024

7 aprile 1994 – Addio a Cobain, fragile e timido profeta del Grunge

Il 7 aprile 1994 un elettricista entrato casualmente nella villa di Kurt Cobain a Seattle, scopre il cadavere del leader dei Nirvana. Le indagini appurano che il musicista si è ucciso nella notte tra il 5 e il 6 aprile sparandosi alla testa con un fucile da caccia comprato da pochi giorni. Accanto al suo corpo viene ritrovata una lettera indirizzata alla moglie Courtney Love e al figlio Frances Bean nella quale dice, tra l’altro, «Frances Bean, Courtney, vi amo, vi amo con tutto il mio cuore, ma odio me stesso e odio la vita. Desidero solo di morire. Ho bisogno di staccarmi dalla realtà per ritrovare l’entusiasmo che avevo da bambino. Perdonatemi». La morte di Kurt segna anche la fine dei Nirvana, fino a quel momento considerati uno dei fenomeni musicali degli anni Novanta. Arrivata al successo improvvisamente nel 1991 anche grazie alla massiccia programmazione dei loro brani da parte di MTV la band sperimenta sulla propria pelle gli aspetti negativi della popolarità improvvisa. La vita di Cobain viene scandagliata fin nei più minuti dettagli e diventa uno degli argomenti preferiti dalle riviste scandalistiche, soprattutto dopo il suo matrimonio con Courtney Love, l'eccentrica cantante delle Hole, avvenuto il 24 febbraio 1992. Nell'estate dello stesso anno la rivista Vanity Fair pubblica un lungo servizio sulla ragazza sostenendo che i suoi problemi di tossicodipendenza la costringono ad assumere regolarmente eroina anche durante la gravidanza. Non è un'accusa da poco perché le leggi della California, stato di residenza della coppia, prevedono la possibilità di sottrarre un figlio alla madre qualora la stessa abbia assunto droghe durante la gravidanza. Cobain costringe i compagni ad annullare alcuni concerti per poter rintracciare l'autore dell'articolo e convincerlo a correggere quanto ha scritto. Da quel momento vive nel terrore dei media che ne fanno una sorta di diabolico profeta del rock. Poche settimane prima di uccidersi, aveva già tentato il suicidio in un albergo romano. La notizia della sua morte fa il giro del mondo mentre centinaia di fans si raccolgono sotto la sua casa per la veglia funebre. Il biondo chitarrista e cantante, il timido e fragile esponente di un genere, come il Grunge, in gran parte inventato dai media degli anni Novanta, finisce per diventare, suo malgrado, uno dei tanti miti tragici che hanno costellato la storia del rock.

06 aprile, 2024

6 aprile 1983 – Reagan contro i Beach Boys

Il 6 aprile 1983 la principale emittente radiofonica di Washington è subissata da telefonate che invitano l'amministrazione Reagan ad andare… a quel paese. Un'intera generazione sembra scuotersi dall'ovattato torpore dell'era reaganiana e si mobilita contro «l'ottusa e reazionaria concezione della cultura di un'intera classe dirigente». Che cosa è successo? Il giorno prima James Watt, Segretario agli Interni del governo statunitense, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti sul rapporto tra cultura e mondo giovanile, si è lasciato andare a giudizi pesanti nei confronti del rock, visto come una sorta di corruttore degli ideali sui quali si fonda la civile convivenza negli Stati Uniti. Accortosi di essersi spinto troppo in là, ha poi modificato il giudizio sostenendo di non voler mettere sotto accusa un genere musicale, ma soltanto alcuni esponenti rei, a suo parere, di catalizzare "vibrazioni negative". Ha quindi candidamente annunciato che alcune rock band «come i Beach Boys e i Grass Roots» dovranno essere escluse dal programma dell’annuale celebrazione a Washington del 4 luglio, festa dell’Indipendenza degli Stati Uniti perché hanno la caratteristica di «attirare ai loro concerti i peggiori elementi della società». Diffuse dalle agenzie le dichiarazioni di Watt fanno il giro del paese e suscitano reazioni indignate. Le dichiarazioni delle sue band interessate sono laconiche. I Beach Boys le giudicano «incredibili», mentre Rob Grill dei Grass Roots dichiara di essere stato «gravemente offeso». Meno diplomatiche le risposte delle riviste specializzate e del pubblico che parlano di "nuovo maccartismo". Travolta dall'ondata di sdegno, l'amministrazione Reagan cerca di correre ai ripari. Il Vice Presidente George Bush e Nancy, la moglie del presidente, si affrettano a dichiarare alla stampa che loro sono «ammiratori dei Beach Boys» e che si sentono «irritati» per le dichiarazioni di Watt. Il giorno dopo, 7 aprile, scenderà in campo addirittura il presidente Reagan in persona invitando i Beach Boys a suonare a Washington in occasione dei festeggiamenti per il 4 luglio. Prima ancora che l'invito ufficiale venga inviato formalmente, la band fa sapere di avere già un impegno per quel giorno. La mobilitazione non finisce qui. Il 4 luglio i Beach Boys festeggeranno a modo loro la festa dell'indipendenza con un concerto contro l'oscurantismo culturale ad Atlantic City di fronte a oltre duecentomila persone.

05 aprile, 2024

5 aprile 1968 – James Brown: «È morto Martin Luther King ma nessuno ci potrà fermare»

«Hanno ucciso Martin Luther King!» Nella notte tra il 4 e il 5 aprile 1968 il popolo nero degli Stati Uniti grida la sua ribellione e la sua rabbia contro l'assassino che ha colpito a Memphis l'apostolo della non-violenza leader del movimento per i diritti civili. La rivolta è generale. A nulla servono gli inviti alla calma rivolti attraverso tutte le stazioni radiofoniche e televisive del paese da parte dei più stretti collaboratori di Martin Luther King. Trenta città degli States sono in fiamme e nelle prime ore del 5 aprile sono già trentanove le vittime cadute negli scontri con la polizia. La disperazione e la rabbia cieca della popolazione nera stanno fornendo all'apparato repressivo statunitense l'occasione per una generale resa dei conti. I leader del movimento per i diritti civili sono consapevoli della necessità di fermare quello che rischia di trasformarsi in un massacro ma non hanno né la forza né la capacità di persuasione necessarie. La scomparsa di un capo carismatico come Martin Luther King ha lasciato un pericoloso vuoto. I giovani coloured delle periferie urbane danno l'assalto ai quartieri residenziali delle città solo per gridare la loro rabbia al cielo. Si muovono in piccoli gruppi, senza organizzazione e senza alcun obiettivo finendo travolti dagli apparati repressivi. La situazione è disperata quando sugli schermi televisivi di tutti gli Stati Uniti appare la faccia tesa di James Brown, l'esplosivo interprete di rhythm and blues idolatrato dai giovani della comunità nera. La sua voce è calma e tesa: «Fratelli. Ieri hanno ucciso un uomo che ci stava guidando alla conquista dei nostri diritti e aveva fatto della non violenza la sua bandiera. Ora sperano che l'immenso fiume che lo seguiva si disperda in mille rivoli, magari più turbolenti, ma privi della forza che solo la calma e implacabile massa d'acqua del fiume possiede. Abbiamo il dovere di continuare la battaglia di Martin Luther King. Lo faremo se non cadremo nel tranello di vuole scegliere il terreno della violenza. Io vi invito alla calma e alla resistenza passiva. Siamo un grande fiume e nessuno ci potrà fermare…». L'appello, rilanciato anche dalle emittenti radiofoniche, riesce a produrre il miracolo: gli scontri cessano in quasi tutte le città. Non è l'unico artista rock a mobilitarsi. A New York, infatti, Jimi Hendrix, B.B. King e Buddy Guy raccolgono fondi da destinare al movimento, mentre i bianchi Beach Boys, Buffalo Springfield e Strawberry Alarm Clock cancellano, in segno di lutto i loro concerti.



04 aprile, 2024

4 aprile 1943 - Tiny Parham, il medico mancato

Il 4 aprile 1943 muore a Milwaukee, nel Wisconsin il pianista Tiny Parham. Nato a Kansas City, in Kansas il 25 febbraio 1900 all'anagrafe si chiama Hartzell Strathdene Parham. Da giovane pensa alla musica solo come hobby, ma dopo aver frequentato per qualche anno la facoltà di Medicina decide di farne un mestiere. Talentuoso e geniale nei primi anni Venti si conquista rapidamente una buona popolarità nel South Side di Chicago. Nel 1926 assieme al violinista Leroy Pickett forma il primo gruppo della sua carriera. Il grande successo arriva con i Musicians la band di cui fa parte anche il cornettista Punch Miller. Con questa formazione Parham si esibisce al Dreamland e poi al Sunset Café, i due più prestigiosi cabaret di Chicago, e registra una lunga serie di dischi per la Victor annoverabili tra i migliori prodotti del jazz nero di Chicago. Negli anni Trenta Parham, pur senza rinunciare a esibirsi in pubblico, lavora prevalentemente come arrangiatore per vari leader tra cui King Oliver ed Earl Hines nonché come compositore. Quasi tutte le musiche dei floor-show del Royal Frolic Club sono opera sua. Nel 1940 suona e registra a Chicago, con un suo quartetto comprendente il clarinettista Darnell Howard. Parte poi per una lunga serie di tour. Proprio durante un'esibizione a Milwaukee muore per un collasso cardiaco.

03 aprile, 2024

3 aprile 1975 – Emmylou Harris continua da sola

Il 3 aprile 1975 alla Boarding House di San Francisco Emmylou Harris torna a esibirsi in pubblico a quasi due anni dalla morte del suo compagno Gram Parsons. Per stare al suo fianco aveva abbandonato le scene del country dove, alla fine degli anni Sessanta, era considerata una delle più promettenti nuove voci femminili. L'incontro, avvenuto quando i discografici l'avevano convinta a lasciare Nashville per New York aveva sconvolto la sua vita, sacrificando una promettente carriera al carisma del suo compagno, il geniale ex componente della Flying Burrito Brothers Band e dei Byrds. La star nascente del country aveva finito così per prestargli la sua voce, sia nelle sale di registrazione che dal vivo. La morte di Gram l'annichilisce. Per qualche tempo gli amici temono che la sua mente abbia preso il volo per sempre. In preda a una profonda depressione ritrova a poco a poco se stessa. Paradossalmente l'evento che ha sconvolto e segnato la sua vita finisce per liberare la sua creatività artistica. A Washington, dove si è rifugiata per sfuggire ai ricordi dolorosi, riprende a suonare con un gruppo di amici. Il passo successivo è la formazione di un gruppo fisso, la Angel Band, di cui fanno parte anche il virtuoso di pedal steel Hank De Vito e due componenti della band di Elvis Presley: il chitarrista James Burton e il tastierista Glen H. Hardin. È con loro che, dopo vari ripensamenti, accetta di tornare davanti al pubblico. Il concerto del 3 aprile alla Boarding House di San Francisco non resterà un episodio isolato. Pochi giorni dopo verrà scritturata dalla Reprise, un'etichetta del gruppo Warner Brothers e pubblicherà l'album Pieces of the sky destinato a scalare le classifiche dei dischi più venduti. Non si fermerà più. Accanto all'attività in proprio svilupperà un numero infinito di collaborazioni con artisti come Bob Dylan, Linda Ronstadt e John B. Sebastian. Nel 1980 parteciperà all'opera country "The legend of Jesse James" di Paul Kennerly, insieme a una schiera di personaggi come Levon Helm, Charlie Daniels della Charlie Daniels Band e Johnny Cash. Nel 1987 con Dolly Parton e Linda Ronstadt darà vita a un provvisorio quanto straordinario gruppo vocale femminile il cui album Trio otterrà un grandissimo successo commerciale e di critica vincendo anche un Grammy. Nonostante il successo ottenuto dalle collaborazioni non rinuncerà mai alla voglia di continuare a volare da sola.



02 aprile, 2024

2 aprile 1937 - Mario Rusca, un pianoforte senza tempo

Il 2 aprile 1937 nasce a Torino il pianista Mario Rusca. A dodici anni inizia a pigiare i tasti bianche neri del pianoforte sotto la guida di un insegnante. La sua passione per la musica lo porta a suonare ovunque possa e senza troppo guardare per il sottile i generi anche se nel futuro sarà il jazz che gli regalerà la maggior popolarità e grandi soddisfazioni. Nel 1957 tiene una serie di concerti in trio con Nando Amedeo al contrabbasso e Giancarlo Coriasso alla batteria poi si dedica quasi esclusivamente alla cosiddetta "musica leggera" fino al 1969 quando si trasferisce a Milano. Qui approfondisce gli studi di armonia e riprende l'attività jazzistica nell'appena inaugurato Capolinea. È un periodo ricco di stimoli e di lavoro visto che il suo tocco viene particolarmente apprezzato anche negli studi di registrazione. Fino al 1977 è una presenza fissa al Capolinea. Nel 1971 collabora con Joe Venuti sia in sala che nei concerti e nel 1972 è uno dei componenti della band di Gil Cuppini. Nel 1974 incide il primo album a proprio nome, Reaction, con Stefano Cerri al basso elettrico e Gianni Cazzola alla batteria. Da quel momento non contano più le incisioni nè le collaborazioni sia in studio che in concerto con i più grandi jazzisti italiani e internazionali. Tra i personaggi con i quali ha suonato spiccano i nomi di Bruno Tommaso, Tullio De Piscopo, Gerry Mulligan, Larry Nocella, Paolo Tomelleri, Mauricio Chiappeta e Paolo Pellegatti, Roberto Haliffi, Julius Farmer, Giancarlo Pillot, Gianni Basso, Gianni Bedori , Chet Baker, Lee Konitz, Don Byas, Kenny Clarke, Tony Scott, Dizzy Reece, Billy Higgins, Marty Morell, Eddie Gomez, Thad Jones, Mel Lewis, Art Farmer e molti altri.

01 aprile, 2024

1° aprile 1936 – Frank Duson, il trombonista che non leggeva la musica

Il 1° aprile 1936 a New Orleans muore dimenticato e quasi in miseria Frank Duson, gran suonatore di trombone a pistoni nato ad Algiers in Louisiana cinquantacinque anni prima. Come per altri vecchi musicisti di New Orleans anche sul suo cognome sussistono tuttora dei dubbi dal momento che nelle fonti di riferimento consultate il mitico trombonista viene indicato alternativamente con il nome di Duson o di Dusen. In ogni caso tutti gli storici del jazz concordano nel definirlo un fuoriclasse tra i trombonisti della prima generazione, restìo a leggere la musica ma dotato di un notevole orecchio e una grande musicalità. Il primo importante ingaggio lo ottiene nel 1905 quando viene chiamato a sostituire Willie Cornish nel gruppo del leggendario Buddy Bolden. Due anni dopo, quando Bolden viene ricoverato in manicomio, Duson assume la direzione della band che oltre a lui schiera il clarinettista Frank Lewis, il chitarrista Brock Munford, il bassista Bob Lyons e il batterista Cato. A sostituire Buddy chiama Tig Chambers e con questa formazione spopola in tutti i locali più famosi di New Orleans, dal Franklin & Gravin al Lincoln Park, mantenendo sostanzialmente invariato sia lo stile sia il repertorio di Bolden, la cui fama era stata tale da assicurargli l'immortalità, almeno tra i suoi concittadini. Nel 1911 l'orchestra fa un ulteriore salto di qualità con l'ingresso del cornettista Bunk Johnson, del clarinettista Sidney Bechet e del batterista Henry Zeno. Negli anni della prima guerra mondiale Duson dirige un suo gruppo al Jim Tom's, un cabaret del West End, e, successivamente, trova un buon ingaggio nella S.S. Capitol Orchestra del pianista Fate Marable. Nel corso degli anni Venti suona più volte con l'orchestra di Louis Dumaine, ma non prende parte alle celebri sedute di incisione realizzate dal bravo trombettista nel corso del 1927. Negli anni della depressione economica cerca di lavorare ancora con Dumaine nella W.P.A. Brass Band per la misera cifra di 25 dollari al mese. Con il passare degli anni, però, fatica sempre più a trovare ingaggi. In più la non conoscenza della musica gli impedisce di trovare un lavoro stabile e finisce per trascorrere i suoi ultimi anni di vita in povertà.


31 marzo, 2024

31 marzo 1967 – Brucia la chitarra di Hendrix

Che cos'è un "package tour"? È una sorta di "offerta speciale" per il pubblico che mette insieme artisti diversi sullo stesso palco. Il 31 marzo 1967 all'Astoria Theatre di Londra, in Finsbury Park fa il suo debutto un "package tour" con un pacchetto di artisti che sembra compilato appositamente per attrarre spettatori di ogni tipo e gusto. In una sorta di azzardata compilation, infatti, si alternano sul palco i Walker Brothers, il re del pop melodico Engelbert Humperdinck, il cantautore Cat Stevens non ancora convertitosi all'Islam e Jimi Hendrix con gli Experience. Una tale mescola di stili e generi musicali oggi farebbe accapponare la pelle, ma in quel periodo non è dissimile da altri "package". È comunque certo che nessuno ricorderebbe quello spettacolo se Hendrix non l'avesse marchiato a fuoco, non solo per modo di dire. Fin dalle prime battute il chitarrista, da pochi mesi trasferitosi in Gran Bretagna alla corte di Chas Chandler, l'ex chitarrista degli Animals suo scopritore, estimatore e manager, fatica a reprimere la noia per quanto accade sul palco. Jimi detesta i tempi contingentati di quel genere di spettacolo e, ancor di più, non sopporta la superficialità con la quale il pubblico digerisce tutto. Quando sale sul palco è teso come un elastico. Mentre il basso di Noel Redding e la batteria di Mitch Mitchell pompano blues a tutta forza, Hendrix impressiona per il suo modo di trattare la chitarra. Spinge al massimo il volume degli amplificatori, lavora sulla distorsione del suono e introduce cacofonie mai ascoltate prima. Di fronte a tanta forza gli spettatori sono divisi. C'è chi si lascia catturare dal suo carisma trascinante e chi manifesta a gran voce il suo disappunto. Jimi, sul palco, non si cura di nulla. La sua attenzione principale è concentrata sulla chitarra. Ne sfrega le corde contro l'asta del microfono, la stimola, la maltratta, la avvicina alla bocca e inizia a suonarla con i denti. Quando l'ultimo brano sta per finire appoggia la chitarra per terra, si inginocchia e le dà fuoco. La fiammata sembra avvolgerlo. Jimi si alza e guarda emozionato il suo strumento che brucia mentre gli amplificatori ne rimandano l'ultima lancinante distorsione. Poi si alza e se ne va. Il pubblico non s'è accorto, ma le sue mani sono state investite dalla prima fiammata. Rientrato tra le quinte dovrà essere accompagnato all'ospedale per essere medicato. Il "numero" della chitarra bruciata diventerà un classico delle sue esibizioni.