13 settembre, 2024

13 settembre 1997 – Georges Guétary, il re dell’operetta francese


Il 13 settembre 1997 a Mougins, nelle Alpi Marittime, una crisi cardiaca spegne per sempre la voce e la vita del re dell’operetta francese. All’epoca in cui inizia a cantare quelli come lui vengono ancora chiamati “tenorini” con un termine italiano che per secoli è stato utilizzato così, senza traduzione, in tutto il mondo. Poco considerati dai puristi e dagli appassionati di lirica nei primi anni del Novecento erano destinati, se bravi, a diventare protagonisti sui palcoscenici dell’operetta considerati una sorta di paradiso minore dai conservatori. In realtà proprio su quelle scene si stavano mettendo le basi alle moderne commedie musicali, quelle che gli anglosassoni chiamano musicals, cioè a una forma di mescola tra musica, spettacolo, teatro e canzone destinata a rifulgere di gloria internazionale dalla seconda metà del Novecento in poi. L’immigrato greco-egiziano Guétary frutto, come Georges Moustaki, di una delle tante migrazioni interne all’Impero Ottomano, oltre alla voce da “tenorino” ha anche un talento quasi istintivo nel canto a “mezza voce”, un altro termine universale di origine italiana che definisce la capacità di emissione smorzata del suono. Per evitare, però, il rischio che le descrizioni tecniche troppo insistite finiscano per mettere un po’ in ombra la sostanza delle qualità del personaggio, è necessario ricordare che, grazie alle sue particolari qualità vocali e a una presenza scenica che si è alimentata allo charme da tombeur de femmes, Georges Guétary per più di sessant’anni ha saputo rappresentare il punto di contatto tra gli chansonniers e la tradizione. Interprete di grande fascino, nel corso della sua carriera è riuscito a passare con disinvoltura da Trenet a Offenbach, da Aznavour a Brahms, a Granados, unificando nella sua interpretazione culture musicali diverse in un mélange di grande suggestione nel quale le differenze hanno finito per trasformarsi in una ricchezza e non in una barriera. Il futuro Georges Guétary nasce ad Alessandria d’Egitto l’8 febbraio 1915 con il nome di Lambros Worloou. I suoi genitori appartengono alla numerosa colonia di greci trasferitisi nella grande città egiziana nel periodo in cui gran parte delle aree mediorientali e del nordafrica è sotto il dominio dell’Impero Ottomano. Il loro sogno è quello di vedere il piccolo Lambros diventare un pezzo grosso dell’economia. Per questa ragione nel 1937, quando ha diciassette anni, lo spediscono in Francia con i soldi necessari a completare gli studi in materia di commercio internazionale. Per evitare che si senta troppo solo e per ogni altra necessità gli consigliano di prendere contatto con uno zio che si chiama Tasso Janopoulo che di mestiere fa il pianista nelle sale da concerto e in quel periodo è l’accompagnatore fisso di Jacques Thibaud, uno dei più popolari virtuosi del violino dell’epoca. L’incontro con lo zio finisce per cambiare la sua vita. Grazie a lui, infatti, il giovane Lambros entra in contatto con il mondo dello spettacolo della capitale e inizia a diventare una presenza fissa nei locali in cui i musicisti si ritrovano a notte fonda quando hanno finito di suonare. Proprio in uno di questi incontri un giorno, un po’ per gioco e un po’ per curiosità, si ritrova in piedi accanto al pianoforte a cantare una melodia tradizionale greca accompagnato dall’illustre parente. Tra i musicisti che l’ascoltano c’è la cantante lirica Ninon Vallin che resta colpita dall’esibizione: «Ragazzo mio, tu hai del talento. Dovresti coltivarlo invece di perdere tempo sui libri di una materia di cui non t’interessa niente…». Anche Jacques Thibaud si unisce all’invito e il ragazzo molla gli studi di commercio internazionale, che già frequentava con una certa fatica, e si dedica anima e corpo alla musica. Oltre ai corsi di canto tenuti dalla sua prima sostenitrice Ninon Vallin, prende lezioni d’armonia, solfeggio e pianoforte nella scuola Cortot-Thibaud e frequenta anche i corsi d’arte drammatica di René Simon. Nel 1938, quando non è ancora passato un anno dal suo arrivo a Parigi, è già stato scritturato come cantante dall’orchestra di Jo Buoillon. Qualche mese dopo, notato da Henri Varna, direttore del Casino de Paris, diventa uno dei boys della mitica Mistinguett. Quando la strada verso una carriera luminosa sembra ormai spianata arriva la guerra con l’occupazione nazista della Francia. Lambros, straniero e tutt’altro che bendisposto verso gli occupanti, abbandona precipitosamente Parigi e si rifugia nella zona di Tolosa dove lavora in un ristorante. Le sorprese non sono però finite. Proprio nel locale in cui lavora incontra il fisarmonicista Fredo Gardoni che gli chiede di unirsi a lui come cantante e gli fa incidere il primo disco della sua carriera. Per evitare storie con poliziotti e spioni gli chiede di scegliere un nome d’arte. Lambros diventa così Georges e il cognome Worloou viene sostituito da Guétary, il nome d’un paese basco. In quegli anni difficili lavoricchia nell’operetta e, soprattutto, conosce il compositore Francis Lopez destinato a diventare l’uomo chiave per la sua scalata al successo. Proprio lui, infatti scrive nel 1943 i brani Caballero e Robin de Bois che regalano a Guétary il primo grande successo. Dopo la Liberazione la sua popolarità si allarga al di là dei confini francesi. Le sue esibizioni entusiasmano il pubblico dei teatri di Londra e Broadway e attirano l’attenzione dei produttori cinematografici che nel 1945 gli affidano il ruolo del protagonista in “Le cavalier noir” un film ricco di canzoni composte dal suo amico Francis Lopez che ottiene un successo strepitoso. All’inizio degli anni Cinquanta Gene Kelly lo vuole con lui nella versione cinematografica del musical “Un americano a Parigi” di Vincente Minnelli premiata con sei Oscar. Georges Guétary è ormai una stella internazionale quando Maurice Lehmann lo convince a tornare in Francia per interpretare il protagonista nell’operetta “Pour Don Carlos” scritta quasi appositamente per lui dal suo amico Francis Lopez. Lo spettacolo, rappresentato per la prima volta il 17 dicembre 1950 al Théâtre de Châtelet, totalizza ben quattrocentoventi repliche. Il successo di “Pour Don Carlos” fa di Georges Guétary l’indiscusso re dell’operetta francese. Due anni dopo si ripete con “La route fleurie”, un altro lavoro con le musiche di Francis Lopez che viene rappresentato per la prima volta all’ABC il 19 dicembre 1952 e resta in cartellone per ben quattro anni. Alla fine degli anni Cinquanta chiude provvisoriamente la collaborazione con Francis Lopez e mette la sua popolarità al servizio di lavori decisamente più sperimentali dei precedenti come “La polka des lampions” di Gérard Calvi del 1961 e “Monsieur Carnaval” di Charles Aznavour nel 1965. Proprio queste due opere in particolare sembrano delineare una nuova strada per quella che alcuni critici cominciano a chiamare “commedia musicale alla francese”. Dopo “Monsieur Pompadour” del 1971 Georges Guétary pensa sia venuto il tempo di adeguare repertorio e ruoli alla sua età. Non è più un ragazzino e si sente un po’ ridicolo nel ruolo del dinamico e giovane conquistatore di ragazze che, in qualche caso, hanno la metà dei suoi anni. Il pubblico, però, sembra non gradire questa svolta e nel 1974 boccia clamorosamente “Les aventures de Tom Jones”. Per scoraggiare un tipo come Guétary ci vuole ben altro. Alla fine degli anni Settanta chiama di nuovo al suo fianco quel Francis Lopez che è stato l’artefice dei suoi primi successi e nel 1981 mette in scena “Aventure à Monte-Carlo”, la prima di quattro creazioni che caratterizzeranno la carriera di Georges Guétary negli anni Ottanta. A partire dalla fine degli anni Cinquanta la sua teatrale si alterna con tour musicali con la conduzione di alcuni programmi televisivi di successo. Nel 1996, a ottantun anni suonati, stupisce tutti presentando un recital di canzoni di un’ora e mezza al Bobino accompagnato dai Paradisio, un gruppo di giovani musicisti. Secondo le sue intenzioni, nell’autunno del 1997 lo spettacolo dovrebbe lasciare Parigi per una lunga serie di concerti in tutto il territorio francese. Non sarà così perchè la morte chiude la sua carriera.



12 settembre, 2024

12 settembre 1943 - Maria Muldaur, l'italiana del Village

Il 12 settembre 1943 nasce in Greenwich Village, New York, Maria Muldaur, una delle voci bianche femminili più significative del folk blues degli anni Sessanta e Settanta. La ragazza è figlia di italiani. All'anagrafe, infatti, è registrata con il lunghissimo nome di Maria Grazia Rosa Domenica D'Amato. Fin dai primi anni di vita respira l'atmosfera febbrile e creativa dei locali del Village dove si mescolano folk, blues e rock and roll. È ancora adolescente quando presta la sua voce al gruppo folk della Even Dozen Jug Band, di cui fanno parte John Sebastian, Steve Katz, Joshua Rifkin e Stefan Grossman. Non ci resta per molto perché sul suo cammino incontra la Jim Kweskin Jug Band che ha come chitarrista e cantante Geoff Muldaur, un tipo piuttosto famoso nell'ambiente che ha pubblicato il primo album quando lei aveva dieci anni. L'incontro segna una svolta nel suo destino. Si innamora di Geoff, lo sposa e gli ruba il cognome diventando per sempre Maria Muldaur. Per qualche tempo si fa ingaggiare dalla band di Kweskin, ma poi convince anche il suo fedele compagno a percorrere altre strade. Insieme formano il duo Geoff e Maria Muldaur che ottiene un buon successo all'inizio degli anni Settanta con gli album Pottery pie e Sweet potatoes, ma la ragazza ha altro per la testa. Ben presto scioglie la ditta e debutta in proprio con l'album Mud acres. Le strade dei due si dividono. Con Paul Butterfield, Mike Bloomfield e Nick Gravenites Maria lavora alla colonna sonora del film "Una squillo per quattro svitati" con Jane Fonda e Donald Sutherland e nel 1973 entusiasma pubblico e critica con l'album Maria Muldaur e con il singolo Midnight at the oasis. Da quel momento la sua strada è in discesa. Poco interessata al successo commerciale, continuerà a produrre album di qualità come Waitress in a donut shop, Sweet harmony, Open your eyes, Gospel nights, Sweet and low, On the sunny side e lo splendido Live in London.

11 settembre, 2024

11 settembre 1973 – Inizia il “tour senza fine” degli Inti Illimani

L’11 settembre 1973 un colpo di stato militare chiude in Cile la breve parentesi del governo di Unidad Popular. Gli Inti Illimani, che in quel periodo sono impegnati in un tour europeo, ricevono notizie agghiaccianti. Le televisioni, le radio e i giornali di tutto il mondo raccontano di migliaia di persone rastrellate e ammassate negli stadi trasformati in immensi campi di concentramento. Arrivano anche le prime voci di torture e uccisioni da parte della polizia militare e degli “squadroni della morte”, gruppi paramilitari di estrema destra formati da veri e propri killer che agiscono al di fuori di qualunque regola. Il Presidente legittimo del Cile, Salvador Allende, è stato ucciso nel palazzo presidenziale della Moneda a Santiago. Il generale Augusto Pinochet, che ha assunto il potere dopo il colpo di stato, sospende le libertà costituzionali. Gli Inti Illimani scoprono di essere stati inseriti nelle liste di proscrizione compilate dal nuovo regime. In più le autorità militari hanno disposto anche il sequestro del loro più recente album Canto de pueblos andinos, che per molti anni rimarrà l’ultimo disco non clandestino pubblicato nel loro paese natale. Si rendono conto di non poter più rientrare in patria. Sono esiliati. È l’inizio di quello che qualche tempo dopo definiranno un “tour senza fine”, una diaspora destinata a durare più di quindici anni.





10 settembre, 2024

10 settembre 1977 – Le Emotions smentiscono i profeti di sventura

Contrariamente alle previsioni di chi le aveva giudicate una sorta di “tardivo fulmine estivo” il 10 settembre 1977 le Emotions sono per la terza settimana consecutiva al vertice delle classifiche statunitensi dei dischi più venduti con il loro brano Best of my love. Si tratta di una bella soddisfazione per Jeanette, Wanda e Sheila le tre componenti del gruppo nato più di dieci anni prima a Chicago. All’inizio della carriera le ragazze si chiamano The Hutchinson Sunbeams e accompagnano Mahalia Jackson quando nel 1968 vengono scritturate dalla Stax. Proprio la leggendaria etichetta cambia loro il nome e pubblica il primo album The Emotions, prodotto da Isaac Hayes e David Porter. Fino al 1975, anno di chiusura della Stax, le ragazze pubblicano vari album tra cui spiccano So I can love you, Songs of love, Untouched e Chronicle. Dopo la fine dell’etichetta in molti le danno ormai per spacciate. Tra i molti non c’è Maurice White, il leader degli Earth, Wind and Fire che nel 1976 porta le Emotions alla CBS e le produce nell'album Flowers, registrato insieme agli stessi Earth, Wind and Fire. Alla faccia dei profeti di sventura, nel 1977 arrivano al vertice delle classifiche statunitensi e britanniche proprio con il singolo Best of my love e con gli album Rejoice e Sunshine, il primo dei quali prodotto ancora da White. L’anno dopo insieme agli Earth, Wind and Fire registrano Boogie Wonderland, che diventa uno dei classici della disco music e che segna il punto di successo più alto raggiunto dal trio.


09 settembre, 2024

9 settembre 1954 – Nasce la Thunderbird

Il 9 settembre 1954 la Ford presenta una nuova vettura. Si chiama “Thunderbird” anche se i giovani la ribattezzano immediatamente “T-bird” e in brevissimo tempo diventa uno dei modelli più venduti della sua classe. La sua storia comincia qualche anno prima quando, all’inizio degli anni Cinquanta i giovani d’oltreoceano si innamorano delle vetture sportive europee da strada basse, compatte e filanti. È una vera e propria passione generazionale che secondo alcuni trova una spiegazione nella “scoperta” dell’Europa da parte di migliaia di giovani in età di leva chiamati a prestare il servizio militare nelle basi statunitensi negli anni dell'immediato dopoguerra. Altri propendono per una spiegazione più tecnica sostenendo che proprio nel dopoguerra le case automobilistiche europee si organizzano meglio e impongono gusti e stile al mercato statunitense. In ogni caso, spiegazioni a parte, resta il fatto che negli anni Cinquanta le giovani generazioni degli Stati Uniti scoprono il gusto per le vetture a due posti di scuola europea. Accade così che il mercato USA inizi a premiare le marche europee, in particolare i modelli sportivi inglesi, MG su tutti, ma anche Triumph, Austin-Healey e Jaguar. La situazione finisce per stimolare l’idea di una risposta americana. Dopo un primo momento di smarrimento la gigantesca macchina produttiva dell’immenso paese si mette al lavoro per adeguare i propri modelli alle nuove esigenze del mercato. La prima vettura aperta a due posti, dal look sportivo con meccanica derivata dalla grande serie è la Nash-Healey del 1952, seguita dalla Kaiser-Darrin e dalla Chevrolet Corvette. È proprio in questo clima che la Ford inventa un marchio destinato a durare per molti anni. Si chiama Thunderbird. Il nome viene preso in prestito dalla mitologia dei nativi (quelli che nei film western si chiamano indiani) dell'Arizona e del New Mexico. Thunderbird (cioè l'uccello del tuono) è la divinità che governa il cielo e il suo batter d'ali crea i venti e il tuono. Il primo modello con questo nome viene disegnato da Franklin Hershey e Bill Boyer della Ford Sport Car, che si ispirano ad alcune creazioni italiane, su una vettura con telaio a longheroni con traverse, un motore V8 da 4,8 litri con una potenza di 193 cv preso in prestito dalla Mercury e un cambio a tre velocità. La Thunderbird, ribattezzata quasi immediatamente "T-Bird" viene presentata al pubblico il 9 settembre 1954 e in brevissimo tempo diventa uno dei modelli più venduti della sua classe. Nel 1956 la vettura non cambia molto, salvo alcune piccole migliorie nella carrozzeria. Cambia invece il motore. L’acquirente può scegliere tra un modello “base” con il solito V8 da 4,8 litri, la cui potenza è aumentata da 193 a 202 cv, e un modello opzionale più potente con un motore V8 da 5,1 litri capace di sviluppare una potenza di 218 cv. Il prezzo base della T-Bird del 1956 è di 3.151 dollari, tanto, forse troppo per una famiglia ma non tantissimo da non consentire a chi ha un sogno di realizzarlo con qualche risparmio in più. Dopo una battuta d’arresto con il modello del 1957 il cui restyling disorganico sconcerta un po’ il pubblico, arriva la Thunderbird 1958, molto diversa dai modelli che l’hanno preceduta, più grande, potente e dalle forme meno arrotondate. Da allora il marchio Thunderbird caratterizzerà per molti anni la produzione Ford di vetture destinate a colpire l’immaginazione di un pubblico appassionato e ampio che va dai giovani californiani amanti delle scivolate sull’onda con la tavola da surf ai Presidenti degli Stati Uniti. Non è un mistero, infatti, che la Thunderbird fosse la passione di John F. Kennedy, che quando venne eletto Presidente degli Stati Uniti, inserì ben cinquanta modelli di T-Bird nella sua parata d'investitura. Si calcola che in mezzo secolo di storia, la Ford abbia venduto circa un milione e duecentomila Thunderbird.


08 settembre, 2024

8 settembre 2001 – RE.SET, il primo festival italiano di dance ed elettronica

L'8 settembre 2001 il Campovolo di Reggio Emilia si trasforma nella capitale europea della musica dance ed elettronica. Nell'area, occupata dalla Festa Nazionale dell'Unità sbarca infatti RE.SET, il primo festival di dance ed elettronica italiana con una succulenta serie di artisti annunciati. L’iniziativa riempie un vuoto. Da tempo, infatti, in molti sottolineavano come alla scena dance ed elettronica italiana mancasse un grande appuntamento live, di ampio respiro, capace di misurarsi con i raduni di massa che costellano il panorama europeo. Dalla fin troppo citata Love Parade di Berlino, che in quell’anno dopo oltre un decennio mobilita oltre un milione di persone ai più modesti (si fa per dire) happening di Parigi con "soltanto" mezzo milione di persone o di Zurigo, che si attesta su trecentomila presenze, l'intera Europa vede lo svolgimento di grandi festival. L'Italia per lungo tempo ha guardato stupita, quasi distratta, ciò che avveniva negli altri paesi, pur con qualche lodevole eccezione. Mancanza d'interesse? Non sembra, visto che le attività nei club italiani e, soprattutto, nei Centri Sociali sono da tempo coronate da successo. A Milano, per esempio, l'attività del venerdì in Pergola è stata particolarmente attiva nei settori nu-jazz e drum'n'bass, mentre alcuni rave organizzati dal Leoncavallo, come quello con Goldie e Storm, hanno attirato migliaia di giovani entusiasti. Sempre per restare in Lombardia come dimenticare lo storico mercoledì dei Magazzini Generali che si ripete ormai da cinque anni? Ma la febbre non è soltanto nordica, visto che Roma dimostra un'effervescenza non inferiore alle altre capitali europee con serate come quella del venerdì all'Agatha, del sabato al Classico Village. Accanto all'ormai storico govedì del Goa, che ha ospitato, tra gli altri, Goldie, Darren Emerson e la Boutique di Fatboy Slim, non mancano nuove iniziative come l'apertura del Blue Cheese, un locale dedicato ai nuovi suoni del breakbeat e del drum'n'bass. Più orientate ai suoni tech-house appaiono, invece, Torino e Bologna, dove il Link resta il faro-guida della scena dance underground non soltanto locale. Insomma, il panorama italiano dell'elettronica mai come in quel periodo appare in forte crescita qualitativa e quantitativa. Per questa ragione l'appuntamento di Reggio Emilia diventa uno di quelli destinati a lasciare un segno. Non è un caso che proprio la cittadina emiliana si sia candidata a diventare, sia pure per un giorno la capitale della dance e dell'elettronica. Sul suo territorio l'anno prima è stata organizzata Clubspotting, una mostra di approfondimento sulla club culture che ha suscitato notevole interesse in tutto il mondo e di cui è prevista nel 2001 la seconda edizione. Sempre a Reggio c'è, poi, il Maffia Music Club, il cui Soundsystem funge da maestro di cerimonia nella lunga, lunghissima giornata del RE.SET. Il programma annunciato promette una rassegna unica nella pur lunga storia di questo genere musicale nel nostro paese. Tra le performance più attese c'è quella dei Transglobal Underground, il system che negli anni precedenti ha avuto nella propria line-up anche Natacha Atlas. Il loro suono capace di ardite contaminazioni tra tribalismo, rap arabo, campionamenti ipnotici e sonorità etniche, resta, a dieci anni dalla nascita dell'ensemble, un costante punto di riferimento per la scena del world groove. Ci sono anche Roni Size & Full Cycle, i quattro ragazzotti di Bristol vincitori di un Mercury Award e considerati tra i maggiori responsabili della diffusione nel mondo del drum’n’bass e i londinesi Pressure Drop con il loro suono radicale e antirazzista. L'orizzonte si allarga ancora con le esplorazioni del francese Frederic Galliano che mescolano musica elettronica, jazz e cultura africana e le tensioni sonore e ritmiche di Howie B. C'è anche Fabio, il dj esponente dell'ala più jazzy e musicale del drum'n'bass cui Matthew Collin ha dedicato un intero capitolo del suo libro "Stati di alterazione" che analizza la club culture inglese. Una sfida al razzismo e a favore dell'integrazione tra culture diverse è anche la presenza di Badmarsh & Shri esponenti di quell'Asian Underground che mescola funk, drum'n'bass, dub, musica indiana, London beat e jazz. Non manca neppure Wookie, considerato l'astro nascente del twostep garage britannico e neppure i suoni malfermi e uggiosi del breackbeat dei Freestylers. Non sono, infine, escluse presenze a sorpresa di artisti non annunciati. Il panorama italiano, oltre che dai Maffia Soundsystem è rappresentato dall'ex Aeroplanitaliani Alessio Bertallot, divenuto una sorta di profeta dell'elettronica che da qualche tempo, consapevole del suo ruolo, alterna evoluzioni ai piatti, rubriche radiofoniche e performance giornalistiche.

07 settembre, 2024

7 settembre 1960 - Carosone si ritira

Il 7 settembre 1960 alla fine della trasmissione televisiva "Serata di gala" Renato Carosone prende il microfono dalle mani della presentatrice Emma Danieli e annuncia la sua decisione di lasciare le scene. Il musicista italiano che ha saputo conquistare il mondo mescolando con intelligenza i nuovi suoni del rock, del jazz, dello swing e del be-bop con quelli della tradizione napoletana chiude la carriera all'apice del successo. La teatralità dell'evento suscita scalpore e illazioni a non finire. Qualche settimanale scandalistico titola con grande risalto: «Carosone si ritira perché ha fatto un voto alla Madonna». In realtà il geniale artista ha intuito che i tempi stanno cambiando. È stato negli Stati Uniti, ha ascoltato i Platters, ha visto all'opera i cantanti di rock and roll, ha annusato l'aria e ha sentito arrivare una grande ondata di cambiamento. Non vuole finire in un angolo a rifare per sempre la caricatura di se stesso. Per questo chiude, perché ha l'intelligenza di capire che un addio al culmine del successo può regalargli l'immortalità artistica. Lo guida, come sempre, l'istinto e la capacità di intuire i gusti del pubblico appresa a quindici anni suonando nell'Opera dei Pupi di Napoli di Don Ciro Perna detto “'o scudiero”. È lui che gli insegna a fornire la colonna sonora alle battaglie dei Paladini contro i Turchi cercando di anticipare le emozioni del pubblico. Lì scopre che la musica è la sua vita. Non lo ferma neppure la guerra, che per lui, impegnato sul fronte somalo, dura pochi mesi. Dopo l'occupazione alleata di Addis Abeba inizia a suonare con un'orchestrina jazz in un club inglese. Torna in Italia nel 1946 «povero come quando sono partito», con in più una moglie e un figlio. Sbarca il lunario come può suonicchiando dovunque lo chiamino. Nel 1949 forma un trio con il chitarrista Peter Van Wood e il batterista Gegè Di Giacomo. Il gruppo unisce i ritmi americani alla canzone napoletana ed entusiasma il pubblico. Il suo primo successo è Maruzzella del 1955, ma il suo periodo migliore nasce dall’incontro con il paroliere Nisa, pseudonimo di Nicola Salerno, padre di Mogol. Dal sodalizio nascono canzoni come Tu vuo' fa' l'americano, O’ sarracino, Caravan petrol e soprattutto Torero, tradotta in dodici lingue e cantata in trentadue versioni soltanto negli Stati Uniti. Dopo il ritiro si dedica alla pittura frequentando regolari corsi presso l'Accademia di Brera a Milano. I colpi di scena non sono, però, finiti. Quindici anni dopo, il 9 agosto 1975, con un concerto alla Bussola di Viareggio, tornerà sui suoi passi e riprenderà a esibirsi in pubblico.


06 settembre, 2024

6 settembre 1974 – Peppino De Luca, compostore, trombonista e qualche volta cantante

Il 6 settembre 1974 muore il trombonista e, qualche volta, cantante Peppino De Luca. Nato a Roma il 5 gennaio 1936 a soli quindici anni debutta nei Traditional Dixielanders con il trombettista Piero Saraceni, il clarinettista Gianni Sanjust, il pianista Gianni Marchetti, il contrabbassista Antonello Branca e il batterista Roberto Trillò. Nel 1954 e nel 1955 Peppino De Luca viene anche chiamato a sostituire in qualche occasione Luciano Fineschi nella Roman New Orleans Jazz Band. Nel 1956 entra stabilmente bel gruppo che, dopo l’arrivo di Carlo Loffredo assume il nome di Seconda Roman New Orleans Jazz Band. In quel periodo la band attraversa un momento di grande successo con festival, tournée in Italia e all'estero, ma Peppino De Luca non rinuncia a esperienze diverse con gruppi come i New Orleans Jazz Senators, il Quintetto Rosa-De Luca, gli Yama Yama Men e tanti altri. Nei primi anni Sessanta Peppino De Luca inizia a comporre musica per la TV e il cinema con registi come Antonello Branca, Carlo Tuzii, Sandro Bolchi, Liliana Cavani, Gianni Serra, Mario Monicelli, Nelo Risi e molti altri. Da trombonista il suo stile viene inizialmente accostato a quello di Kid Ory, anche se successivamente il suo fraseggio si evolve in senso mainstream, avvicinandosi a quello di Vic Dickenson. Indimenticabili sono anche i suoi interventi di canto scat. Quando nel febbraio 1972 gli viene diagnosticato un tumore e asportato un rene non si arrende e continua a suonare fino alla fine.




05 settembre, 2024

5 settembre 1947 - Buddy Miles, la batteria nera del rock blues

Il 5 settembre 1947 nasce a Omaha, in Nebraska, il batterista (e qualche volta cantante) Buddy Miles. La storia musicale di uno dei più grandi batteristi neri di rock blues inizia quando, a quindici anni picchia sui piatti e sui tamburi degli Ink Spots, una band che gli permette di farsi notare. Suona poi con alcuni mostri sacri del rhythm and blues come Wilson Pickett e Otis Redding prima di dar vita agli Electric Flag, la prima delle sue leggendarie band. Del gruppo, che debutta al Festival Pop di Monterey nel 1967 fanno parte, oltre a lui e a una sezione fiati di quattro elementi, i chitarristi Mike Bloomfield e Nick Gravenites, il bassista Harvey Brooks e il tastierista Barry Goldberg. Un tale spreco di talenti non può durare a lungo, infatti dopo qualche mese l'esperienza si chiude. Billy forma allora i Buddy Miles Express con i quali pubblica un paio d'album interessanti prima di lanciarsi nelle più breve ed elettrizzante avventura della sua carriera. Alla fine del 1969, con il bassista Billy Cox e Jimi Hendrix dà vita alla Band of Gypsys, il gruppo che il buon Hendrix sogna da tempo e che debutta il 31 dicembre in un discusso concerto al Fillmore East, poi registrato e pubblicato nell'album live Band of Gypsys. Il trio, però, si trova a dover fare in conti con il management di Hendrix che tenta di ostacolarlo in tutti i modi. Gli esperti di marketing della casa discografica, infatti, già preoccupati per i contatti di Jimi con le Black Panthers, pensano che una band composta esclusivamente da musicisti di colore possa alienargli le simpatie del pubblico bianco. Le pressioni rendono difficili i rapporti interni al trio e la band si scioglie già nel gennaio del 1970 in un concerto al Madison Square Garden di New York interrotto dopo due canzoni dallo stesso Hendrix. Buddy andrà avanti sulla sua strada con vari gruppi a suo nome e, soprattutto, con numerose collaborazioni importanti, tra cui quelle, fortunatissime, con Carlos Santana. Muore ad Austin il 26 febbraio 2008.


04 settembre, 2024

4 settembre 1894 - Il corno di Aaron Warren Clark


Il 4 settembre 1894 a New Orleans, in Louisiana muore a soli trentasei anni Aaron Warren Clark. Nato a Louisville nel Kentucky, nel 1858 è una delle figure più leggendaria tra i musicisti che hanno dato vita alle esperienze jazz della Louisiana. Con il suo corno baritono dal 1882 al 1890 suona con la Excelsior Brass Band, una delle più prestigiose formazioni in attività a New Orleans dal 1880 e che ha avuto in organico gran parte degli strumentisti che oggi vengono considerati un po’ come i padri del jazz. Dal 1890 al 1894 entra in un altro ensemble leggendario come la Onward Brass Band che ha avuto tra i suoi musicisti personaggi come Manuel Perez, Peter Bocage, Joseph Oliver, Buddy Johnson e George Baquet. Dopo la sua morte il testimone passa al figlio trombonista e suonatore di basso tuba Red Clark.






03 settembre, 2024

3 settembre 1960 – Berruti, miope e velocissimo

Nel 1960 la televisione trasmette in diretta nelle case degli italiani le principali gare dell'Olimpiade di Roma. Il 3 settembre le strade delle città sono deserte. Tutta Italia è davanti al televisore per assistere, nella gara dei 200 metri, all'impresa di un occhialuto studente torinese che risponde al nome di Livio Berruti. In semifinale ha eguagliato il record del mondo facendo fermare i cronometri sul tempo di 20''5 dando l'impressione di aver volutamente rallentato la sua corsa negli ultimi metri e nelle due ore che precedono la disputa della finale si rilassa leggiucchiando il libro dell'esame di chimica e bevendo lunghe sorsate di acqua e limone. Sulla linea di partenza ci sono ben quattro primatisti mondiali, tutti con lo stesso tempo: il francese Seye, lo statunitense Carney, il polacco Foyk e Berruti. La prima partenza non è valida. Uno dei due atleti scattati in anticipo è proprio l'italiano. L'incidente, però, non riesce a scalfire la sua tranquillità. Allo sparo scatta potente e, dopo aver resistito alla rimonta di Carney, è primo eguagliando ancora il record mondiale di 20''5. Non perde la calma neppure dopo la conquista dell'oro olimpico e risponde educatamente in inglese alle domande dei giornalisti. A chi gli chiede qual è il segreto della sua corsa, così fluida ed elegante risponde: «La robustezza delle mie caviglie, temprate in ore di pattinaggio e di tennis».

02 settembre, 2024

2 settembre 1938 – Giuliano Gemma, disarmato da un bacio

Il 2 settembre 1938 nasce Giuliano Gemma, con Clint Eastwood e Franco Nero uno dei tre personaggi più amati del primo periodo del western all’italiana. Se Eastwood è il pistolero senza nome della Trilogia del dollaro e Nero è il primo indimenticato Django, Giuliano Gemma è Ringo, ribattezzato anche “faccia d’angelo” dal pubblico femminile delle riviste illustrate popolari. Il nome, preso in prestito dallo scontroso eroe che in Ombre rosse ha il volto di John Wayne, gli resta appiccicato dopo l’interpretazione dell’omonimo personaggio in Una pistola per Ringo di Duccio Tessari, il regista che, insieme a Giorgio Ferroni, per primo crede nelle possibilità di questo ex stuntman che si è fatto conoscere nell’ultimo periodo dei “peplum”, il genere fantastico-mitologico nato in Italia negli anni Cinquanta. Il futuro “Ringo faccia d’angelo” degli western all’italiana nasce a Roma, ma poco tempo dopo la sua nascita si trasferisce con la famiglia a Reggio Emilia dove trascorre parte dell'infanzia. Nel 1944 i suoi genitori tornano definitivamente a Roma e il piccolo Giuliano, giocando in un prato trova un ordigno bellico il cui scoppio accidentale gli provoca varie ferite, una delle quali resta visibile sullo zigomo sinistro e diventa un po’ la caratteristica del suo viso. Tra i sedici e i diciott'anni pratica il pugilato con buoni risultati. Dopo aver prestato il servizio militare nei Vigili del Fuoco inizia a lavorare nel mondo del cinema come controfigura per le scene pericolose o, come stuntman, secondo la definizione hollywoodiana. Dopo molte presenze sotto mentite spoglie pellicole come nel 1958 Venezia, la luna e tu di Dino Risi o nel 1959 Ben-Hur di William Wyler partecipa finalmente a un film senza travestirsi o nascondersi. Si tratta di Messalina, venere imperatrice un film del 1960 diretto da Vittorio Cottafavi. Gemma dovrebbe pugnalare Belinda Lee ma si fa disarmare da un bacio. È una piccola parte di contorno ma sufficiente a farlo notare da Duccio Tessari che in quella pellicola, oltre ad aver messo mano nella sceneggiatura, dirige la seconda unità. Proprio lui l’anno dopo gli affida il suo primo ruolo da protagonista in Arrivano i Titani, sceneggiato insieme con Ennio De Concini. Giuliano Gemma è Crios, titano liberato da Zeus per punire il re di Tebe, Cadmo. Anche Luchino Visconti resta colpito da quel giovane attore e gli affida il ruolo di un Generale dei Garibaldini nel Gattopardo. Il suo esordio nel western all’italiana sotto le mentite spoglie di Montgomery Wood, un nome d’arte in linea con la tendenza che vede i primi protagonisti del genere mascherarsi da “americani”, avviene con Un dollaro bucato, il primo film di una trilogia diretta da Giorgio Ferroni che si conclude con Wanted La sua “Faccia d’angelo” attraversa da protagonista tutta l’epopea dei western all’italiana fino a Sella d’argento, un film per famiglie girato da Lucio Fulci quando il periodo d’oro del genere è ormai alle spalle. Il suo successo nel mondo è tale che in Giappone la Suzuki lancia sul mercato due scooter con il suo nome. Tornerà a indossare i panni dell’eroe del west nel 1985 quando Duccio Tessari, incaricato di realizzare la trasposizione cinematografica di Tex Willer affiderà proprio a lui la parte dell’eroe ideato da Sergio Bonelli in Tex Willer e il Signore degli Abissi. Nella sua lunga carriera Giuliano Gemma presta il suo volto agli eroi di moltissimi generi cinematografici, dai peplum storico-mitologici alla fantascienza, dal comico alla parodia alla spy story, anche se la sua esperienza nel western all’italiana resterà per sempre nell’immaginario degli appassionati. Muore a Civitavecchia il 1° ottobre 2013.


01 settembre, 2024

1° settembre 2004 - Addio alla CGD: Warner Italia cancella la storica etichetta


Ormai era soltanto un marchio, ma vederlo scomparire fa male al cuore. Nell'estate del 2004 esce di scena uno dei marchi storici della musica italiana. Warner Music ha infatti deciso di cancellare, dal 1° settembre, il “marchio” CGD per pubblicare anche il repertorio del nostro paese sotto le insegne storiche della major americana: Atlantic e Warner Brothers. I dischi di Nomadi e Paolo Conte, per esempio, dovrebbero uscire con l’etichetta Atlantic. Si chiude così per sempre la gloriosa storia della CGD (Compagnia Generale del Disco), creata da Teddy Reno nel 1948 e rilevata, negli anni ’50, dall’italo-ungherese Ladislao Sugar, uno dei protagonisti della stagione d’oro della discografia italiana. Alla sua morte, nel 1981, gli subentrarono il figlio Piero con la moglie Caterina Caselli. Nel 1989 una grave crisi finanziaria la consegnò al gruppo Warner Music. Da allora la CGD ha cessato di esistere come etichetta indipendente, diventando una divisione artistica della major statunitense. Il 1° settembre 2004 scompare del tutto.

31 agosto, 2024

31 agosto 1997 - Candle in the wind

Nella notte del 31 agosto 1997 perde la vita in un incidente stradale a Parigi la trentaseienne principessa del Galles Diana Spencer, moglie divorziata del principe Carlo d’Inghilterra. Insieme a lei muoiono anche il suo compagno, il miliardario egiziano Dodi Al Fayed, e l’autista Henri Paul, mentre rimane gravemente ferita la guardia del corpo Trevor Rees-Jones. L’auto sulla quale viaggiava la principessa si è schiantata a velocità elevata contro un pilone del tunnel dell’Alma, nel centro cittadino. Al Fayed ed Henri Paul muoiono sul colpo, mentre Diana spira alle quattro del mattino all’ospedale Pitié Salpetrière. Al termine della cerimonia funebre officiata dall’arcivescovo di Canterbury, che si svolge in forma solenne nell’abbazia di Westminster, il cantante e compositore Elton John esegue il suo vecchio brano Candle in the wind, originariamente dedicato a Marilyn Monroe. Incidente o cospirazione? Sulle cause della morte si discuterà per anni.

30 agosto, 2024

30 agosto 1924 - Kenny Dorham, trombettista dell'età di mezzo

Il 30 agosto 1924 nasce a Fairfield in Texas Howard McKinsey, un trombettista destinato a lasciare un segno importante nell'età di mezzo del jazz con il nome d’arte di Kenny Dorham. Tra gli strumentisti più geniali e più richiesti dalle piccole formazioni che hanno vissuto l'avventura del be bop e quella immediatamente successiva del cool e dell'hard bop, si avvicina alla musica suonando e studiando il pianoforte anche se passa molto presto allo studio della tromba. La sua prima esibizione avviene nella band del Wiley College insieme a Russell Jacquet, fratello del più celebre Illinois. Nel 1945 è con Dizzy Gillespie, l’anno dopo con Billy Eckstine e nel 1947 con Lionel Hampton. Nel 1948 suona con Mercer Ellington poi si aggrega a Charlie Parker con il quale resta per due anni. Nei primi anni Cinquanta vagabonda come free lance alternando come sempre i piccoli gruppi alle band più corpose fino al 1955, anno in cui entra a far parte dei Jazz Messengers di Art Blakey e poi del gruppo di Max Roach, in sostituzione di Clifford Brown. A partire dagli anni Sessanta non disdegna puntate in ambienti più aperti al rock esprimendosi con successo su sonorità e linee melodiche vicine al Miles Davis dei tempi migliori. La sua tecnica gli consente di svariare a piacimento lungo l'intera scala melodica giocando con la scansione del fraseggio rapido e spezzato, tipico del boppers. Muore a New York il 5 dicembre 1972.



29 agosto, 2024

29 agosto 1987 – Il successo non cambia Los Lobos

Il 29 agosto 1987 al vertice della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti arriva La bamba, il tema principale della colonna sonora del film omonimo, ispirato alla vita e alla precoce morte del diciassettenne rocker Ritchie Valens. La canzone diventa rapidamente un successo internazionale e fa conoscere al mondo uno dei gruppi simbolo delle vaste aree del Sud degli Stati Uniti dove maggiormente si concentrano i flussi migratori di popolazioni ispaniche alla ricerca di lavoro e fortuna. Si chiamano Los Lobos (I Lupi) e sono stati formati nel 1974 a Los Angeles da un gruppo di figli di immigrati messicani: Cesar Rosas (voce e chitarra), David Hidalgo (voce, accordeon e chitarra), Conrad Lozano (basso) e Luis Perez (batteria). Conosciutissimi dai frequentatori dei locali ispanici della California nel 1976 partecipano alla realizzazione dell'album-manifesto dell'orgoglio degli immigrati latino-americani Si se puede. Due anni dopo con l'autoprodotto Just another band from East L.A. attirano l'attenzione degli addetti ai lavori e ottengono il loro primo contratto discografico. La svolta dal punto di vista musicale avviene con l'ingresso in formazione del sassofonista Steve Berlin già con i Blasters. Tre album di discreto successo precedono l'exploit del 1987 quando vengono chiamati a interpretare otto canzoni nella colonna sonora del film "La bamba". Il loro successo provoca un'attenzione nuova per la popolazione di lingua ispanica, tanto che vari artisti anglofoni, a partire da Linda Ronstadt, iniziano a registrare versioni bilingue dei loro brani. I risultati inaspettati non cambieranno Los Lobos. Determinati a non lasciarsi travolgere dal music-business approfitteranno della popolarità per continuare la loro battaglia in difesa della musica ispanica. Nel 1988, infatti, riproporranno al grande pubblico la linea musicale delle origini con lo splendido album La pistola y el corazon, una rivisitazione di vecchie melodie messicane.

28 agosto, 2024

28 agosto 1985 – Gli INX non sono ambasciatori di nessuno

Il 28 agosto 1985 la band australiana degli INXS parte per il primo tour mondiale della sua carriera. Il gruppo formato dal cantante Michael Hutchence, dal bassista Gary Beers, dal chitarrista Kirk Pengilli oltre che dai tre fratelli Farriss (il tastierista e chitarrista Andrew, il chitarrista Tim e il batterista Jon) si è progressivamente allontanato dal punk delle origini, quando ancora si chiamava Vegetables, per approdare a un rock più metallico non privo di qualche svolazzo di marca new wave. Soltanto un anno prima, con la pubblicazione del loro album The swing, erano ancora considerati una buona band "di nicchia". Determinante per la crescita della loro popolarità è stata la partecipazione al Live Aid, il megaconcerto benefico organizzato da Bob Geldof e trasmesso in mondovisione, che li ha portati nelle case dei telespettatori di tutto il globo. Non meno decisiva è stata, però, la scelta di MTV che ha inserito i loro video-clip nella martellante programmazione quotidiana. Il tour mondiale è dunque la consacrazione di un successo planetario per gli INXS. Tutto a posto? No, perché una parte della stampa australiana li accusa di essere troppo attenti alla loro immagine e del tutto indifferenti al ruolo di alfieri della musica del loro paese. All'attacco risponde, proprio nella conferenza stampa che precede il tour, Michael Hutchence a nome di tutti: «Cosa dovremmo fare? Vestirci con i colori della bandiera o cantare in coro che non siamo gli unici a suonare in questo continente? Il pubblico sa intuire da solo che noi siamo soltanto una delle tante band di questa parte del mondo. Possiamo raccontare che qui da noi esiste una scena musicale sottovalutata, anche se molto attiva e variegata, ma poi ci fermiamo lì. Siamo disposti a dare una mano ad altri gruppi, anzi lo stiamo già facendo, ma non chiedeteci di interpretare una parte che non ci si addice. Non siamo ambasciatori di nessuno, facciamo già fatica a rappresentare noi stessi…».

27 agosto, 2024

27 Agosto 1950 - La fatica di vivere uccide Cesare Pavese

Il 27 Agosto 1950 lo scrittore Cesare Pavese, uno degli autori più amati del dopoguerra, muore suicida ingoiando una forte dose di barbiturici in una camera al secondo piano dell'Hotel Roma a Torino, a due passi dalla stazione di Porta Nuova. Non lascia scritti, a parte un'annotazione, sulla prima pagina di una copia dei “Dialoghi con Leucò”, sul comodino al fianco del letto: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi.» La morte di Pavese arriva proprio all’apice del successo, nell’anno in cui ha ottenuto il Premio Strega uno dei più ambiti riconoscimenti letterari italiani, per il romanzo “La bella estate”. I giornali popolari guardano con stupore alla scomparsa, per molti versi inspiegabile di questo fragile e introverso autore, tra i più amati del dopoguerra, che diviene rapidamente un simbolo dell’eterna contraddizione tra impegno politico e disagio esistenziale. Al mondo della cultura, invece, il suicidio di Pavese, pur improvviso e doloroso, non appare così inaspettato. L’autore da tempo aveva manifestato il tormento esistenziale di chi sente sempre più come l’esistenza come una fatica. Un anno dopo la sua scomparsa l’editore Einaudi pubblicherà la raccolta di liriche “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.


26 agosto, 2024

26 agosto 1981 - Quel folk singer è un pericoloso comunista!

Il 26 agosto 1981 un arresto cardiaco pone fine alla vita di Lee Hays nella sua casa di New York. Ammalato da anni di diabete è stato uno dei personaggi più significativi del folk politico statunitense. La sua vicenda artistica è strettamente legata con le battaglie politiche, antifasciste e sindacali degli Stati Uniti alla fine degli anni Trenta. Nel 1941 con Woody Guthrie, Pete Seeger e Millard Campbell fonda gli Almanac Singers, un gruppo di folk urbano che si esibisce nelle fabbriche occupate, nei picchettaggi e nei raduni sindacali. Il gruppo è anche l’inventore degli “Hootenannies”, concerti inframmezzati da storielle divertenti, discussioni politiche e slogan destinati a raccogliere fondi per le battaglie sindacali. Sotto l’incalzare della seconda guerra mondiale la band si scioglie e Hays fa dell’impegno antifascista lo scopo principale della sua attività. Nel primo dopoguerra il clima degli Stati Uniti è cambiato. I partiti della sinistra e i comunisti in particolare vengono guardati con crescente sospetto in una società che prepara la Guerra Fredda. Lee Hays non cambia bandiera e nel 1948 con Pete Seeger, Ronnie Gilbert e Fred Hellerman dà vita agli Weavers. La band ottiene un clamoroso successo commerciale con il brano Goodnight Irene che resta al primo posto della classifica dei dischi più venduti per ben tredici settimane vendendo oltre due milioni di copie. La storia degli Weavers viene, però, drammaticamente interrotta nel 1952 dalla caccia alle streghe scatenata dal senatore McCarthy contro i comunisti e gli oppositori di sinistra. Hays, dopo essere stato sottoposto a umilianti interrogatori dal Comitato contro le Attività Antiamericane e a vessazioni di ogni genere si vede messo al bando dalla vita civile. Inizia così a vivere ai margini del mondo musicale esibendosi in qualche campus universitario o nei circoli sindacali e riuscendo a vivere solo grazie alla silenziosa quanto efficace catena di solidarietà messa in piedi dalla sinistra statunitense. Quando muore i tempi duri sono ormai alle spalle, ma hanno lasciato un segno indelebile sulla sua salute, già minata dal diabete.




25 agosto, 2024

25 agosto 1979 - Stan Kenton l'uomo che trattava l'orchestra come se fosse uno strumento

Il 25 agosto 1979 muore al Midway Hospital di Hollywood all’età di sessantasette anni Stan Kenton o, come risulta dai dati anagrafici, Stanley Newcombe Kenton, uno dei protagonisti di primo piano della storia del jazz orchestrale. Nato a Wichita, nel Kansas, si trasferisce poi con i genitori in un sobborgo di Los Angeles. Non sa ancora scrivere compiutamente il suo nome quando la madre inizia ad avviarlo ai segreti della tastiera di un pianoforte. La musica diventa ben presto il suo mondo. Non si accontenta del piano. Studia armonia e composizione e nel 1928 ha da poco compiuto i sedici anni quando scrive le partiture del suo primo arrangiamento. Una lunga gavetta in gruppi dell'hinterland losangelino precede il primo regolare contratto. Glielo propone Everett Hoagland che, nel 1934, lo scrittura come pianista e arrangiatore. Suona poi per un anno circa con Gus Arnheim e, in seguito, con Vido Musso e Johnny Davis, ma la sua idea fissa, il sogno della sua vita, è la costituzione di una grande orchestra. È talmente sicuro di farcela che dedica gran parte del suo tempo a preparare arrangiamenti destinati alla sua big band. Nel 1940 il sogno inizia ad avverarsi. La sua formazione non va oltre nove musicisti, ma è un primo passo. Ci riesce l'anno dopo quando chiama accanto a sé un nutrito gruppo di musicisti che, pur non potendo contare su grandi nomi, riesce a conquistare larghe schiere di appassionati. È l'inizio di una straordinaria carriera scandita dalle collaborazioni con quasi tutti i grandi jazzisti del dopoguerra e di cui resta una traccia consistente in oltre cinquanta album. Abilissimo negli arrangiamenti e nella direzione Stan Kenton tratta l'orchestra come fosse uno strumento, quasi annullando le individualità dei singoli strumentisti in una sorta di sintesi superiore. Sono pochi, nel jazz, i casi di un leader capace di sostituire qualsiasi musicista senza cambiare il volto della formazione. Proprio questa sua pretesa di sottomettere a un progetto corale le individualità, che qualcuno battezza "jazz sinfonico", gli vale anche le maggiori critiche. Se da un lato gli si riconosce il merito di aver saputo superare la crisi delle big band, dall'altra lo si ritiene marginale nell'evoluzione del movimento jazzistico, basata innanzitutto sulla grande creatività dei singoli. Mentre la critica si accapiglia lui tira dritto per la sua strada fatta di arrangiamenti calibrati, di esecuzioni perfette e di particolarissime e riconoscibili sonorità orchestrali. Non si fermerà più fino alla morte.