Il 27 ottobre 1999 al New Morning di Parigi è di scena il trombettista Lester Bowie, uno dei grandi protagonisti dell'epopea del free-jazz, con il suo gruppo Brass Fantasy. Il concerto è seguito con grande attenzione da un pubblico di appassionati. Bowie appare stanco e provato. Più d'una volta abbandona la scena per riposarsi ma i suoi interventi solistici sono di altissimo livello come sempre. Il pubblico lo capisce e lo sostiene con caldi applausi a scena aperta. Non è un mistero che il trombettista sia da tempo ammalato di cancro al fegato, anche se la lunga battaglia per la vita ne ha rallentato ma non fermato l'attività artistica. Gli spettatori del New Morning non lo sanno, ma stanno assistendo all'ultimo concerto del grande jazzista. Qualche giorno dopo la tappa londinese del suo tour europeo verrà infatti annullata a causa di un improvviso peggioramento delle sue condizioni di salute. Ricoverato in un ospedale di Londra chiederà di poter tornare a casa, negli Stati Uniti. Verrà accontentato e l'8 novembre morirà a New York. Si chiude così, a cinquantotto anni la storia di un personaggio determinante nel rinnovamento del linguaggio jazzistico del dopoguerra. Figlio di un trombettista a soli cinque anni inizia a studiare musica con lo strumento del padre. A dieci anni è già attivamente impegnato con orchestre scolastiche e con la banda della sua comunità religiosa. A vent'anni ha già suonato con quasi tutti i principali esponenti della scena musicale di Saint Louis e per un per un breve periodo ha anche diretto un quintetto hard bop. Negli anni seguenti accompagna in varie tournée del sud e del centro degli Stati Uniti molti musicisti di rhythm and blues, tra cui Oliver Sain, Little Minton, Albert King e Jerry Brown. Nella primavera del 1966 il suo orizzonte musicale si allarga dopo una breve esperienza nella Experimental Band di Muhal Richard Abrams. Qui conosce Roscoe Mitchell, che lo vuole con sé nell'Art Ensemble insieme a Malachi Favors e a Philip Wilson. Da quel momento diventa uno dei protagonisti di quella corrente che qualche anno più tardi verrà chiamata free-jazz. Nel 1968 contribuisce in modo determinante alla formazione del B.A.G. (Black Artists Group), una sorta di organizzazione degli strumentisti neri parallela alla potente Association of Advancement of Creative Music. Esponente di primo piano dell'Art Ensemble of Chicago caratterizza con la sua tromba l'esplosione del jazz negli anni Settanta.
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio. Un po' come il comunismo.
27 ottobre, 2024
26 ottobre, 2024
26 ottobre 1991 – La quarta volta di Belinda Carlisle
Il 26 ottobre 1991 l’album Live your life to be free di Belinda Carlisle entra nella classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna. Quattro album pubblicati e quattro successi: questo è il bilancio della carriera solista dell’ex cantante e fondatrice delle Go-Go’s a otto anni di distanza dallo scioglimento della band. È una bella risposta a chi nel 1984, all’annuncio della sua intenzione di non abbandonare la scena musicale dopo il dissolvimento del gruppo le aveva pronosticato «una carriera fatta più di fotografie sui calendari e su riviste patinate che di canzoni…». Belinda può finalmente togliersi qualche soddisfazione nei confronti di chi ha sottovalutato il suo talento. D’altra parte che le sue qualità non consistono soltanto in un visino d’angelo su un fisico da pin up è chiaro fin dal 1978 quando a Los Angeles insieme alla chitarrista Jane Wiedlin dà vita a un gruppo rock di sole donne con l’altra chitarrista Charlotte Caffey, la bassista Kathy Valentine e la batterista Gina Shock. Gli inizi non sono facili e le loro prospettive non vanno oltre una lunga serie di contratti a gettone nei club della loro città. La fortuna però le aiuta. Una sera suonano nel “Whisky a Go-go” di Los Angeles e vengono notate dai Madness, impegnati in un breve tour statunitense, che le invitano a seguirli in Gran Bretagna. Quando sbarcano sul suolo britannico non hanno nemmeno un nome, visto che fino a quel momento si sono adattate a quelli coniati per loro dai proprietari dei locali. Scritturate dall’etichetta alternativa Stiff decidono di chiamarsi Go-Go’s in onore del luogo in cui hanno conosciuto i Madness. Il loro successo è rapidissimo. Nel 1981 il primo album, Beauty and the beat, arriva al vertice della classifica statunitense e il loro successo sembra inarrestabile. La favola finisce invece nel 1984 quando le ragazze si separano intenzionate a percorrere strade diverse. Belinda Carlisle sceglie di diventare cantante solista. In pochi pensano che possa farcela: è troppo carina per avere cervello! Non l’aiuta nessuno. L’unica che le dà davvero una mano è la sua compagna d’avventura nelle Go-Go’s Charlotte Caffey, che, pur impegnata con una nuova band, quando serve suona e canta con lei. Lo scetticismo non la scuote. S’impegna a fondo e ce la fa, alla faccia di chi diceva che non avesse talento.
25 ottobre, 2024
25 ottobre 1986 – Bello, impossibile e primo in classifica
Il 25 ottobre 1986 arriva al vertice della classifica dei singoli più venduti in Italia il brano Bello e impossibile, interpretato da Gianna Nannini che ne è anche l'autrice insieme a Pianigiani. Definito dalla critica del tempo come «il più elettrizzante singolo della storia artistica della cantautrice alla nitroglicerina» e compreso nel fortunato album Profumo rimarrà in testa alla hit parade italiana per cinque settimane e si rivelerà un successo dalle proporzioni inaspettate totalizzando ben ventitré settimane complessive di permanenza nella classifica dei dischi più venduti. L'exploit della cantante senese non si ferma all'interno dei confini italiani. Nell'inverno a cavallo tra il 1986 e il 1987 mezza Europa canta in italiano un ritornello che sembra fatto apposta per essere facilmente memorizzato e cantato in coro. Dal punto di vista musicale la canzone rappresenta la sintesi più alta raggiunta fino a quel momento tra la linea melodica tradizionale della canzone italiana e la struttura ritmica del rock. Il gioco è intelligente e decisamente fuori dalla norma. Il segreto del successo del brano è da ricercare proprio nel suo essere insieme innovativo e conservatore. Se gli si toglie il supporto di basso, batteria e chitarra rivela una trascinante costruzione "a stornello" in linea con la più classica tradizione melodico-popolare del nostro paese. Parlare di word music è forse troppo, ma il meccanismo è sicuramente quello: strutture ritmiche moderne innestate su una melodia in linea con lo sviluppo musicale del paese dove nasce. Non è la prima volta che la ragazzaccia di Siena tenta esperimenti simili, anzi c'è chi sostiene, non senza ragione, che quasi tutta la sua produzione abbia queste caratteristiche. A supportare la scalata al successo del brano c'è anche un geniale videoclip realizzato da una coppia di esperti nel genere come i Torpedo Twins che fanno dimenticare la precedente, negativa esperienza con Michelangelo Antonioni per la canzone Fotoromanza. Per il pubblico italiano Bello e impossibile ha poi un altro elemento di novità nel testo che capovolge la tradizionale costruzione della storia delle canzoni d'amore al femminile. Per la prima volta il maschio è visto come oggetto passivo di un desiderio irrazionale e quasi esclusivamente sensuale. La rottura con il passato è netta e senza alcuna spiegazione aggiuntiva. Le ragazze degli anni Ottanta la percepiscono, vi si riconoscono e decretano il successo del brano.
24 ottobre, 2024
24 ottobre 1978 – Keith Richards condannato a suonare per beneficenza
Un muro umano di fotografi, cameramen e cronisti presidia il 24 ottobre 1978 il Palazzo di Giustizia di Toronto in Canada, mentre la polizia fatica a contenere una folla di curiosi che continua a crescere di numero. Sono centinaia le persone che cercano di entrare nella sala dove si sta svolgendo l’udienza conclusiva di un processo che vede sul banco degli imputati il chitarrista Keith Richards dei Rolling Stones, accusato di detenzione di sostanze stupefacenti. I fatti contestati risalgono al 29 febbraio 1977, quando una squadra speciale della polizia canadese, allertata da una telefonata anonima, aveva fatto irruzione nella camera occupata dalla rockstar all’Harbour Castle Hotel di Toronto, rinvenendo ventidue grammi di eroina e cinque di cocaina. Arrestato immediatamente, il chitarrista era poi stato rilasciato dopo il pagamento di venticinquemila dollari di cauzione. L’accusa, vista la quantità di droga sequestrata è di detenzione a scopo di spaccio, ma fin dal primo momento Richards faceva capire che la sua linea di difesa sarebbe stata quella di chiedere la derubricazione del reato in detenzione per consumo personale. La vicenda, vista la popolarità del protagonista attira l’attenzione dei media che mettono in risalto come la legislazione contro la diffusione e il consumo di stupefacenti sia inadeguata e ingiusta. «Solo i poveri vanno in galera. I ricchi no», è il leit-motiv di una campagna che vede anche le associazioni antiproibizioniste prendere posizione contro gli effetti di una normativa che ritengono devastante sul piano sociale. Il reato contestato al chitarrista dei Rolling Stones prevede un pena che consiste in periodo di reclusione che può arrivare fino a diciotto mesi, convertibile in una sanzione monetaria o in lavori socialmente utili, e una multa salata, però tutti sanno che le sue pressoché illimitate possibilità economiche lo rendono, nei fatti, diverso dal piccolo spacciatore squattrinato. I ricchi possono pagarsi la libertà, i poveri possono scegliere tra la galera o un periodo lavorativo al servizio della collettività. Per queste ragioni quando il giudice Lloyd Graburn entra nell’aula del Palazzo di Giustizia per la lettura della sentenza, c’è un silenzio carico di tensione. «Io credo – dice il giudice – che i legislatori di questo stato abbiano in mente una giustizia capace di equità e in grado di costituire un punto di riferimento certo per tutti i cittadini. Questo impone a noi, che ci troviamo a dover giudicare i reati e a comminare le pene, di valutare bene le conseguenze che i nostri atti possono avere non solo per l’imputato, ma anche per la società. Guai se si pensasse che le legge non è uguale per tutti». In conclusione decide di accettare la tesi del “consumo personale” ma di trattare Keith Richards come tutti gli altri. Lo obbliga a sottoporsi a un trattamento disintossicante e gli impone di prestare la sua capacità lavorativa al servizio della collettività determinandone anche le modalità: entro sei mesi deve tenere un concerto di beneficenza in un luogo di sua scelta purché sul territorio canadese. Il ricavato dell’esibizione deve essere destinato a un istituto di assistenza ai ciechi, il Canadian National Institute for Blind. Non c’è, quindi, possibilità di convertire la pena in una sanzione monetaria. È una sentenza emblematica perché, pur non comportando pene particolarmente pesanti, equipara una persona dalle notevoli possibilità finanziarie al piccolo spacciatore squattrinato attribuendo un valore monetario al lavoro. Il chitarrista si sottoporrà di buon grado a quanto disposto dal giudice e il 22 aprile 1979 terrà il concerto previsto dalla sentenza nel Civic Auditorium di Ottawa accompagnato dai New Barbarians, un gruppo composto dall’altro chitarrista dei Rolling Stones Ron Wood, dal bassista Stanley Clarke, dall’ex tastierista dei Faces Ian McLagan e dall’ex batterista dei Meters Ziggy Modeliste.
23 ottobre, 2024
23 ottobre 1951 – Charlie Creath, un caposcuola dimenticato
Il 23 ottobre 1951 muore a Chicago nell’Illinois il leggendario cornettista Charlie Creath registrato all’anagrafe con il nome di Charles Cyril Creath. Ha sessantun anni e da tempo si è ritirato dalle scene musicali. La sua morte non fa notizia, eppure fino agli anni Quaranta la sua è stata una figura di primaria importanza del jazz statunitense. Nato nel 1890 a Ironton, nel Missouri, non ha ancora sedici anni quando ottiene il suo primo ingaggio professionale con la Pop Adam’s Circus Band. Dopo aver formato a Seattle un’orchestra con il suo nome, nel 1918 si trasferisce a St. Louis dove il suo stile diventa modello e fonte d’ispirazione per un nutrito gruppo di cornettisti che negli anni successivi verranno raggruppati dalla critica sotto il nome “scuola di St. Louis”: Dewey Jackson, Bob Shoffner, Shirley Clay, Leonard Davis, Ed Allen e Albert Snaer. Il suo lavoro ottiene sempre maggiori consensi e la sua orchestra è una delle poche, negli anni Venti, capace di confrontarsi da pari a pari con le migliori jazz bands di New Orleans. Tra il 1924 e il 1927 registra insieme al gruppo una serie di dischi per la Okeh destinati a far conoscere in tutto il mondo il jazz di St. Louis, considerato dalla critica più elaborato e raffinato di quello della scuola di New Orleans , senza nulla perdere in grinta e in calore. In questo senso il suo lavoro anticipa la futura evoluzione del jazz orchestrale attribuendo una importanza notevole all’arrangiamento. Nel 1926 il pianista Fate Marable lo chiama a far parte della prestigiosa Capitol SS (SteamShip) Orchestra con la quale resterà per lungo tempo fino a diventarne nel 1935 il co-leader insieme allo stesso Marable. Pur avendo da poco passato i cinquant’anni Creath si sente vecchio. L’ambiente del jazz è ormai molto diverso da quello pionieristico che ha conosciuto all’inizio della sua carriera. Più il tempo passa e meno riesce a capire i cambiamenti del suo mondo. «Il jazz era libertà. Le uniche regole le davano gli arrangiatori e i direttori d’orchestra. Adesso anche chi non capisce un accidente si sente in dovere di darti qualche consiglio e, se produce i tuoi dischi o ti fa da manager, qualche ordine». Scappa e se ne va a Chicago dove apre un locale notturno. Per qualche tempo continua a suonare per gli avventori, ma poi decide di ritirarsi definitivamente.
22 ottobre, 2024
22 ottobre 1976 – È dei Damned il primo disco punk!
Il 22 ottobre 1976 la neonata etichetta Stiff Records pubblica in Gran Bretagna il singolo a 45 giri New Rose dei Damned, universalmente considerato il primo disco ufficiale pubblicato da un gruppo punk. Sul retro c’è una sgangherata cover di Help dei Beatles. La band nasce da una costola dei London SS, un gruppo fantasma nato nella boutique di Malcom McLaren che pur non arrivando mai in sala di incisione, ha visto passare al suo interno un sacco di futuri protagonisti a partire da Mick Jones dei futuri Clash. Fra i tanti ci sono anche il batterista Rat Scabies e il chitarrista Brian James. Con l’arrivo del bassista hippie Ray Burns, in arte Captain Sensible, diventano Subterraneans e quando nel luglio del 1976 trovano il cantante in un ex becchino di nome Dave Vanian si ribattezzano definitivamente Damned. Il primo ad accorgersi di loro è Nick Lowe che produce proprio New Rose, l’esordio su vinile della civiltà punk inglese. Nei primi mesi del 1977 arriveranno Neat Neat Neat e l'album Damned Damned Damned che segneranno l’apparente consacrazione della band nell’empireo del rock. L’avventura continuerà nonostante la fine del punk e i progressivi abbandoni di vari componenti del nucleo storico. Ai primi Damned resteranno due indiscussi pregi: quello di essere stati il primo gruppo punk a registrare un disco vero e, soprattutto, quello di averla fin dall’inizio buttata sul ridere mostrando di non prendersi mai troppo sul serio.
21 ottobre, 2024
21 ottobre 1989 – Tornano Martha e le sue compagne
Un boato d’applausi con tanta commozione saluta la sera del 21 ottobre 1989 al Talk Of The Town di Manchester il ritorno sulle scene di Martha & The Vandellas sedici anni dopo lo scioglimento ufficiale del gruppo. Proprio mentre gli anni Ottanta si stanno chiudendo le tre “ragazze terribili” del soul, Martha Reeves, Rosalind Ashford e Annette Sterling a cinquant’anni suonati lanciano un guanto di sfida al pop mieloso e dolciastro di quel periodo riproponendo il ritmo e la grinta del Detroit-sound degli anni Sessanta. L’entusiasmo che accoglie il loro ritorno non è solo effetto della nostalgia, ma è un tributo meritato alla ritrovata voglia di cantare del trio. Si aggiunge così un nuovo capitolo alla loro storia, che inizia alla fine degli anni Cinquanta quando l’aspirante cantante Martha Reeves, fallito un provino alla Motown Records di Detroit, chiede e ottiene di poter lavorare nella stessa casa discografica come impiegata. La scelta le consente di restare nell’ambiente e di preparare la rivincita. Nel 1961 insieme alle sue amiche Rosalind Ashford e Annette Sterling registra un po’ per gioco le parti destinate al coro del brano Stubborn kind of fellows di Marvin Gaye. Il risultato è talmente buono da impressionare Berry Gordy Jr, il grande capo della Motown, che decide di scritturarle tutte e tre. Martha passa così da impiegata a cantante senza cambiare neppure luogo di lavoro. Il trio fa il suo debutto discografico con il nome di Martha & The Vandellas nel 1962 pubblicando il brano I'll have to let him go. Da quel momento la loro scalata al successo sembra inarrestabile. Non la fermano neppure i primi litigi che portano Annette a lasciare le compagne, sostituita da Betty Kelly. Memorabile resta la loro interpretazione di Dancing in the street un brano ispirato alla vita del poeta nero LeRoi Jones scritto da Marvin Gaye e William Stevenson destinato a divenire un classico e a essere riproposto in moltissime versioni (famose quelle dei Kinks e della coppia Mick Jagger & David Bowie). Alla fine degli anni Sessanta inizia il declino del trio che nel 1973 si scioglie. Sedici anni dopo, di fronte alla calorosa accoglienza del pubblico al Talk Of The Town di Manchester, un’emozionatissima Martha Reeves dichiara che la riunificazione non è un fatto episodico ma si ripeterà «ogni volta che ne avremo voglia».
20 ottobre, 2024
20 ottobre 1977 – Una copertina premonitrice per i Lynyrd Skynyrd
Il 20 ottobre 1977 un Convair 240 della compagnia privata Falcon Airways decolla da Greenville, nel South Carolina, con destinazione Baton Rouge, in Louisiana. A bordo, tra i ventisei passeggeri, ci sono i componenti dei Lynyrd Skynyrd accompagnati dal loro manager e dal trio vocale femminile delle Konkettes, da un anno coriste della band. Il gruppo sta recandosi alla Louisiana University di Baton Rouge dove ha in programma un concerto. Mentre sorvola lo stato del Massachusetts l’aereo ha un’improvvisa avaria. Il pilota tenta un atterraggio di fortuna, ma non può evitare l’impatto violento con il terreno, che avviene nei pressi della città di Gillsburg. Fortunatamente nello schianto il velivolo non prende fuoco, ma nell’incidente muoiono sei passeggeri, tra cui il cantante dei Lynyrd Skynyrd Ronnie Van Zandt, il chitarrista Steve Gaines, sua sorella Cassie, corista, e Dean Kilpatrik, il manager. Tutti gli altri componenti del gruppo, pur feriti, non sono in pericolo di vita. Tre giorni prima dell’incidente i Lynyrd Skynyrd hanno pubblicato l’album Street survivors, la cui copertina è illustrata da un fotomontaggio premonitore che mostra i componenti del gruppo avvolti dalle fiamme. La storia dei veri Lynyrd Skynyrd finisce qui, anche se negli anni successivi i membri superstiti tenteranno di riformare sull’onda della nostalgia quello che, con l'Allman Brothers Band e la Marshall Tucker Band, è stato uno dei maggiori gruppi del rock sudista. A differenza degli altri due gruppi però Van Zandt e i suoi compagni, non ne hanno rappresentato l’anima innovatrice, né si sono proposti di recuperare gli aspetti più significativi della tradizione musicale sudista. In gran parte della loro carriera essi si identificano con gli umori peggiori degli stati del sud degli Stati Uniti. Apertamente reazionari, all’inizio del 1977 appoggiano ufficialmente la campagna elettorale del leader razzista George Wallace. I brani riflettono questo clima e infiammano i giovani sottoproletari bianchi degli stati del sud, che ne assimilano la voglia di rivincita. La parte più intensa della loro storia finisce a Greenville, con la morte di Van Zandt, vero leader e anima del gruppo, ma la sfortuna no. Colpirà di nuovo, negli anni successivi, anche altri componenti della band tanto da alimentare la leggenda che vede nei Lynyrd Skynyrd un “gruppo maledetto”.
19 ottobre, 2024
19 ottobre 1984 - L'arresto di Billy Bragg
Il 19 ottobre 1984 vari gruppi antirazzisti si danno appuntamento a Londra per protestare di fronte alla South Africa House, cioè la sede della rappresentanza diplomatica sudafricana, in Trafalgar Square a Londra. La manifestazione viene autorizzata a patto che non costituisca blocchi, né per il traffico, né per «il regolare funzionamento delle attività della South African House». Nonostante la scarsità dei mezzi per pubblicizzare l'iniziativa, l'afflusso di manifestanti si rivela superiore alle più rosee previsioni. Una folla di donne e uomini, in prevalenza giovani, preme sui cordoni di poliziotti che presidiano la sede sudafricana. Sotto la pressione qualche agente reagisce con nervosismo. Per evitare incidenti gli organizzatori invitano i manifestanti a sedersi. «Alle provocazioni reagiamo con la forza della non-violenza!» è il passaparola che vola di bocca in bocca. Nasce così un gigantesco sit-in che blocca di fatto ogni attività nei dintorni della South Africa House. Gli agenti di polizia presenti si armano di megafoni e invitano a sgomberare sostenendo che la protesta ha superato i limiti impostigli, poi chiamano rinforzi che vengono accolti da applausi e cori di scherno. Dal cordone dei poliziotti parte l'invito a sciogliere la manifestazione e a tornare a casa, ma nessuno si sposta di un millimetro. Alla fine gli agenti decidono di spostare di peso i manifestanti e di caricarli su un nutrito numero di cellulari. Quando i poliziotti si muovono il grosso dei partecipanti al sit in si alza. Un centinaio di ragazzi e ragazze però resta seduto e si fa arrestare. Tra loro c'è il cantante Billy Bragg, uno dei protagonisti più politicizzati della scena musicale britannica di quel periodo. L'arresto, inevitabile perché agli agenti che non lo conoscono fornisce le sue vere generalità (si chiama in realtà Steven Williams), finirà per trasformarsi in un boomerang contro chi ha ordinato di caricare e condurre via i pacifici dimostranti.
18 ottobre, 2024
18 ottobre 1925 - Boogie Woogie Red
Il 18 ottobre 1925 nasce a Rayville, in Louisiana, il cantante e pianista blues Boogie Woogie Red. Registrato all’anagrafe con il nome di Vernon Harrison è un nero albino. Questa particolarità rischia di farne un emarginato fin dai primi anni di vita nella stessa comunità nera, dove non pochi attribuiscono significati negativi alla sua strana colorazione. Più avanti, fortunatamente, il colore della sua pelle, caratterizzato da una dominante rossastra, diventerà parte del personaggio e gli varrà il nomignolo di Red. A due anni si trasferisce a Detroit con i genitori che seguono la grande migrazione nera del 1927. Qui il ragazzino cresce con tanta rabbia in corpo e tanta voglia di buttarla fuori. Il suo primo hobby è quello di accapigliarsi con i compagni di giochi che, fieri del nero senza sfumature della loro pelle, lo prendono di mira con quella terribile costanza di cui spesso i bambini sono maestri. Ben presto capisce che con i pugni non può andare lontano e scopre la musica. Lo affascinano i bluesmen che cantano agli angoli delle strade con la loro chitarra, le storie che raccontano, ma soprattutto il ritmo violento e disperato, così simile alla rabbia che si porta dentro. Un giorno recupera chissà dove un vecchio pianoforte e inizia a suonarlo. Non c'è nessuno a spiegargli niente. Impara tutto da solo e la sua tecnica ne risente. Per esempio la sua mano sinistra è troppo solida, poco scorrevole sulla tastiera. Con le sue canzoni sbarca il lunario dovunque siano disposti a pagarlo anche soltanto con un pasto e qualcosa da bere. Un giorno incontra Big Maceo che ne intuisce le qualità nascoste e gli regala qualche suggerimento. La sua mano sinistra troppo solida e ferma, diventa così un elemento costitutivo del suo stile caratterizzato da un linguaggio musicale sobrio, ma suggestivo, capace di esaltarsi nella ritmica incalzante del boogie woogie. Ormai divenuto per tutti Boogie Woogie Red se ne va a Chicago, dove diventa inseparabile compagno di John Lee Hooker, con il quale lavora in vari club della città, fra i quali il celebre Harlem Inn. Negli anni Sessanta quando il blues entrerà in crisi tornerà a Detroit dove resterà fino al 1972, quando il Blind Pig, un club di Ann Arbor nel Michigan, lo riporterà sulle scene. Muore il 2 luglio 1992.
17 ottobre, 2024
17 ottobre 1920 – John Brunious, tra pianoforte e tromba
Il 17 ottobre 1920 nasce a New Orleans in Louisiana John Brunious. Nipote del grande batterista Paul Barbarin, compie i suoi primi studi musicali sulla tastiera di un pianoforte. In parte condizionato e in parte agevolato dalla figura dell'ingombrante parente trova la sua prima importante scrittura proprio nell'orchestra dello zio, con la quale suona a lungo nei migliori locali di New Orleans. Nella formazione però ricopre il ruolo di… trombettista. Proprio con questo gruppo tra il 1954 e il 1956 registra vari dischi, tuttora considerati tra i migliori prodotti del New Orleans Revival di quel periodo. La formazione, del resto, è di prim'ordine potendo annoverare solisti del calibro di Willie Humphrey, Bob Thomas e Lester Santiago, oltre a una sezione ritmica basata sull'impressionante swing di Barbarin e su musicisti come Danny Barker e Milt Hilton. Le registrazioni rimandano un sorprendente apporto di John Brunious, la cui tromba calda e corposa sullo stile di Louis Armstrong contribuisce non poco a tenere alto lo standard di tutte le esecuzioni. Ancora più stupefacente è il fatto che nei periodi in cui non è direttamente impegnato con l'orchestra dello zio, il musicista continui ancora a esibirsi come pianista in uno stile completamente diverso da quello su cui si cimenta quando è alla tromba. In lui convivono due John Brunious, tra loro alternativi. Se con la tromba, infatti, sta progressivamente diventando uno dei musicisti di punta di quella corrente che ripercorre le vie più tradizionali del tipico jazz di New Orleans, quando è al pianoforte Brunious non disdegna di avventurarsi in nuove e più sperimentali avventure che fanno storcere il naso ai puristi. Insomma sembra quasi che il pianoforte venga vissuto come un momento di sfogo e di sperimentazione fuori dagli schemi imposti dallo zio. Non a caso quando chiude la parentesi con la band di Paul Barbarin sceglie definitivamente la tromba ed entra a far parte di varie "brass band". Tra queste spicca la leggendaria Young Tuxedo Brass Band, una fanfara fondata negli anni Trenta da John Casimir che rimarrà attiva sino agli anni Sessanta. Proprio con quest'ultima registra, verso la fine del 1958, un album destinato a restare un prezioso documento nella storia del jazz di New Orleans. Grazie all'apporto di Brunious e alle indicazioni degli storici, infatti, la Young Tuxedo Brass Band riproporrà su nastro magnetico le tecniche delle antiche "brass band" mai documentate su disco. Muore il 7 maggio 1976. Una brass band l'accompagna nell'ultimo viaggio.
16 ottobre, 2024
16 ottobre 1984 - Quando i Pretori spensero le TV di Berlusconi
Il 16 ottobre 1984 i pretori di Roma, Torino e Pescara dispongono che vengano oscurate le emissioni di Canale Cinque, Italia Uno e Retequattro le tre reti divenute di proprietà di Silvio Berlusconi per violazione delle norme vigenti in materia di telediffusione. Pochi giorni dopo il Presidente del Consiglio Bettino Craxi presenterà un decreto legge per consentire al gruppo privato di riprendere le trasmissioni sul territorio nazionale. Il cosiddetto “decreto Berlusconi” verrà respinto dalla camera perché incostituzionale, ma sarà riproposto e approvato definitivamente il 31 gennaio 1985.
15 ottobre, 2024
15 ottobre 1967 – Gigi Meroni il calciatore beat e capellone
La sera del 15 ottobre 1967 un’auto travolge a Torino Gigi Meroni, il calciatore beat e capellone del Torino e della nazionale. Eccentrico e anticonformista, con i suoi capelli lunghi, i vestiti colorati e la vita sregolata era divenuto un simbolo per le nuove generazioni che si specchiavano nella sua immagine al di là del colore della sua maglia e del semplice fatto sportivo. La sua morte improvvisa e tragica ne alimenta il mito e lega per sempre la sua immagine all’Italia degli anni Sessanta quando i giovani di tutto il mondo iniziano a comunicare sulla stessa onda utilizzando la musica. In quegli anni i giovani della prima generazione nata dopo la seconda guerra mondiale rovesciano la scala gerarchica che li voleva trasparenti in attesa di diventare adulti e decidono di vivere il loro tempo da protagonisti. È l’avvio di un’onda lunga che non resterà limitata al fenomeno di costume ma finirà per investire l’intero assetto della società, istituzioni politiche comprese. Ben presto alle parole d’amore adolescenziale si sostituiscono contenuti diversi. I giovani parlano di parità dei sessi, libero amore, rifiuto del consumismo e pace universale. Nell’Italia tradizionalista del dopoguerra il contrasto generazionale diventa fortissimo e ricco di una simbolica trasgressiva. Capelli lunghi, minigonne, jeans con l’aggiunta di coloratissimi e stravaganti accessori, tutti i segni di identificazione delle giovani generazioni vengono presi di mira dai media. Chi porta i capelli lunghi viene sbrigativamente e negativamente definito dai giornali “capellone”, mentre per le ragazze che osano indossare la minigonna si conia il termine “ninfette” prendendo a prestito la definizione inventata dallo scrittore Nabokov per la sua Lolita. Dall’altra parte si prendono le distanze dagli interlocutori adulti definendoli “matusa”, dalla contrazione di Matusalemme, l’uomo più vecchio della storia del genere umano. La risposta alle accuse viene affidata alle canzoni dei gruppi o “complessi”, come si chiamano in quel periodo mutuando un termine preso a prestito dal jazz. «Ma che colpa abbiamo noi» cantano i Rokes, mentre i Nomadi chiedono ai censori «Come potete giudicar… chi vi credete che noi siam/per i capelli che portiam?». Nella contesa generazionale entrano anche i vecchi ribelli del rock che un po’ dappertutto reagiscono spaventati all’ascesa dei nuovi ritmi. E se in Francia un rocker come Johnny Hallyday canta di «capelli lunghi e idee corte», in Italia Celentano gli risponde a ritmo di rock and roll «…tre passi avanti e crolla il mondo beat…». Meroni era uno dei simboli di tutto questo oltre che un calciatore.
14 ottobre, 2024
14 ottobre 1977 – Bing Crosby, un nome d'arte nato da una striscia
Il 14 ottobre 1977 muore Bing Crosby, uno dei personaggi più importanti della musica pop statunitense. Nato a Tacoma, nello stato di Washington, il 2 maggio 1904 da Harry Crosby e Kate Harrigan, cresce a Spokane. La sua famiglia non se la passa benissimo e il ragazzo deve abbinare il lavoro allo studio per essere di aiuto alla numerosa famiglia. A otto anni viene soprannominato Bing, come il popolare personaggio della comic strip “Bingleville Bugle” di cui è un appassionato lettore. Studia alla Webster School e poi al Gonzaga Institute, retto dai Gesuiti, dove inizia, ma non completa, gli studi di legge. Le sue prime esperienze musicali risalgono al 1920, quando è batterista e cantante dei Juicy Seven, un gruppo scolastico. Nel 1921 entra a far parte dei Musicaladers un gruppo modellato sullo stile della Original Dixieland Jazz Band. In quegli anni dà vita anche a un duo novelty di canto e piano con il pianista del gruppo, Al Rinker, fratello della cantante Mildred Bailey. Nel 1925, dopo lo scioglimento dei Musicaladers, i due si trasferiscono a Los Angeles, e, grazie all'interessamento di Mildred Bailey, vengono ingaggiati dalla compagnia di vaudeville Fanchon & Marco al Boulevard Theatre di Los Angeles. Le loro interpretazioni jazzate di motivi di successo (San, China Boy, Copenhagen) integrate da effetti speciali mutuati dai Mound City Blue Blows e da occasionali battute comiche, ottengono un buon successo. Per questa ragione l'impresario Arthur Freed li scrittura per la rivista “The Morrisey Music Hall Revue”, messa in scena al Majestic Theatre di Los Angeles. Partecipano poi a uno spettacolo di varietà al Metropolitan Theatre, dove vengono notati da Paul Whiteman, allora all'apice della popolarità, che li aggrega alla sua orchestra come numero di attrazione. Il pubblico di Whiteman però non li apprezza particolarmente e il loro ruolo si riduce quasi esclusivamente al sottofondo vocale delle parti strumentali insieme ad altri vocalist della band. Le cose cambiano quando Whiteman scrittura Harry Barris, un giovane e dinamico pianista e cantante hot proveniente dall'orchestra di George Olsen dando vita ai Paul Whiteman's Rhythm Boys. Il buon successo ottenuto con brani come Mississippi Mud, scritto dallo stesso Barris, e From Monday On, sembra rilanciare Bing e il suo compagno, ma la loro caparbia insistenza a dare sempre maggiore spazio alle battute comiche a detrimento della parte musicale finisce per stancare il pubblico e lo stesso Paul Whiteman che li allontana dall’orchestra. Bing, Rinker e Barris si esibiscono nei teatri e nei night-club di varie città della California ottenendo un notevole successo al Monmartre Café di Los Angeles e un successivo ingaggio al prestigioso Cocoanut Grove di Hollywood. Nel frattempo Bing Crosby sposa la cantante e attrice Wilma Wyatt (Dixie Lee) decide di sfruttare la popolarità guadagnata nei locali con un proprio programma radiofonico dove le sue canzoni When the Blues of the Night e I Surrender Dear fanno faville. Sotto l’abile gestione del fratello maggiore Everett viene scritturato anche dalla casa cinematografica Paramount che lo trasforma in una star del cinema musicale hollywoodiano. La popolarità non lo abbandona più fino alla morte e non conosce appannamenti neppure quando, alla soglia dei settant'anni, riduce al minimo le sue apparizioni in pubblico. Il comico Bob Hope, suo grande amico ed estimatore, a chi vaticinava il declino di Bing dinanzi alla esplosione di Frank Sinatra (soprannominato "swoonatra" perchè faceva svenire le fans) agli inizi degli anni Quaranta, replicava con queste parole, che al di là del paradosso contengono un fondo di verità: «Non si preoccupi per Bing: quello è l'uomo che fece svenire la madre di Sinatra ed è anche l'uomo che fra una quindicina d'anni farà svenire la figlia di Sinatra».
13 ottobre, 2024
13 ottobre 1920 – Umberto Cesari, il pianista che amava Fats Waller
Il 13 ottobre 1920 nasce a Chieti il pianista Umberto Cesari. All’inizio dell’attività, pur essendo in possesso di una formazione classica non disdegna incursioni sempre più frequenti nella musica leggera. La sua carriera sembra ormai incanalata sui binari di una tranquilla routine da strumentista d’accompagnamento quando l’ascolto casuale di un disco che contiene After you’ve gone nella versione di Fats Waller gli fa scoprire il jazz. È quasi un colpo di fulmine. Gli orizzonti del giovanotto chietino cambiano improvvisamente e anche la sua impostazione stilistica per un po’ appare fortemente condizionata da quella di Waller. Negli anni immediatamente successivi alla Liberazione dà vita a ben due formazioni: il Cristall Trio e un sestetto impostato sulla falsariga delle formazioni di Benny Goodman di cui si occupa persino Down Beat, la rivista per le forze armate statunitensi di stanza in Europa. La sua popolarità si allarga e alla fine degli anni Quaranta se ne va a New York per suonare in una grande orchestra radiofonica. Nel marzo del 1950 è, però di nuovo in Italia per registrare negli studi della Parlophon una leggendaria versione di Begin the Beguine con il Trio, un gruppo che oltre a lui comprende Carlo Pes alla chitarra e Carletto Loffredo al basso. In breve tempo diventa uno dei più apprezzati strumentisti jazz di studio. Tra le sue registrazioni più famose ci sono quelle con il quartetto di Aurelio Ciarallo per la Columbia nel 1954, quattro brani con la Roman New Orleans Jazz Band per la RCA nel 1958 e otto nel 1959 con la stessa band che può contare per l’occasione anche sull’apporto del clarinettista Peanuts Hucko e del trombettista Trummy Young. Il 24 ottobre 1960, con Sergio Biseo al basso e Roberto Podio alla batteria, registra negli studi della RCA la famosa Pino solitario. Nella sua carriera ha incontrato quasi tutti i protagonisti del jazz di quel periodo. Suona a lungo con Stéphane Grappelli e, in jam session, incrocia il suo strumento con quelli di personaggi straordinari come Django Reinhardt, Louis Armstrong, Trummy Young, Cozy Cole, Arvell Shaw, Jack Teagarden, Bill Coleman, Barney Bigard, Don Byas, Toots Thielemans, Chet Baker, Max Roach, Zoot Sims, oltre a moltissimi musicisti europei. Da sempre poco incline a mostrarsi in pubblico, negli anni Sessanta rende il suo isolamento quasi inaccessibile rifiutando anche le proposte di nuove registrazioni. Muore nel 1992.
12 ottobre, 2024
12 ottobre 1985 – Chi diavolo sono i Ready For The World?
Il 12 ottobre 1985 al vertice della classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti arriva il brano Oh Sheila, una canzoncina gradevole e ben fatta firmata da una band che si fa chiamare Ready For The World. «Chi diavolo sono questi Ready For The World?» è la domanda che rimbalza negli ambienti musicali statunitensi e qualcuno comincia a pensare che la band non esista. C’è chi avanza esplicitamente l’ipotesi che la sigla nasconda un gruppo fantasma composto da strumentisti di studio al servizio di una geniale operazione commerciale della MCA Record. Prima che le voci riescano a prendere consistenza i Ready For The World si fanno vivi. Sono una vera band e non sono neanche di primo pelo. Nascono nel 1982 quando due tra i gruppi più popolari di Flint, nel Michigan, si raggruppano per esibirsi eccezionalmente insieme. Lo strano supergruppo, inizialmente formato più per scommessa che per effettiva convinzione, finisce per vivere di vita propria determinando la fine delle due band originarie. La sua composizione ha notevoli elementi d’originalità, visto che raggruppa strumentisti che rischiano di essere dei doppioni. Li aiuta nell’avventura la versatilità di alcuni elementi come il cantante, pianista e chitarrista Melvin Riley e l’eccentrico Gordon Strozier che passa indifferentemente dalla chitarra al basso alla batteria. La formazione dei Ready For The World è completata dal tastierista Gregory Potts, dal bassista John Eaton, dal batterista Gerald Valentine e dal percussionista Willie Triplett. Superati i problemi di amalgama i sei ragazzi incrociano sulla loro strada un disk jockey della loro città, “Mojo” Johnson, che ne intuisce le potenzialità, li aiuta a realizzare i primi demo e, soprattutto, li convince a investire i loro risparmi in un’etichetta indipendente, la Blue Lake Records, per la quale pubblicano il primo singolo Tonight. Il disco spopola solo nella loro città, ma attira l’attenzione della MCA che decide di scritturarli. Un singolo d’assaggio precede il grande successo di Oh Sheila che fa di loro uno dei gruppi rivelazione del 1985. Decisi a sfruttare il buon momento pubblicano anche l’album Ready For The World. La loro è, però, una breve fiammata. L’anno dopo, nonostante il buon successo del singolo Love you down entreranno in una fase di declino irreversibile che li riporterà rapidamente nell’anonimato.
11 ottobre, 2024
11 ottobre 1939 – Coleman Hawkins registra "Body and soul"
L’11 ottobre 1939 il sassofonista Coleman Hawkins registra per la prima volta Body and soul, destinato a diventare uno dei brani più popolari e venduti della storia del jazz. L’ha scritto di getto nella notte precedente e probabilmente non immagina neppure che il brano sia destinato a sopravvivergli anche dopo la morte. Del resto non sta attraversando un buon periodo. È da poco tornato negli Stati Uniti dopo un lunghissimo esilio artistico in Europa. Incerto sul da farsi al suo ritorno in patria ha trovato una realtà completamente diversa da quella che si era lasciato alle spalle. La sua stella non è più splendente come un tempo. Gli impresari e discografici lo considerano vecchio. La sua leadership artistica è messa in discussione un gruppo di strumentisti che si considerano suoi seguaci come Chu Berry, Ben Webster, Don Byas, Buddy Tate e Illinois Jaquet, solo per citarne alcuni. All’orizzonte, poi, sta spuntando l’astro di un altro grande sassofonista come Lester Young, considerato portatore di valori musicali alternativi ai suoi. In più c’è una rivoluzione in atto che sta per spazzare via gran parte dei musicisti della tradizione. Si chiama Be–bop e ha i principali alfieri in ragazzotti di belle speranze che si chiamano Dizzy Gillespie e Charlie Parker. Per la verità i boppisti lo considerano un po’ un maestro, una sorta di anticipatore. Spesso lo chiamano a suonare con loro e riconoscono pubblicamente che le sue elaborazioni armoniche sono state determinanti nel preparare il terreno all’avvento del loro stile. Nonostante tutto, però, sente le differenze generazionali e comincia a pensare che il suo periodo migliore sia ormai alle spalle. Non sono soltanto i pensieri cattivi di un artista in cerca di ispirazione. In realtà quando Hawkins compone e registra Body and soul sono in molti a considerarlo una sorta di ingombrante residuo del passato. Gran parte dei brani di quel periodo risentono della necessità di far qualcosa che possa rilanciarne la popolarità e sembrano un po’ finti, stucchevoli. Body and soul no. Si sente che è buttato giù d’istinto. Coleman non può immaginare che negli anni successivi diventerà uno dei grandi successi mondiali di tutti i tempi. Sopravviverà al passare delle mode e finirà per essere considerato quasi un simbolo per tutti i sassofonisti che vorranno ispirarsi ad Hawkins.
10 ottobre, 2024
10 ottobre 1934 - Elio Mauro, l'operaio dalla chitarra d'oro
Il 10 ottobre 1934 nasce ad Avezzano, in provincia de L'Aquila, il cantante e chitarrista Elio Mauro, all’anagrafe Aurelio Collacciani. Per lungo tempo per lui la musica resta soltanto un hobby da coltivare nel tempo libero che gli resta dopo il lavoro come operaio nelle Acciaierie di Terni. La svolta nella sua vita arriva inaspettatamente nel 1950 quando viene scritturato da una compagnia di varietà diretta Vichi De Roll e Anna Galento. Da quel momento lascia le Acciaierie di Terni per dedicarsi completamente alla musica. Dotato di una voce calda dall'impostazione moderna e di una buona tecnica chitarristica si adatta bene all'ambiente dello spettacolo anche perché non insegue particolari sogni di gloria. L'esperienza da operaio l'ha abituato ad accettare tutto quello che arriva senza guardare troppo per il sottile. Suona e canta con numerose orchestre ed è disponibile anche a sopportare le non sempre agevoli tournée nei locali da ballo di mezzo mondo. Proprio al ritorno da un lungo tour in terra straniera viene scritturato nel 1954 dalla Rupe Tarpea, un locale romano alla moda. Sono i tempi della "dolce vita" e Roma è un luogo d'incontro per le star hollywoodiane. Lui con la sua voce e la sua musica fa da colonna sonora ai frequentatori del suo locale, tra i quali c'è anche Ava Gardner. Proprio l'attrice, innamorata della sua musica, gli regala una chitarra d'oro. Nel 1955 vince un concorso alla RAI e inizia a cantare a Radio Roma, ma successivamente parte per un lungo tour negli Stati Uniti. Partecipa poi alla commedia musicale "Irma la dolce" con Vittorio Gassman e nel 1959 arriva secondo al Festival di Napoli cantando Padrone d''o mare. La sua popolarità è legata all’interpretazione di brani come Stella furastiera, Ave Maria no morro e, soprattutto La canzone del faro, sigla della famosa inchiesta televisiva "Viaggio nel Sud". La sua voce compare nelle colonne sonore di molti film tra cui il felliniano "Le notti di Cabiria". Muore il 29 agosto 1983.
09 ottobre, 2024
9 ottobre 1967 – Una raffica uccide il Che, non le sue idee
Alle 13.30 del 9 ottobre 1967, a La Higuera, un paesino della Bolivia, una raffica del mitra Uzi di fabbricazione belga in dotazione al sottufficiale dell’esercito boliviano Mario Teran e un colpo di pistola al cuore pongono fine alla vita di Ernesto ‘Che’ Guevara. La sua morte è stata decisa in accordo con i servizi segreti statunitensi per evitare i contraccolpi propagandistici di un processo pubblico. Il rivoluzionario argentino, comunista e giramondo, tra i principali protagonisti della rivoluzione cubana, che era arrivato in Bolivia per guidare la guerriglia è stato catturato poche ore prima dai soldati in un agguato insieme ad altri compagni. Guevara ha trentanove anni. La fotografia del suo cadavere steso su un tavolo con gli occhi aperti fa il giro del mondo. Contrariamente a quello che pensano i suoi aguzzini la sua morte, lungi dal chiudere per sempre la questione, ne farà un mito destinato a sopravvivere nel tempo. Mario Teran, il sottufficiale che gli avrebbe sparato l’ultima raffica, morirà suicida nell’aprile del 1968 a La Paz.
08 ottobre, 2024
8 ottobre 1941 – Il Quartetto Cetra per la prima volta alla radio
L’8 ottobre del 1941 accompagnato dall’Orchestra Zeme, il Quartetto Cetra si esibisce per la prima volta ai microfoni della radio. Nati sull’onda del successo delle canzoni del “filone dell’allegria”, con il nome di Egie, sigla ottenuta assemblando le iniziali dei loro nomi, Enrico Gentile, Giovanni Giacobetti detto ‘Tata’, Iacopo Jacomelli e Enrico De Angelis, debuttano al teatro Valle di Roma il 27 maggio del 1940 con “Caccia al passante”, uno spettacolo ideato e scritto dal loro amico Agenore Incrocci, che si firma con lo pseudonimo di Age e che è destinato a diventare uno dei grandi autori della commedia italiana. Nelle loro esecuzioni si ispirano al quartetto vocale americano dei Mills Brothers. Qualche tempo dopo a Iacomelli subentra Virgilio Savona, per cui, dopo alcune discussioni interne si decide di cambiare il nome di Egie in Quartetto Cetra. L’esordio ai microfoni della radio avviene proprio l’8 ottobre del 1941, quando, accompagnati dall’Orchestra Zeme, cantano Il Visconte di Castelfombrone. Nello stesso periodo, però, anche Enrico Gentile, il solista, è costretto a lasciare i compagni per adempiere agli oblighi militari e al suo posto arriva un giovane di Fondi in provincia di Latina, Felice Chiusano. L’ultima cambiamento nella formazione è del 1947, quando se ne va Enrico De Angelis che viene sostituito dalla moglie di Savona, Lucia Mannucci.
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