13 giugno, 2024

13 giugno 1886 - Mario Mari, meglio la canzone del cantiere

Il 13 giugno 1886 Nasce a Napoli il cantante Mario Mari, all'anagrafe Nunzio D’Auria. Figlio di un imprenditore edile all’impresa di costruzioni del padre preferisce la canzone e debutta nel 1911 al Teatro Vittorio Emanuele della sua città. Dotato di una voce da tenore leggero nel 1913 parte per un lungo tour in moltissimi i teatri d’Italia. Dopo aver fatto parte della compagnia di Raffaele Viviani, nel 1920 insieme a Gigi Pisano e Cesare Faras fonda una compagnia che debutta alla Sala Umberto di Napoli con la rivista “Tutti in cupola”. Partecipa a varie audizioni di Piedigrotta e nel 1936 abbandona le scene dedicandosi all’attività di impresario teatrale. Colpito da paralisi nel 1952 è condannato a un’immobilità fisica destinata a durare fino alla morte che avviene a Napoli il 22 ottobre 1954.



12 giugno, 2024

12 giugno 1984 - Domenico Modugno, una tempra dura come l’acciaio

Il 12 giugno 1984 Domenico Modugno è impegnato nelle prove della trasmissione televisiva “La luna del pozzo” negli studi televisivi De Paolis sulla via Tiburtina quando viene colpito da un malore. È l’inizio di un ictus ma il medico di servizio non si accorge della gravità delle sue condizioni e lo rimanda a casa suggerendogli di prendere un’Aspirina. Nella notte le sue condizioni si aggravano e viene ricoverato d'urgenza in ospedale. L’ictus lascia un segno pesante sulla sua capacità di parola e di movimento, ma non riesce a domarne lo spirito. La sua tempra dura come l’acciaio gli fa sopportare le fatiche di una lunga terapia di recupero al punto che, smentendo le previsioni più pessimistiche, torna in attività. La sua vicenda personale lo convince ad affiancare all’impegno artistico anche quello politico e nel 1986 si iscrive al Partito Radicale. Alle elezioni del 15 giugno dell’anno dopo viene eletto deputato nelle liste radicali nella circoscrizione di Torino Novara Vercelli lasciando un segno importante nell’attività parlamentare per le sue battaglie civili, soprattutto quelle a favore dei più deboli. Nel 1989 denuncia le condizioni disumane dei pazienti dell'ospedale psichiatrico di Agrigento. Proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla loro situazione si esibisce anche nel primo concerto dopo la malattia. Nel 1990 diventa Consigliere Comunale ad Agrigento, ma l’anno dopo il suo nemico implacabile lo aggredisce di nuovo. La sua tempra resiste ancora una volta e lui reagisce incidendo nel 1993 il disco Delfini insieme con suo figlio Massimo. Saranno gli ultimi sprazzi di una vita intensa.



11 giugno, 2024

11 giugno 1984 - Ciao Enrico

L’11 giugno del 1984, muore Enrico Berlinguer, il popolare e amato segretario del partito Comunista Italiano. Pochi giorni prima,  il 7 giugno, tutta Italia ha potuto assistere al momento in cui sul palco di Piazza della Frutta di Padova, durante il comizio di chiusura delle elezioni europee, viene colpito da un grave malore. Gli manca il respiro, sussurra, le forze gli vengono meno, eppure continua a parlare. «Compagni, proseguite il vostro lavoro... casa per casa... strada per strada...», pronuncia le sue ultime parole con la voce fioca e un fazzoletto bianco premuto sulla bocca. Non è la stanchezza ma un ictus che lo porta alla morte. L’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, lo piange  «come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta» e ne riporta la salma a Roma sull’aereo presidenziale. Nei giorni che seguono la morte sono molti a celebrarne le doti, non soltanto i suoi compagni di lotta e di partito. Anche un vecchio conservatore come Indro Montanelli piange la fine di «un uomo introverso e malinconico, di immacolata onestà e sempre alle prese con una coscienza esigente, solitario, di abitudini spontanee, più turbato che allettato dalla prospettiva del potere, e in perfetta buona fede». I suoi funerali, a piazza S. Giovanni, a Roma, sono l’occasione di un immenso corteo. Nel 1994 i Modena City Ramblers incideranno il brano I funerali di Berlinguer, ispirato a quelle giornate.

10 giugno, 2024

10 giugno 1974 - Benny Winestone, un violinista al sax

Il 10 giugno 1974 muore a Toronto, in Canada, il sassofonista Benny Winestone. Nato a Glasgow, Gran Bretagna, il 20 dicembre 1906, viene avviato alla musica dal padre all'età di sette anni. Il suo primo strumento è il violino che suona da nove a vent'anni quando passa definitivamente al sassofono. Nel corso degli anni Trenta lavora con Ted Heath nella Sydney Lifton's Band a Londra e all'inizio degli anni Quaranta fece parte della formazione guidata da Frank Bogart a Toronto, in Canada. Nel 1945 è al fianco di Jess Stacy negli Stati Uniti e tra il 1947 e il 1948 suona con Maynard Ferguson a Montreal. Successivamente guida proprie formazioni con il trombettista Herby Spanier e nel corso degli anni Cinquanta suona anche con Steve Garrick al Chez Paree di Montreal. Nel 1938 appare anche nel film "Un americano a Oxford". Il suo stile è inizialmente influenzato da Frankie Trumbauer e Jimmy Dorsey e successivamente da Lester Young e Charlie Parker.


09 giugno, 2024

9 giugno 1916 – Les Paul l'inventore

Il 9 giugno 1916 a Waukesha, una cittadina del Wisconsin nasce Les Paul, all'anagrafe Lester William Polfuss, chitarrista destinato all'immortalità non tanto per le sue qualità artistiche, quanto per aver convinto la Gibson a produrre una chitarra elettrica di sua invenzione, la Les Paul Guitar, uno dei modelli che hanno fatto la storia del rock. Autodidatta, inizia, ancora adolescente, a suonare la chitarra e l'armonica con il nome d'arte di Rhubarb Red. Nel 1932 è a Chicago dove, già con il nome di Les Paul forma con il cantante Joe Wolverton un duo che ottiene un buon successo e qualche scrittura dalle varie emittenti radiofoniche della zona. Nel 1938 se ne va a New York per suonare la chitarra elettrica con Fred Waring & His Pennsylvanias, ma l'esperienza si rivela deludente e l'anno dopo torna a Chicago. Qui lavora ancora negli ambienti radiofonici prima di salire sul pullman che lo porta in California insieme alla sua fida chitarra. Proprio sotto il sole californiano nasce il Les Paul Trio, che lo impone all'attenzione della critica come uno dei più dotati chitarristi jazz di quel periodo, nonostante il suo stile risenta delle evidenti influenze di Django Reinhardt. La buona tecnica supplisce, però, alla scarsa originalità, visto che Norman Granz lo vuole nel gruppo di strumentisti che registrano un gran numero di brani pubblicati sotto la sigla Jazz At The Philarmonic. Accanto a lui ci sono personaggi di primo piano come Illinois Jacquet, Nat King Cole, Johnny Miller, Lee Young e tanti altri. Nel 1946, sotto la spinta di Bing Crosby apre un proprio studio di registrazione dove sperimentò nuove tecniche di sovrapposizione dei suoni con registratori ad otto piste. In questo periodo rischia anche di perdere in un incidente stradale l'arto destro, ricucito a fatica da un chirurgo che si dichiara suo ammiratore. La leggenda vuole che siano state proprio le difficoltà nell'uso dell'arto a suggerirgli la progettazione di una nuova chitarra. Nel 1949 sposa la cantante Mary Ford con la quale forma un duo che ottiene un buon successo discografico proprio grazie alle tecniche di sovrapposizione dei suoni. La sua popolarità resta comunque legata al famoso modello di chitarra che, snobbato negli anni Cinquanta al momento della sua prima realizzazione, diventerà uno dei preferiti dai grandi chitarristi del rock and roll prima e del rock poi. Muore a New York il 12 agosto 2009.

08 giugno, 2024

8 giugno 1991 – More than words per gli Extreme

L'8 giugno 1991 arriva al vertice della classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti More than words una ballata acustica di insolita dolcezza per la band che la propone. Il brano rappresenta infatti l'anomala consacrazione commerciale degli Extreme, uno dei più interessanti gruppi di heavy metal del periodo. Formati a Boston, nel Massachusetts dal cantante Gary Cherone, dal chitarrista portoghese Nuno Bettencourt, dal bassista Pat Badger e dal batterista Paul Geary alla fine degli anni Ottanta faticano non poco a imporsi. All'inizio scelgono di chiamarsi The Dream ma, poi, anche su consiglio del loro manager, propendono per un nome decisamente più adeguato al loro genere e lo cambiano in Extreme. Il loro primo album risale al 1989 e si intitola, semplicemente, Extreme. L'accoglienza di pubblico e critica è un po' freddina. I quattro vengono tacciati di «scarsa originalità». Non va meglio al singolo Kid ego. L'anno dopo ci riprovano. Il destino del secondo album Pornograffitti non sembra diverso da quello del precedente: scarse vendite e sostanziale indifferenza anche nei confronti dei brani estratti dallo stesso album e pubblicati in due singoli. I ragazzi, però, non demordono. Convincono il produttore a pubblicare in singolo anche un altro brano contenuto in Pornograffitti, all'inizio considerato poco più di un riempitivo. È More than words. Il disco vola nelle classifiche statunitensi e britanniche e, a quasi un anno di distanza dalla sua uscita, rilancia anche l'album. Catapultati sulla scena internazionale e inseriti a furor di popolo nel cast del concerto in memoria di Freddie Mercury allo stadio di Wembley in Londra, gli Extreme si fanno furbi. Diluiscono l'impostazione heavy in un sound più ampio e maestoso, smussandone le asperità e riuscendo così ad ottenere un perfetto equilibrio tra la ballata e l'hard rock, con l'aggiunta di qualche richiamo classicheggiante e si garantiscono così un buon periodo di successi.


07 giugno, 2024

7 giugno 1922 - Beryl Booker, la pianista autodidatta

Il 7 giugno 1922 a Philadelphia, in Pennsylvania, nasce la pianista Beryl Booker. Completamente autodidatta, nel corso della sua carriera sostiene di non aver mai imparato a leggere davvero la musica. Cominci a suonare a Philadelphia con piccoli gruppi locali e per qualche tempo forma anche un proprio gruppo. La sua popolarità si allarga a partire dal 1946 quando entra a far parte del trio di Slam Stewart, poco dopo essersi trasferita a New York. Con Stewart rimane, salvo alcune parentesi, fino al 1951, quando diventa la pianista accompagnatrice di Dinah Washington. Due anni dopo forma un trio tutto femminile con Bonnie Wetzel e Elaine Leighton. Dopo lo scioglimento del piccolo gruppo, Beryl svolge attività soltanto saltuarie. incise dischi in proprio e con Don Byas. Muore d'infarto il 30 settembre 1978 a Berkeley in California dove si è stabilita dai primi anni Settanta.




06 giugno, 2024

6 giugno 1968 - George Wettling, il miglior batterista dixieland bianco

Il 6 giugno 1968 muore a New York il batterista George Wettling. Il suo nome completo è George Godfrey Wettling. Nato a Topeka, in Kansas, il 28 novembre 1907 appartiene di diritto alla ristretta élite di batteristi bianchi di scuola tradizionale insieme a Dave Tough, Gene Krupa e Ray Bauduc e in questo ambito è considerato miglior batterista dixieland,. Trasferitosi a Chicago nel 1921, comincia a suonare la batteria sotto la guida di Earl Wiley e di Roy Knapp, lo stesso maestro di Krupa. All'inizio subisce l'influenza di Baby Dodds, una sorta di faro catalizzatore per tutti i giovani batteristi che suonano negli anni Venti nella Windy City. Debutta come professionista nel 1924 e nel giro di pochi anni suona con le orchestre di Floyd Town, Danny Altier, Louis Panico, Art Jarrett, Joe Kayser, Jack Chapman, Elmer Schoebel, Wingy Manone, David Rose, Sol Wagner, con i Seattle Harmory Kings e con molte altre formazioni. Viene anche prescelto dai chicagoans per la storica seduta del dicembre del 1927 organizzata da Eddie Condon e Red McKenzie che sancisce la nascita della cosiddetta "scuola Chicago" ma la sua improvvisa indisponibilità apre le porte del successo al più giovane Krupa. Nel 1935 effettua un lungo tour con l'orchestra di Jack Hylton, con la quale si esibisce a New York attirando su di sé l'attenzione di Artie Shaw e di Bunny Berigan, che lo chiamano a far parte delle rispettive orchestre. Negli anni seguenti lavora con Red Norvo, Paul Whiteman, Muggsy Spanier, Joe Marsala, Bobby Hackett, Jimmy McPartland e Ben Pollack. Nel 1943, dopo essersi esibito per brevi periodi a fianco di Benny Goodman, Abe Lyman e Miff Mole, entra a far parte dello stati musicale della stazione-radio ABC di New York, senza abbandonare del tutto l'attività concertistica e discografica. Nel 1952 è di scena al Birdland, uno dei club più quotati di New York in seno ad una All-Stars comprendente Jimmy McPartland, Vic Dickenson ed Edmond Hall che si alterna con una formazione moderna diretta da Dizzy Gillespie. L'anno successivo suona con una propria formazione al Jack Dempsey's e, nel 1954, suona al Metropole, sempre di New York, ancora a fianco di McPartland. Nei suoi ultimi anni di vita lavora con i gruppi di Spanier e di Freeman, con i Dukes Of Dixieland, con il trio di Clarence Hutchenrider e con un proprio trio.. A partire dalla fine degli anni Quaranta Wettling si dedica con successo alla pittura astratta e negli anni Cinquanta scrive articoli per le riviste Down Beat e Playboy.




5 giugno 1944 - Detlef Schönenberg, dai frati alle percussioni

Il 5 giugno 1944 nasce a Bochum, in Germania, il percussionista Detlef Schönenberg. Dal 1956 al 1962 studia e vive presso l'ordine monastico dei Frati Bianchi. A diciott'anni inizia a dedicarsi alle percussioni costruendo strumenti e lavorando a una musica di ricerca. A Parigi, alla fine degli anni Sessanta conosce e collabora con Don Cherry e altri improvvisatori. Nel 1969 entra nel quartetto di Rudiger Carl con il quale registra poi King Alcool. Nel marzo del 1972 con il trombonista e contrabbassi sta Gunther Christmann, forma un duo che a volte diventa un trio per l'immissione di Harald Bojé al sintetizzatore. Schönenberg nella sua carriera incide spesso da solo ma non rinuncia a qualche collaborazione di rilievo, vome quella con il percussionista Michael Jüllich. Come compositore lavora moltissimo per il teatro e per il  balletto.

04 giugno, 2024

4 giugno 2002 – L’underground newyorkese difende la scuola pubblica

Il 4 giugno 2002 gli artisti della scena hip hop newyorchese prendono posizione in difesa della scuola pubblica contro i tagli del budget decisi dal nuovo sindaco della città, Michael Bloomberg. Riuniti nell'Hip-Hop Summit Action Network decidono di fare sul serio. Russell Simmons, nell'inedito ruolo di portavoce invita i cittadini a mobilitarsi: «Qui si vuole investire più nelle prigioni che nelle scuole… Noi ci mobilitiamo perché l’educazione è la nostra priorità». Dopo le parole arrivano i fatti. Alle 14.30 del 4 giugno, un sabato viene indetta la prima manifestazione pubblica di protesta utilizzando il tam tam delle bande giovanili oltre che la diffusione di un documento davanti a tutte le scuole pubbliche. L'invito più originale è quello di Jay-Z, protagonista di un divertente e combattivo spot radiofonico nel quale, con un breve, incisivo e irridente brano, dà a tutti appuntamento nella piazza antistante il Comune di New York (la City Hall) per manifestare il dissenso nei confronti dei tagli. La manifestazione è anche la prima grande prova di forza del neonato Hip-Hop Summit Action Network, che sta discutendo se presentarsi o meno alle imminenti elezioni suppletive di novembre. L'elenco delle adesioni alla manifestazione è lunghissimo e comprende quasi tutti i nomi più prestigiosi della scena alternativa, in particolare dell'underground, del rap e dell'hip hop newyorkese: Ja Rule, Erikah Badu, Alicia Keys, Mos Def, Fat Joe, Wu-Tang Clan, Ashanti, Dead Prez, Nas, the LOX, Charli Baltimore, Lady May, Megahertz, Rah Digga, Rev. Run, Chuck D e Wyclef Jean. La manifestazione non va via liscia. Visto l'incredibile afflusso di dimostranti, ben superiore alle previsioni, la polizia tenta di contenere la folla negli spazi autorizzati non disdegnando di ricorrere alle maniere forti. Indignato, durante la sua esibizione l'ex Fugees Wyclef Jean invita il pubblico a ribellarsi alla compressione delle libertà civili. Per questa dichiarazione viene successivamente arrestato con l'accusa di aver dato il via a una lunga serie di tafferugli tra i giovani di New York e la polizia. Gli incidenti non hanno comunque gravi conseguenze se si eccettua un poliziotto ricoverato per ferite lievi.

03 giugno, 2024

3 giugno 1932 - Dakota Staton, Ms. Soul

Il 3 giugno 1932 nasce a Pittsburgh, in Pennsylvania, la cantante Dakota Staton, che dopo la conversione alla religione musulmana cambierà nome in Aliyah Rabia. In possesso di una buona preparazione tecnica dopo gli studi alla Filion School of Music di Pittsburgh muove i primi passi nell'orchestra del fratello, per poi continuare in proprio, esibendosi in numerosi club in Canada e negli Stati Uniti. Nel 1955 viene votata nel referendum di Down Beat come la migliore tra le promesse di quell'anno. Sul finire degli anni Cinquanta ottiene una larga popolarità negli Stati Uniti grazie ad alcune incisioni realizzate sia con George Shearing che a suo nome. Negli anni Sessanta e Settanta registra vari album tra i quali spiccano Ms. Soul, Madame Foo-Foo, I Want a Country Man. Cantante di notevole versatilità, Dakota Staton si muove con uguale disinvoltura sia sul terreno del jazz che su quello della canzone e del rhythm and blues, con uno stile che ha i suoi punti di riferimento da un lato in Dinah Washington e dall'altro in Sarah Vaughan. Muore il 10 aprile 2007


02 giugno, 2024

2 giugno 1981 – Ciao Rino

Il 2 giugno 1981 muore in un incidente d'auto a Roma Rino Gaetano, uno dei più interessanti e originali cantautori italiani. Dotato di un'amara vena satirica e di una rara capacità di sintesi della realtà nasce nel 1950 a Crotone, dove vive fino all'età di dieci anni quando, con la famiglia si trasferisce a Roma. Proprio nella capitale la sua vena creativa attira l'attenzione di alcuni personaggi importanti dell'ambiente discografico, primi fra tutti il produttore Sergio Bardotti e Vincenzo Micocci, proprietario dell'etichetta IT. Proprio per quest'ultima pubblica con lo pseudonimo di Cammamouris il suo primo singolo I love you, Marianna, una sorta di presa in giro della discomusic che gioca sull'assonanza "Marianna-marijuana". Di ben diverso spessore è il successivo, pubblicato con il suo vero nome, Il cielo è sempre più blu, una sarcastica presa in giro di vari aspetti della società italiana dell'epoca. Nel 1975 realizza il suo primo album Mio fratello è figlio unico che raccoglie una serie di brani composti negli anni precedenti. Nonostante l'inevitabile frammentarietà dell'insieme, il disco mette in evidenza una straordinaria ricchezza di spunti e affascina una larga parte di critica. Negli anni successivi s'impone come uno dei più originali cantautori del periodo con brani surreali come Aida, un vero e proprio affresco storico dell'Italia del novecento e Nuntereggaepiù. Nel 1978 viene scoperto dal grande pubblico grazie al terzo posto conquistato al Festival di Sanremo con la canzone Gianna che si piazza anche ai primi posti della classifica delle vendite. La fine degli anni Settanta segna anche una svolta nello stile. Il suo lavoro acquista maggior spessore con album come Resta, vile maschio, dove vai? e, soprattutto, lo splendido E io ci sto, nei quali la sua vena satirica sembra essere sempre più influenzata da un maggior impegno sociale, ma anche da un crescente pessimismo politico di fondo. Si percepisce una voglia di cambiamento, ancora non del tutto espressa, che lo spinge a tentare nuove strade, come un tour insieme a Riccardo Cocciante e i New Perigeo. La sua morte lascia per sempre senza risposta gli interrogativi sullo sbocco della sua evoluzione. Riscoperto alla fine degli anni Ottanta diventerà un punto di riferimento per i nuovi gruppi della scena rock italiana.

01 giugno, 2024

1° giugno 2009 - L’Air France 447 scompare nell’oceano

Lunedì 1° giugno 2009 il volo Air France 447 scompare nel nulla. L’aereo, un vettore di linea internazionale in servizio dall'aeroporto Galeão di Rio de Janeiro all'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi durante il volo si perde senza lasciare traccia sopra l'oceano Atlantico. È un Airbus A330-200 della compagnia aerea Air France, registrato con la sigla F-GZCP, con 216 passeggeri e 12 membri dell'equipaggio a bordo. Il 2 giugno i mezzi di comunicazione danno notizia che le squadre di ricerca avrebbero ritrovato di alcuni resti. In realtà il materiale rinvenuto non ha alcuna attinenza con l'aereo scomparso. Successivamente verranno recuperati 51 corpi e alcuni rottami galleggianti. Le ricerche si concludono ufficialmente il 27 giugno 2009.

31 maggio, 2024

31 maggio 1969 – Un letto, alcuni amici e una canzone che resterà nella storia


Il 31 maggio 1969 John Lennon e la sua compagna Yoko Ono sono impegnati nell'ennesimo "bed-in" per protestare contro la guerra nel Vietnam. Cosa sono i "bed-in"? Nell'impostazione di Lennon rappresentano una sorta di "pacifismo integrale". In genere funziona così: lui e la sua compagna si rinchiudono in una stanza d'albergo e stanno a letto per tutta la durata del "bed-in". Non è, ovviamente, un fatto privato, ma pubblico in cui non c'è niente di ozioso. John Lennon e Yoko convocano conferenze stampa, diffondono documenti, tengono riunioni, incontrano amici e giornalisti, con il solo limite di… non scendere mai dal letto. Nonostante gli scetticismi questo modo di manifestare per la pace e per il ritiro delle truppe statunitensi dal Vietnam ha una sua peculiare efficacia. Non può essere esteso perché non tutti sono in grado di attirare l'attenzione dei media come un componente dei Beatles, ma in questo caso funziona. Il 31 maggio 1969 i due sono rinchiusi da qualche giorno nella camera 1742 dell’Hotel La Reine di Montreal, in Canada. Il programma della giornata prevede la consueta conferenza stampa e vari incontri con alcuni esponenti dei movimenti pacifisti statunitensi e canadesi. Nonostante gli impegni John Lennon ha cercato di lasciare un'oretta libera, totalmente a sua disposizione. Vuole verificare la fattibilità di un'idea che gli frulla da qualche tempo nella testa. Convoca alcuni amici e fa portare nella camera un normalissimo registratore portatile. Uno dopo l'altro arrivano Tommy Smothers, Petula Clark, Timothy Leary e Allen Ginsberg. A tutti John consegna un foglio sul quale ha scritto alcuni versi di una canzone da lui composta. Impugna quindi la chitarra e con calma ne fa ascoltare la musica. Per fissare meglio l'andamento della melodia, che sembra un po' ostico a Leary e Ginsberg, canticchia il motivo scandendo bene le parole. Spiega poi a tutti che è sua intenzione registrare la canzone seduta stante con la loro collaborazione diretta. Ciascuno, oltre a cantare a squarciagola sul ritornello, può scandire il tempo con il battito della mani, con un tamburello o anche picchiando con le nocche su una sedia. Quando tutti sono pronti accende il registratore e lascia sul nastro una canzone destinata a restare nella storia della musica e a diventare uno degli inni della lotta per la pace: Give peace a chance.



30 maggio, 2024

30 maggio 1900 o 1901 – Frank Trumbauer, dalla musica all’aviazione

Il 30 maggio 1900, a Carbondale, nell’Illinois, anche se alcune biografie riportano l’anno 1901, il sassofonista, cantante, compositore e direttore d’orchestra Frank Trumbauer, chiamato anche Frankie. La sua è una famiglia musicale, sua madre è pianista e il fratello trombettista. Frank cresce a St. Louis e impara giovanissimo a suonare il pianoforte, il trombone, il flauto e il violino, prima di dedicarsi definitivamente al C-melody sax, di cui diventa uno dei rari specialisti. Nel 1917 forma una propria orchestra a St. Louis e, dopo un periodo trascorso sotto le armi, entra a far parte del gruppo di Max Goldberg. Successivamente suona nelle formazioni di Ted Jensen, Earl Fuller, Gene Rodemich e Joe Kayser. Trasferitosi a Chicago, tra il 1922 e il 1924 suona con la Benson Orchestra e con Ray Miller. Viene quindi scritturato dall'impresario Jean Goldkette che nel 1925 gli affida la direzione di una delle sue formazioni all'Arcadia Ballroom di St. Louis. Resta nelle formazioni di Jean Goldkette fino al 1927. In quel periodo inizia il suo sodalizio con Bix Beiderbecke. Scioltasi l'orchestra di Goldkette, entrambi passano prima in quella di Adrian Rollini e poi in quella di Paul Whiteman. Bix lascia Whiteman nel 1929 mentre Trumbauer ci resta fino al 1933, salvo un breve periodo in cui dirige una propria orchestra. Dal 1934 al 1936 continua a collaborare con Whiteman, per conto del quale dirige i Three T con Jack e Charlie Teagarden. Si trasferisce quindi sulla costa occidentale dove fno al 1938 è a capo, con il trombettista Manny Klein, di una grande formazione. Dopo una breve permanenza nell'orchestra di George Stoll, dà vita a una sua orchestra. Nel marzo del 1939 lascia l'attività musicale per assumere l'incarico di ispettore dell'Aeronautica Civile a Kansas City. Partecipa alla seconda guerra mondiale come pilota collaudatore e solo nel 1945 sceglie di nuovo la musica come sua principale attività lavorando prevalentemente in studio con i complessi di Russ Case e di Raymond Page. Nel 1947 se ne va a Santa Monica e sceglie poi di lavorare alle dipendenze dell'Aeronautica Civile di Kansas City. Negli anni successivi fa solo apparizioni occasionali sulle scene musicali. Muore per un collasso nell'atrio del St. Mary's Hospital di Kansas City, nel Missouri, l’11 giugno 1956.

29 maggio, 2024

29 maggio 1949 - Bruno Biriaco, una batteria al servizio della musica italiana

Il 29 maggio 1949 nasce a Roma il batterista, arrangiatore, compositore e capo orchestra Bruno Biriaco. A diciassette anni debutta in un concerto jazz alla Radio italiana accompagnando il pianista inglese John Kaufman e l'anno dopo si presenta al Folk Studio di Roma con il trio di Guido Saval. Da quel momento viene chiamato a collaborare con alcuni dei migliori gruppi italiani: come percussionista nella Swingin Dance Band, l'orchestra che il trombonista Marcello Rosa presentava ogni lunedì sera al Piper di Roma tra la fine del 1967 e i primi del 1968, e come batterista nelle formazioni di Mario Schiano, Giancarlo Schiaffini, Gianni Basso, Oscar Valdambrini, Cicci Santucci, Enzo Scoppa e Nunzio Rotondo (con il quale partecipa anche ai festival di Pescara e di Bergamo). Dal 1972 fa parte per cinque anni del Perigeo un gruppo formato da Claudio Fasoli ai sassofoni, Franco D'Andrea al piano, Giovanni Tommaso al basso e Tony Sidney alla chitarra. Con i Perigeo incide cinque dischi per la RCA, partecipa al Jazz Jamboree di Varsavia, nel 1973 e nel 1975, dopo aver suonato per due settimane al Ronnie Scott di Londra, partecipa alla tournée europea degli Wheater Report. Nello stesso anno si esibisce, sempre con il Perigeo, al festival di Montreux e nel 1976 effettua una tournée negli Stati Uniti e in Canada, dove registra l'edizione americana dell'ultimo album edito con il titolo di Fatamorgana. Più o meno contemporaneamente alla già intensa attività svolta con il gruppo del Perigeo, Biriaco viene spesso chiamato ad accompagnare i musicisti stranieri di passaggio in Italia, suona così con Chet Baker, George Coleman, Slide Hampton e con Frank Rosolino e Johnny Griffin incide anche dei dischi per la Horo. Sciolto il Perigeo nel 1977, approfondisce gli studi di composizione e prepara gli arrangiamenti per un proprio gruppo che fa leva su una intera sezione di sassofoni, i Saxes Machine. Questa formazione debutta nel gennaio del 1978 al St. Louis Club di Roma e poco dopo partecipa al festival del Jazz di Middelheim ad Anversa in Belgio in rappresentanza della 1a Rete radiofonica della Rai e l'anno successivo viene invitata al Jazz Jamboree di Varsavia. Sempre contemporaneamente all'attività di leader, arrangiatore e batterista dei Saxes Machine, Biriaco partecipa anche ad altri gruppi. Con il trio del pianista Franco D'Andrea incide anche un disco registrato dal vivo in occasione della partecipazione del gruppo al festival del jazz di Varsavia nel 1978 e svolge una intensa attività didattica; appare più volte in televisione e dà concerti radiofonici. Nel 1980 con la propria formazione, nell'ambito degli scambi intercorsi fra la 1a Rete radiofonica della Rai e la Radio danese, dà una serie di concerti a Copenaghen, e si esibisce successivamente al festival internazionale della musica di Cartagine in Tunisia. Bruno Biriaco è uno dei pochi batteristi italiani che riesce al tempo stesso a essere leader e arrangiatore, funzione che nasce da una buona formazione musicale.


28 maggio, 2024

28 maggio 1738 – L’inventore della ghigliottina

Il 28 maggio 1738 nasce a Saintes Joseph il medico francese Ignace Guillotin, artefice della ghigliottina. Negli anni dell’adolescenza sembrava destinato a seguire la vocazione sacerdotale, ma ben presto, dopo essere entrato come novizio nei gesuiti, si accorse che non era quella la strada per lui. Divenuto professore a Bordeaux, lasciò la Compagnia intenzionato a dedicarsi alla medicina. Nel 1789, allo scoppio della Rivoluzione Francese subì il fascino delle nuove idee di Libertà, Uguaglianza e Fraternità, e visse da protagonista il turbine della Rivoluzione tanto da essere eletto deputato del Terzo Stato per Parigi all’Assemblea degli Stati Generali. Fin dal primo momento la sua attività legislativa e i suoi interessi si indirizzarono quasi esclusivamente verso la riforma del sistema penale, che riteneva dovesse essere basata sull’uguaglianza e sull’umanità delle pene, con la contestuale abolizione di quelle più infamanti e offensive. Proprio nel quadro di questo impegno iniziò a formarsi in lui l’idea che anche la pena capitale fosse da rivedere. Non pensava alla sua abolizione, ma a metodi più ‘umani. Fino a quel momento, infatti, le condanne a morte in Francia venivano eseguite o con l’impiccagione o con la decapitazione manuale. Guillotin riteneva che entrambi i metodi fossero particolarmente crudeli per il rischio di provocare inutili sofferenze al condannato. Si interessò così a una sorta di macchina per esecuzioni citata in un libro anonimo dal titolo Voyage historique et politique de Suisse, d’Italie et d’Allemagne, in cui si parlava di un’esecuzione capitale avvenuta a Milano nel 1730 e si descriveva un marchingegno in grado di decapitare il condannato in modo rapido e senza rischio d’errore. Non era il primo esempio di un sistema per la decapitazione automatica. Macchine di diversa foggia e di alterna efficacia erano state usate in varie parti d’Europa anche nei secoli precedenti. Una di queste è descritta in una cronaca di Jean d’Auton che parla della decapitazione dell’agitatore Demetrio Giustiniani, avvenuta a Genova nel 1507. Nei secoli XVI e XVII macchine di questo tipo erano utilizzate in Scozia, dove il marchingegno veniva chiamato The maiden e in Germania dove erano diffusi sistemi meccanici per la decapitazione che andavano sotto il nome di Diole o di Hobel. Attingendo a queste fonti Guillotin propose per la prima volta all’Assemblea Costituente il 10 ottobre 1789 l’unificazione su tutto il territorio nazionale dei sistemi per eseguire le condanne capitali e la contemporanea introduzione dell’uso di una macchina per rendere istantanea e meno dolorosa la morte. Superati i primi ostacoli procedurali la proposta venne definitivamente precisata e accolta il 1° dicembre 1789. In essa era contenuta la definizione dettagliata di una macchina per decapitare consistente in due travi scanalate, unite in cima da una terza trasversale alla quale fosse assicurato un pesante coltello triangolare, in grado di scorrere rapidamente nelle scanalature e di troncare con rapidità e “senza ulteriori offese” il collo del condannato “preso tra due assi”. Prima della sua introduzione definitiva dovevano, però, passare altri tre anni. La prima delibera in merito venne adottata il 3 giugno 1791, la seconda il 20 marzo 1792, corredata da un parere dell’illustre chirurgo Antonine Louis, di Metz, segretario principale dell’Académie de Chirurgie. Proprio dal suo nome lo strumento verrà inizialmente chiamato “Louison” e poi femminilizzato in “Louisette”. Per costruire la macchina seguendo le indicazioni progettuali di Guillotin venne interessato il falegname Guédon, fornitore ufficiale delle forche utilizzate sino a quel momento. Il suo preventivo di 5660 livres per ciascun modello apparve eccessivo e si preferì bandire un asta pubblica. Dopo lunghe trattative l’offerta più conveniente fu quella del tedesco Tobias Schmidt, conosciuto per la sua rinomata fabbrica di clavicembali, che si disse disposto a fabbricare le macchine al prezzo di 329 franchi l’una. Il frutto di questa commistione tra progettazione francese e tecnologia tedesca debuttò in pubblico, dopo alcune prove su animali e cadaveri, per la prima volta il 25 aprile 1792. Le cronache narrano che il primo condannato a morte decapitato meccanicamente fu un grassatore di nome Nicolas-Jacques Pelletier. L’esperimento ebbe successo e la macchina iniziò a funzionare con regolarità. I primi condannati politici ghigliottinati furono L.D. Collonet d’Aigremont, decapitato il 21 agosto 1792, seguito il 24 agosto dall’intendente della lista civile La Porte e, il 25 agosto, dal redattore della Gazette de Paris Farmain de Rosoi. Il nome dello strumento divenne definitivamente “Ghigliottina” dopo la pubblicazione, da parte del foglio realista Les Actes des Apôtres di una canzonetta satirica che ironizzava sui meriti del “cittadino” Guillotin. Proprio quest’ultimo, divenuto segretario della Costituente, rischiò essere sottoposto a una personale esperienza della macchina da lui inventata. Arrestato come sospetto durante il periodo Terrore, venne poi salvato dallo scoppio della reazione termidoriana e morì di morte naturale a Parigi il 26 marzo 1814. In molti si sperimentarono nel miglioramento della funzionalità della ghigliottina, compresa la sua più illustre vittima, il re Luigi XVI, che si era occupato personalmente di perfezionarla e i cui disegni si conservano ancora all’Archivio Nazionale di Parigi.

27 maggio, 2024

27 maggio 1936 – Rufus Speedy Jones, batterista raffinato

Il 27 maggio 1936 nasce a Charleston, nel South Carolina, il batterista Rufus Jones, conosciuto dagli appassionati di jazz come Speedy Jones. Il suo incontro con la musica avviene durante gli anni della scuola elementare dove impara a suonare la tromba ed entra a far parte della banda scolastica. Alla batteria arriva intorno ai tredici anni e si fa subito notare. La sua prima scrittura arriva da un’orchestra diretta da Brant Bassell. Dopo aver suonato per diverso tempo nella area della Florida, nel 1958 si trasferisce a New York per entrare a far parte del gruppo di Lionel Hampton. L'anno dopo suona in una formazione diretta da Red Allen e successivamente in quella del clarinettista Solomon Yaged. Dal 1959 al 1963 è con Maynard Ferguson e, dopo una breve esperienza in proprio entra a far parte della grande orchestra di Count Basie con il quale rimane fino al 1966. Successivamente viene ingaggiato da Duke Ellington. Dopo il periodo trascorso con il Duca, Speedy suona con vari gruppi, compresa l'orchestra di fossa dell'Apollo Theatre, diretta da Reuben Phillips. Nel 1968 torna con Ellington e ci resta per un lungo periodo. Dotato di tecnica molto raffinata pur non potendo essere considerato un caposcuola, si è dimostrato un eccellente batterista di frontiera tra tradizione e jazz moderno, particolarmente efficace nell'accompagnamento delle grandi formazioni.



26 maggio, 2024

26 maggio 2006 - Desmond Dekker, il profeta del reggae

Il 26 maggio 2006 muore Desmond Dekker, l'uomo che per primo ha fatto conoscere il reggae al mondo. Dekker, che si chiama in realtà Desmond Adolphus Dacres nasce a Kingston, in Giamaica, dove è popolarissimo più per essere stato tra i protagonisti della serie televisiva "Action" che per le sue qualità canore anche se i suoi primi passi come cantante risalgono ai primi anni di vita quando canta nel coro della chiesa del suo quartiere. Il destino lo fa incontrare con Bob Marley nel 1962, quando entrambi lavorano come saldatori con tanti sogni musicali in testa. Secondo la leggenda sarebbe stato proprio lui a incoraggiare Marley a scrivere le sue prime canzoni. A partire dal 1963 pubblica vari singoli di buon successo e soprattutto King of ska che ne fa un po’ un idolo dei Rude Boys, gli equivalenti giamaicani dei Teddy Boys statunitensi. Quando la sua isola comincia a stargli un po’ stretta se ne va in Gran Bretagna per cercare fortuna. Qui sbarca il lunario con gli Aces, il suo gruppo, suonando alle feste degli immigrati giamaicani e pubblicando qualche disco destinato ai suoi conterranei. Il successo di Israelites gli cambierà la vita. Poco tempo dopo essere arrivato al vertice delle classifiche britanniche il singolo farà lo stesso negli Stati Uniti facendo di Desmond Dekker il primo artista giamaicano al vertice della classifica dei dischi più venduti negli States. Il successo di questo brano finirà per diventare la sua maledizione. La carriera di Desmond Dekker, infatti, continuerà tra pochi alti e molti bassi. Pubblicherà vari brani, tra i quali lo splendido You can get it if you really want it, ma il suo nome resterà per sempre legato a Israelites che tornerà di nuovo a scalare le classifiche dei dischi più venduti nel 1975 e ancora nel 1980, quando il cantante dopo aver firmato un nuovo contratto per la Stiff ne realizzerà una nuova versione per l’album Black and Dekker. L'etichetta di "inventore del reggae" lo perseguiterà finendo per trasformarsi più in un peso che in un valore aggiunto. Desmond Dekker farà buon viso a cattivo gioco e alla fine si abituerà a questa sorta di condanna. Dopo l'esplosione del fenomeno Bob Marley, continuerà a spremere fino all’ultima goccia proprio il boom del reggae per galleggiare ancora un po’ nel cielo più alto della musica pop internazionale. Abbastanza impermeabile alle innovazioni e restìo a dare troppo spazio alle contaminazioni con nuove chiavi ritmiche resterà sulla breccia fino all’ultimo. Se ne va per sempre il 26 maggio 2006, ucciso da un infarto che lo coglie a casa sua, nel sobborgo di Surrey dove viveva. Ha sessantaquattro anni e soltanto un mese prima ha tenuto un concerto a Roma.



25 maggio, 2024

25 maggio 1968 – Orrore! Al Brancaccio c'è un tale che si chiama Jimi Hendrix

Il 25 maggio 1968 il Teatro Brancaccio di Roma ha in cartellone un concerto di Jimi Hendrix. È il secondo e ultimo della breve permanenza romana del chitarrista la cui popolarità si sta diffondendo anche in Italia dopo il successo ottenuto al Festival di Monterey. Nonostante la buona campagna promozionale i giovani della capitale non fanno la fila per essere presenti all’appuntamento ed Hendrix si esibisce in un teatro che presenta numerosi posti vuoti. Non si tratta di disinteresse. I prezzi dei biglietti sono troppo alti per le tasche del pubblico giovanile, l'unico consumatore di questo tipo di musica e un destino analogo tocca anche ai Soft Machine, ai Pink Floyd, a Donovan e Julie Driscoll. Nemmeno il tour degli Who raccoglie i risultati sperati in termini d'incasso, nonostante l'affollamento di ragazzi fuori dai luoghi dove si svolgono i concerti. Qualche tempo dopo il problema del costo dei biglietti ai concerti, legato a quello della reale fruibilità della musica da parte dei giovani, diventerà esplosivo e provocherà grandi mobilitazioni di massa. Nonostante la non entusiasmante partecipazione di pubblico l'esibizione di Hendrix al Brancaccio è all'altezza della fama del chitarrista. Sugli spettatori si riversano le note acide della sua chitarra, ricche di distorsioni armoniche e di suoni elettronici puri, su un tessuto ritmico solido e aggressivo. Un'ovazione accoglie le note di Hey Joe, il brano del suo repertorio più conosciuto dal pubblico italiano, mentre il chitarrista canta con un accento americano molto marcato mangiandosi le parole del testo. Il risultato è una cadenza suggestiva e allucinata che contribuisce all'espressività dell'esibizione. Nei giorni successivi una parte dei critici italiani ignorerà l'evento, ma non mancheranno i commenti entusiastici. Tra tutti, però, quello che passerà alla storia sarà il giudizio dell'inviato del "Messaggero” di Roma, presentatosi all'appuntamento senza conoscere niente dell'artista. Alcune righe del suo articolo gli regaleranno l'immortalità tanto da essere ancora oggi citate come uno dei più clamorosi infortuni del giornalismo musicale italiano. Sono quelle in cui, volendo forse sintetizzare le sensazioni provate, così descrive l'esibizione del chitarrista: «Orrore al Brancaccio... la bruttezza di Jimi Hendrix è tale da superare i comuni concetti estetici».