04 febbraio, 2025

4 febbraio 1982 – L'incostante Alex Harvey

Il 4 febbraio 1982 un infarto spegne la vita di Alex Harvey, uno dei più singolari personaggi della scena rock europea. Nato a Glasgow in Scozia il 5 febbraio 1935, inizia a suonare la chitarra in vari gruppi di skiffle e dopo aver fatto un'infinità di lavori alla fine degli anni Cinquanta forma la Alex Harvey Big Soul Band, una formazione che, con un robusto rhythm and blues arricchito da accenti ironici, fino alla metà degli anni Sessanta gode di una discreta popolarità accompagnando nei loro tour inglesi artisti come Gene Vincent o Eddie Cochran. Nel 1967 Harvey scioglie la band e inizia a vagabondare tra varie esperienze musicali partecipando anche alla registrazione e alla messa in scena della versione londinese del musical "Hair". Nel 1972 dall'incontro tra la sua geniale personalità e i componenti dei Tears Gas nasce la Sensational Alex Harvey Band con, oltre a lui, il chitarrista Zal Cleminson, il bassista Chris Glen, il batterista Ted McKenna e il tastierista Hugh McKenna. La band grazie a una coreografica e folle presenza scenica con ambientazioni paradossali e travestimenti vari riesce a imporsi all'attenzione del pubblico con buon successo. Nel 1978 la Sensational Alex Harvey Band si separa. Cleminson si unisce ai Nazareth, mentre Ted McKenna suona prima con Rory Callagher e poi con Michael Schenker. Alex, invece, alcuni mesi dopo forma una nuova band con il tastierista Tom Eyre, il chitarrista Matthew Cang, il batterista Simon Chatterton, il bassista Gordon Sellar e il sassofonista Don Weller. Nonostante la modesta accoglienza del primo album sembra il primo passo verso una nuova avventura. La morte di Alex cancella i progetti.


03 febbraio, 2025

3 febbraio 1960 – Buscaglione se ne va su una Thunderbird rosa

Sono le prime ore del mattino di mercoledì 3 febbraio 1960. Roma è immersa in una sorta di cappa umida formata da una pioggerellina fine, impalpabile, che penetra nelle ossa e lascia una brutta sensazione di freddo. Il cielo, cupo e nero, mostra i primi segni di cedimento nei confronti del timido chiarore che annuncia l’arrivo del giorno mentre il lucido velo d’acqua che copre le strade della città riflette la luce dei lampioni e le ombre silenziose dei rari passanti. Chiusi nei loro impermeabili o rannicchiati sotto gli ombrelli i lavoratori dei primi turni, con ancora addosso l’odore del sonno, incrociano, senza vederli, altri abitatori dell’alba. Sono i nottambuli ritardatari la cui giornata è arrivata al termine. All’improvviso il silenzio che grava su questa Roma assonnata viene lacerato dal rumore di una frenata sul fondo bagnato, dallo schianto secco e lamentoso delle lamiere che si piegano e dallo scroscio cristallino dei vetri rotti. Un’auto americana, una di quelle che soltanto gli uomini di spettacolo possiedono, si è schiantata contro un camion. L’autista è morto sul colpo. La vettura è una Thunderbird rosa. Non c’è bisogno di ricerche per sapere chi è il proprietario della vettura. Tutti a Roma sanno che quella è l’auto di Fred Buscaglione, il cantante con il baffo da mascalzone hollywoodiano, la voce roca, il bicchiere di whisky a portata di mano e la sigaretta sempre accesa. La notizia vola di bocca in bocca e in breve tempo centinaia di persone si radunano per rendere l’ultimo omaggio al primo grande “cantautore maledetto” della musica leggera del dopoguerra. Finisce così la storia del torinese Ferdinando Buscaglione, classe 1921, studente modello del Conservatorio “Giuseppe Verdi” della sua città che a quindici anni già si guadagna da vivere suonando il contrabbasso nei night e coltivando, tra le maglie della censura fascista, la passione per il jazz. Quando parte per il militare c’è la guerra, ma per lui dura poco perché nel 1943 viene catturato dagli americani e internato in un campo di concentramento in Sardegna. Le sue qualità non sfuggono ai carcerieri e ben presto si ritrova a suonare jazz e canzonette con l’orchestra militare della radio alleata che trasmette da Cagliari. Dopo la Liberazione torna casa e riprende i contatti con i suoi amici musicisti. Nel 1946 suona il contrabbasso nella jazz band del fisarmonicista Germonio e inizia a scrivere canzoni con il paroliere Leo Chiosso. Siccome non interessano a nessuno decide di cantarle da solo. Il suo debutto discografico avviene nel 1956 con Che bambola! che sfiora il milione di copie vendute senza quasi nessuna promozione e Porfirio Villarosa. «Il musicista nomade dalla voce di carta vetrata», come è stato definito da Gianfranco Baldazzi, diventa un protagonista dei principali locali notturni accompagnato dalla sua band, gli Asternovas, e l’idolo dei giovani anticonformisti dell’epoca. Teresa non sparare, Eri piccola così, Guarda che luna, Whisky facile, ironiche e ispirate alla atmosfere dei film “noir” americani, le sue canzoni fanno di lui il campione del primo boom discografico italiano. La sua è una sfida alla melodia tradizionale. I critici all’inizio storcono il naso. «Non sembra un cantante, ma un attore che racconta storie. La musica leggera è un’altra cosa». In realtà la sua voce si appoggia soltanto alla melodia e preferisce scivolare su ritmiche prese a prestito direttamente dal jazz e mai inserite prima d’allora in brani di musica leggera. È un anticipatore della “ribellione” dei cantautori e dei primi urlatori, ma non se ne rende conto. Vive la sua avventura con meraviglia e scetticismo. Quando muore ha trentanove anni ed è all’apice del successo. La sua scomparsa lascia un vuoto che, nonostante i ricorrenti imitatori dichiarati o autodichiaratisi suoi eredi, non verrà più colmato da nessuno.

02 febbraio, 2025

2 febbraio 1961 – Velma Middleton, la voce di Armstrong

Il 2 febbraio 1961 un collasso cardiaco stronca a Freetown, in Sierra Leone, Velma Middleton la quarantatreenne cantante degli All Star, la band di Louis Armstrong che, in quel periodo è impegnata in una tournée africana. Il destino ha voluto che la morte la colpisca proprio in quella "madre Africa" che nei quartieri poveri di St. Louis, dove è nata, viene raccontata come una sorta di "terra promessa" per il discendenti degli schiavi. L'incontro con la musica rappresenta per la giovane Velma la prima speranza in una vita altrimenti destinata a consumarsi tra fatica e miseria. Le prime esperienze nel coro della chiesa le consentono di scoprire qualità canore sufficienti a provare a volare via dal quartiere. Non ha ancora compiuto ventun anni quando, nel 1938, ottiene il suo primo vero ingaggio professionale e partecipa a una lunga tournée nell’America Latina della band di Clarence Robinson. La svolta vera nella sua carriera avviene, però, nel 1942 quando il grande Louis Armstrong la invita a far parte dei suoi All Stars. Lei accetta e lascia l’orchestra di Jimmy Lunceford, con la quale si esibisce ogni sera in un club di New York. La prima esperienza con la band di Armstrong non dura molto, perché, imprevedibile come sempre, Velma interrompe a sorpresa la sua collaborazione per partecipare allo spettacolo musicale "Born happy" al fianco del ballerino di tip-tap Bill "Bojangles" Robinson. Nel 1944, chiusa la parentesi teatrale la cantante torna a bussare alla porta di Louis Armstrong che la accetta senza discutere. Da quel momento non se andrà più fino alla morte. Personaggio esuberante e dal carattere forte, Velma Middleton dà voce alle invenzioni stilistiche di Armstrong e si integra perfettamente con tutti i grandi musicisti che, in vari periodi, affiancano il trombettista, da Jack Teagarden a Barney Bigard, a Sidney Catlett, a Earl Hines, a Cozy Cole, solo per citare i più importanti. La sua presenza scenica fa storcere il naso ai "puristi" che le rimproverano di scivolare in atteggiamenti da spettacolo di varietà per l'ironia con la quale porta sul palco la sua ingombrante mole fisica calandosi nella parte della "cicciona simpatica". Gli strali della critica si spingono fino a chiedere ad Armstrong di escluderla dalla esibizioni dal vivo. Il trombettista rifiuta e, anzi, a volte partecipa alle sue gag improvvisate durante l'esecuzione dei brani. Memorabili restano i loro duetti in "That’s my desire" e, soprattutto, in Big Butter and Egg Man.

01 febbraio, 2025

1° febbraio 1937 - Erik Amundsen, la musica non è tutto

Il 1° febbraio 1937 nasce a Oslo il contrabbassista Erik Amundsen. Il suo primo maestro è il fratello maggiore, il pianista Arvid che gli fa conoscere il jazz e lo aiuta a trovare i primi ingaggi. A quattordici anni la musica è già il suo mestiere. In breve è considerato uno dei migliori bassisti della scena musicale norvegese. Nel 1965 suona con il quartetto di Mikkel Flagstad e il quintetto e la big band di Kjell Karlsen. Nel 1961 dopo essere stato premiato come “miglior jazzista norvegese”, viene chiamato a far parte di una European All Stars Band, riunitasi in Germania per concerti e incisioni, e successivamente si misura poi con formazioni internazionali. Proprio nel momento di maggior successo decide che la musica non può essere l’unico orizzonte della sua vita. Decide allora di diventare un uomo d’affari anche se non abbandona del tutto il jazz visto che nelle ore libere suona il basso con vari gruppi di Oslo. Muore il 22 febbraio 2015.




31 gennaio, 2025

31 gennaio 1987 – La meteora Robbie Nevil

Il 31 gennaio 1987 al vertice della classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna arriva C'est la vie, un singolo di Robbie Nevil già piazzato con successo anche nelle classifiche statunitensi. In molti parlano del cantante come di una nuova promessa del pop internazionale. Nato a Los Angeles inizia la sua carriera lavorando come musicista di studio con moltissimi artisti come Sheena Easton, Al Jarreau, DeBarge ed altri. Verso la metà degli anni Ottanta comincia ad affermarsi come autore tanto che nel 1985 il suo brano Just a little closer, interpretato dalle Pointer Sisters viene inserito nel famoso album benefico We are the world. Nel 1986 decide che è giunto il momento di sfruttare in proprio il suo talento. Registra un album che porta il suo nome da cui vengono estratti un paio di singoli. Uno di questi è proprio C'est la vie che spopola nelle radio e nelle classifiche. È nata una stella? No. Rapido come una meteora con la stessa velocità con cui si è imposto rientra rapidamente nei ranghi dopo il modesto album A place like this del 1988.


30 gennaio, 2025

30 gennaio 1972 - Il sabato di sangue di Derry

Il 30 gennaio 1972 a Derry, nell'Irlanda del Nord, quindicimila persone, in grandissima maggioranza cattolici, marciano chiedendo maggior democrazia visto che all'epoca si vota ancora “per censo”, cioè il voto di chi è più ricco conta di più. I cattolici, esclusi dal potere economico, manifestano per rivendicare una delle più elementari regole della democrazia: “una testa, un voto”. Già che ci sono, poi, cercano di far capire che non ne possono più nemmeno delle vessazioni della Ruc, la polizia nordirlandese, protestante e unionista. Il corteo è pacifico e mescola bambini, ragazzi, ragazze, donne, uomini, vecchi e si conclude a Free Derry Corner, dove è previsto un comizio di Bernadette Devlin, la popolare leader cattolica nordirlandese. Proprio mentre la giovane sta per parlare la folla viene assalita da paracadutisti inglesi in assetto di guerra. L’aggressione è premeditata. L'intervento dei militari, che hanno l’ordine di sparare per uccidere, provoca quattordici morti e sedici feriti, tutti civili inermi. La strage suscita orrore provocando reazioni indignate e anche inaspettate come quella dell'ex Beatle Paul McCartney che poche settimane dopo pubblica il singolo Give Ireland back to the Irish (Ridate l’Irlanda agli Irlandesi). Dieci anni dopo gli U2 dedicheranno alla strage la loro Sunday bloody sunday.

29 gennaio, 2025

29 gennaio 1977 – Il "Car wash" dei Rose Royce

Il 29 gennaio 1977 arriva al vertice della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti il brano Car wash, tema conduttore del film omonimo. Lo interpreta un gruppo misterioso che si firma con il nome di Rose Royce. Dietro a questa sigla si nascondono alcuni tra i migliori sessionmen di Los Angeles, come il solista vocale Gwen “Rose” Dickey, il bassista e chitarrista Lequeint Jobe, il chitarrista Kenji Brown, il trombettista Freddie Dunn, il percussionista Terrall Santiel e il tastierista Mike Nash. Da tempo sono conosciuti e apprezzati sulla scena musicale losangelina e con il nome di Total Concept hanno partecipato alle registrazioni degli album di artisti come i Temptations, Edwin Starr e altri. L’avventura con il marchio Rose Royce nasce nel 1974 quando l'autore e produttore Norman Withfield lascia la Motown per creare la sua Whitfield Records. Proprio lui decide di fare dei Rose Royce una delle band di punta della sua casa discografica. La prima uscita discografica avviene proprio con Car wash, che ottiene un inaspettato e rapido successo e consente ai Rose Royce di vincere ben tre Grammy: come miglior band di R&B, miglior gruppo vocale e gruppo rivelazione. Visto il buon inizio decidono di continuare e pur non riuscendo più a ripetere lo straordinario successo pubblicheranno un pugno di album.


28 gennaio, 2025

28 gennaio 1952 - Papavero a chi?

Lunedì 28 gennaio 1952 inizia la seconda edizione del Festival di Sanremo. Dopo un anno l’interesse comincia a crescere e ben trecentottanta sono le canzoni inviate alla commissione esaminatrice: centoquaranta in più dell’anno precedente. Cresce anche il numero dei cantanti. A quelli della prima edizione, Nilla Pizzi, Achille Togliani e Duo Fasano, si aggiungono Gino Latilla e Oscar Carboni. Il Festival è trasmesso in diretta dal Secondo programma radiofonico della RAI. Il presentatore è sempre Nunzio Filogamo. Tra il pubblico sono presenti numerosi operatori discografici americani invitati come "osservatori" da Ladislao Sugar, uno dei pionieri italiani della moderna industria discografica. Il dato di crescita più rilevante è quello del biglietto d’ingresso alla manifestazione che aumenta di ben otto volte, passando dalle cinquecento lire del 1951 a quattromila, consumazione compresa: una bella cifra per quei tempi! Vince la canzone Vola, colomba... di Bruno Cherubini e Carlo Concina, interpretata da Nilla Pizzi che bissa così il successo dell’anno prima ma il vero successo è Papaveri e papere, una canzoncina spensierata nel filone delle “canzoni dell’allegria” scritta da Nino Rastelli, Mario Panzeri e Vittorio Mascheroni. Il disco della canzone vende più di settantamila copie, superando anche la vincitrice Vola, colomba..., ferma a quarantacinquemila, ed è protagonista di uno straordinario successo in terra britannica dove arriva alla bella cifra di seicentomila copie vendute. La canzone ispira anche il film “Lo sai che i papaveri...”, una commediola diretta da Vittorio Metz e Marcello Marchesi, che ha tra gli interpreti principali Walter Chiari e Anna Maria Ferrero e che incassa quasi quattrocento milioni di lire. La popolarità del brano è tale da suscitare anche una polemica politica. Secondo alcuni censori Papaveri e papere conterrebbe in codice una offensiva allusione nei confronti dei notabili democristiani dell’epoca, indicati nel testo come i “papaveri alti, alti, alti”. Come accade spesso in Italia, la polemica si spegnerà con la stessa rapidità con la quale si è accesa.

27 gennaio, 2025

27 gennaio 1981 – Claudio Villa non rappresenta il Festival di Sanremo!

«Non ho invitato Claudio Villa al Festival di Sanremo perché non rappresenta il festival come, per esempio, Nilla Pizzi, Modugno e tanti altri...». La frase di Gianni Ravera, buttata lì nel gennaio 1981, alla vigilia della rassegna sanremese, sembra studiata ad arte per suscitare scalpore. Conoscendo il carattere di Claudio Villa è impossibile, infatti, immaginare che possa restare senza risposta. Infatti il 27 gennaio 1981, un lunedì, il cantante convoca una conferenza stampa sotto la tenda Pianeta MD di viale Tiziano a Roma per annunciare la sua intenzione di proporre, al pubblico romano, nella settimana che precede il festival di Sanremo, un suo recital intitolato “Claudio Villa ‘81 - Concerto all’italiana”. I giornalisti l’attendono al varco e, inevitabilmente, il discorso si sposta sulle dichiarazioni del ‘patron’ di Sanremo. La risposta alla provocazione di Ravera è tagliente e pronta: «Villa non rappresenterebbe il festival di Sanremo? Quale Festival di Sanremo? Il Festival di Sanremo è morto dieci anni fa. L’ha ucciso Ravera. Lui odia la canzone italiana forse perché in veste di cantante non ha riscosso molto successo... è stato un mediocre artista e penso che sia vittima di forte un complesso d’inferiorità nei miei confronti...»




26 gennaio, 2025

26 gennaio 1961 – Il rock and roll sbarca a Sanremo

La sera del 26 gennaio 1961 il rock and roll arriva ufficialmente sul palcoscenico del Festival di Sanremo con la canzone 24 mila baci, interpretata da Adriano Celentano e Little Tony. È un brano violento, aggressivo, come si conviene a due esponenti di una generazione di giovani interpreti che sta cambiando le regole della canzone italiana. Composto dai registi Piero Vivarelli e Lucio Fulci con l'apporto, non si sa quanto veritiero, dello stesso Celentano, segna una rottura con la tradizione anche per il testo, accusato di ridurre l'amore a una sorta di meccanica gestualità. «Non c'è poesia» urlano i benpensanti attribuendo al passaggio «Niente bugie meravigliose/frasi d'amore appassionate/ma solo baci chiedo a te» un'importanza decisamente eccessiva. A complicare la situazione ci si mette anche Adriano Celentano che si presenta sul "sacro" palcoscenico del Festival in modo strafottente e fuori dagli schemi. Durante l'esibizione si contorce come se fosse stato morso dalla tarantola e non si preoccupa dell'impostazione vocale, privilegiando la fisicità del brano al suo effettivo valore musicale. Come se non bastasse si permette anche di voltare la schiena al pubblico dimenando i glutei in diretta televisiva. Sul palcoscenico di Sanremo con quell'esibizione non sbarca soltanto il rock and roll, ma anche la carica sessuale che l'accompagna. Sono i primi segnali di una rivoluzione sessuale che sta per cambiare le radici stesse e i valori morali della società borghese. La diretta televisiva amplia a dismisura l'impatto. La critica si divide. Pochi incoraggiano, qualcuno non capisce, i più storcono il naso e mentre l'elegante e ingioiellato pubblico che affolla il salone delle feste del Casinò di Sanremo ammutolisce inorridito, i perbenisti gridano all'oltraggio, ma i giovani sono tutti con Celentano. Il successo del brano è straordinario. Oltre un milione di copie del disco verranno letteralmente bruciate in poche settimane: ottocentomila nella versione di Celentano, il resto in quella di Little Tony, un ragazzo romano che ha alle spalle una lunga gavetta in Gran Bretagna come rocker latino adolescenziale. 24 mila baci farà il giro del mondo e, tradotto in innumerevoli lingue, entrerà nel repertorio di una lunga fila di interpreti dell'epoca, da Johnny Halliday a Peter Krauss. Farà scalpore anche in Polonia trionfando al Festival di Varsavia nell'esecuzione di una popolare interprete di rock and roll di quel paese.



25 gennaio, 2025

25 gennaio 1969 – "Lily the pink" e il fratello di McCartney

Il 25 gennaio 1969 ai vertici della classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna c'è un brano curioso. È Lily the pink, una canzone che porta per la prima volta in vetta alla classifica gli Scaffold, un ironico trio pop nato nella zona del porto di Liverpool. Di loro non si sa molto di più, salvo i nomi dei componenti: John Gorman, Roger McGough e Mike McGear. Quest'ultimo, che è anche l'anima del gruppo, nasconde dietro a uno pseudonimo il suo vero cognome, cioè McCartney. A Liverpool sanno tutti, infatti, che Mike è il fratellino più piccolo del Beatle Paul McCartney, ma lui non ci tiene troppo a diffondere la notizia. Pur essendo in buoni rapporti con Paul si sente un po' schiacciato dalla sua popolarità e teme di fare la figura del raccomandato. Il suo ambiente sono i pub della zona del porto, gli stessi nei quali ha incontrato i due amici con i quali ha dato vita agli Scaffold. Il trio, che verrà considerato negli anni Settanta una sorta di gruppo di culto dagli appassionati del filone demenziale, dopo una lunga gavetta nei vari locali della città dove è nato, fa il suo debutto discografico nel 1967 con il singolo Thank u very much. Gli Scaffold non sono, però, tagliati per la dimensione discografica. Frenetici e abili improvvisatori danno il meglio di sé negli spettacoli dal vivo che spesso si trasformano in veri e propri happening interattivi con il pubblico. Non è quindi un caso che la loro produzione discografica sia discontinua, quasi svogliata, in un alternarsi di insuccessi e strepitosi exploit che sembrano lasciare del tutto indifferenti i tre componenti. Dopo Lily the pink riusciranno ad arrampicarsi nuovamente ai vertici della classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna soltanto nel 1974 con Liverpool Lou. A dispetto delle apparenze però dietro la leggera e giocosa patina demenziale che caratterizza le loro esibizioni c'è un progetto interessante di integrazione tra musica e teatro che troverà la sua più compiuta realizzazione proprio nel 1974 quando il trio inizierà a lavorare con il gruppo teatrale dei Grimms. Dalla collaborazione nascerà anche un album interessante ma ovviamente al di sotto della resa scenica. Da parte sua Mike McGear parallelamente all'attività della band pubblica come solista gli album Woman e McGear, quest'ultimo prodotto dall'ingombrante fratello Paul McCartney che ne compone anche alcune canzoni, ma gli Scaffold sono un'altra cosa.

24 gennaio, 2025

24 gennaio 1959 - Paul Anka al Brancaccio di Roma

Il 24 gennaio 1959 al Teatro Brancaccio di Roma arriva Paul Anka. Dentro e fuori dal teatro sono centinaia le ragazzine urlanti in attesa del diciottenne autore e interprete di Diana. Il concerto romano coincide con l’apice della carriera di uno dei più importanti idoli adolescenziali degli anni Cinquanta. Nato il 30 luglio 1941 a Ottawa in Canada, figlio di ristoratori, a soli dodici anni forma il suo primo gruppo scolastico. Il talento della band attira l’attenzione di molti operatori del settore musicale che vorrebbero scritturarla, ma Paul preferisce proseguire da solo. Ottenuto dal padre il permesso di andare negli Stati Uniti si trasferisce a Hollywood presso uno zio. Talento precoce, a soli quattordici anni ha già al suo attivo la composizione di numerose canzoni. In quel periodo la giovane età non sembra essergli d’aiuto, ma i tempi stanno cambiando. L’industria discografica, infatti, è alla ricerca di adolescenti che possano conquistare un pubblico nuovo di consumatori di dischi. Dopo qualche singolo senza particolare successo per Paul Anka arriva la svolta. Nel 1957 il maestro Don Costa lo vuole con sé all’ABC-Paramount, una delle grandi case discografiche del periodo. Con la supervisione dello stesso Costa pubblica in singolo Diana che diventa il disco più venduto dell’anno e arriva al vertice delle classifiche discografiche in più di venti paesi. Il brano, una vera e propria pietra miliare della musica pop internazionale avrà oltre trecento diverse versioni in tutto il mondo. Il successo del concerto romano convincerà i suoi produttori delle possibilità del cantante sul mercato italiano tanto che Paul Anka registrerà numerosi dischi nella nostra lingua e parteciperà a varie edizioni del Festival di Sanremo. Sul piano internazionale fino al 1962 la sua carriera è ricca di successi e soddisfazioni. Con l’esplodere del beat e la nascita di nuovi eroi musicali invece di abbattersi sceglie di dedicarsi di più alla composizione. Alla sua vena creativa sono da attribuire grandi successi internazionali come She’s a lady di Tom Jones e, soprattutto, My way, uno dei cavalli di battaglia di Frank Sinatra. Astuto e intelligente gestore del proprio lavoro riesce a costruire attorno a sé un piccolo impero commerciale, tornando, di tanto in tanto, a pubblicare qualche disco e a cantare nei Club esclusivi statunitensi. Nel 1993 è stato inserito nella “Hall of Fame” della musica pop statunitense.

23 gennaio, 2025

23 gennaio 1972 – Big Maybelle, una cantante dalla tonalità ampia e distesa

Il 23 gennaio 1972 muore a Cleveland, nell’Ohio, la cantante Big Maybelle, una delle più originali voci del soul e del jazz. Nonostante la sua bravura la ragazza, nata a Jackson nel Tennessee nel 1924 ha continuato a lavorare nell'ombra dei club per molti anni spaziando dalle canzoni in chiave soul e blues al jazz. Big Maybelle per molti anni è conosciuta e apprezzata più dai musicisti e dagli addetti ai lavori che non da un pubblico per il quale è sostanzialmente una sconosciuto. Dopo questa fase un po’ oscura la vera carriera inizia all’alba dei… trentaquattro anni. Il grande pubblico, infatti, ha modo di conoscerla e di apprezzarla soltanto dopo la sua partecipazione al Festival del Jazz di Newport del 1958, dove ha modo di prodursi al meglio delle sue possibilità. La sua popolarità si estende ulteriormente anche grazie al film “Jazz on a Summer's Day”, realizzato durante da quella manifestazione. Da quel momento la tonalità ampia e distesa della sua voce e le innegabili doti interpretative le hanno consentito di farsi apprezzare nei blues, negli spiritual e soprattutto nei gospel. Proprio con i gospel ha ottenuto i migliori risultati della sua carriera esibendosi accompagnata da cori religiosi che meglio evidenziavano il timbro suggestivo del suo canto.


22 gennaio, 2025

22 gennaio 1995 - Tornano i Beatles!

Il 22 gennaio 1995 gran parte delle riviste musicali della Gran Bretagna danno spazio a una notizia clamorosa: tornano i Beatles. Come se fossero guidate da un’unica strategia sostengono che il 1995 sarà l’anno del grande ritorno del quartetto di Liverpool. Tra le sorprese più stupefacenti i di questa nuova “Beatles Invasion”, coordinata dal Neil Aspinal, un vecchio amico e collaboratore del gruppo, ci sarebbe anche una nuova canzone registrata da Paul, Ringo e George che dovrebbe essere presentata nel corso di una serie televisiva in dieci puntate destinata a ripercorrere la storia dei “Fab Four” e un album con nuove canzoni pescate dai loro ricchissimi archivi. La notizia del ritorno in sala di regisrazione è la novità più ghiotta, anche se non è la prima volta che si parla di una riunione della band e molti sono ancora gli scettici. Certamente però sull’onda del doppio album con le loro vecchie registrazioni alla BBC la Gran Bretagna è tornata nel periodo delle feste natalizie in piena “Beatlemania” e i gadget del quartetto di Liverpool hanno fatto la parte del leone sotto l’albero di Natale. Il più venduto è stato il poster che riproduce la copertina dell’album Sgt. Peppers Lonely Heart Club Band. Il ritorno però non ci sarà e la campagna stampa si rivelerà per quello che è: il sostegno a un progetto quasi esclusivamente commerciale. Dei tanti eventi annunciati due soli vedranno davvero la luce. Il primo sarà il programma televisivo intitolato “The Beatles anthology”, di tre e non di dieci puntate, con vecchie e nuove interviste alternate a concerti, ricordi, ecc destinato a finire anche in videocassetta. Il secondo è un singolo che si intitola Free as a bird e verrà pomposamente definito «il primo disco dei Beatles dopo lo scioglimento». In realtà si tratta di una sovrapposizione postuma di strumenti voci e arrangiamento a un brano registrato da John Lennon accompagnandosi con il pianoforte. Niente di nuovo sotto il sole. Solo qualche affare.

21 gennaio, 2025

21 gennaio 1906 - Hank Wayland, uno dei contrabbassi dello swing

Il 21 gennaio 1906 nasce a Fall River, in Massachusetts, Frederic Gregson Wayland, destinato a diventare con il nome di Hank Wayland, uno dei contrabbassisti più attivi negli anni d'oro dello swing. Inizia prestissimo a studiare la musica sotto la guida del padre e come molti altri ragazzi fa le sue prime esperienze nell'orchestra della scuola. Nel 1926, a vent'anni, va a cercare fortuna a New York. Qui trova senza troppa fatica una nutrita serie di ingaggi da parte di diverse orchestre, prevalentemente da studio. Pian piano la sua popolarità si allarga e nel 1934, mentre è impegnato con l'orchestra di Earl Carpenter, viene ingaggiato da Benny Goodman. La movimentata e un po' caotica vita di una big band di successo finisce per stancarlo. Alla fine dell'anno decide così di lasciare Goodman e riprendere il più tranquillo lavoro negli studi di incisione. Torna sui suoi passi nel 1936 quando entra nell'orchestra di Artie Shaw e successivamente in quelle di Bunny Berigan, Tommy Dorsey, Larry Clinton. Fra il 1941 e il 1942 suona con Bob Chester e nel 1943 si trasferisce sulla West Coast. Suona ancora per qualche tempo con Eddie Miller e in seguito lavora soprattutto negli studi di incisione, non rinunciando a qualche apparizione dei gruppi di Wingy Manone, Mike Riley e altre band dixieland della California. Muore il 27 marzo 1983.


20 gennaio, 2025

20 gennaio 1968 - In memoria di Woody Guthrie

Sei mesi dopo la morte di Woody Guthrie i suoi amici e i discepoli organizzano due grandi concerti in sua memoria. I raduni si svolgono simbolicamente sulle due coste degli Stati Uniti. Il primo si tiene al Carnegie Hall di New York il 20 gennaio 1968 con la partecipazione, tra gli altri, di Bob Dylan, Judy Collins, Arlo Guthrie, Tom Paxton, Pete Seeger e Richie Havens. Il secondo, invece, ha luogo all'Hollywood Bowl di Los Angeles e vede la partecipazione, tra gli altri, di Joan Baez, Arlo, Seeger, Havens e Country Joe McDonald. Gli incassi di entrambi i concerti e dei relativi dischi vengono destinati alla Fondazione Woody Guthrie per realizzare una biblioteca nel suo paese natale e per finanziare le ricerche sul morbo di Huntigton, la malattia che ha ucciso Woody.

19 gennaio, 2025

19 gennaio 1946 – Miss Dolly Parton, regina dei girovaghi

Il 19 gennaio 1946 nasce a Sevierville nel Tennessee Dolly Parton, una delle maggiori interpreti di country negli anni Sessanta e Settanta, divenuta poi una star del pop. Quarta di dodici figli, è ancora un'adolescente di belle speranze quando inizia a cantare con il nome di Miss Dolly nei Porter Wagoner, uno dei tanti gruppi di cantanti girovaghi che portavano il loro spettacolo nelle cittadine degli Stati Uniti viaggiando su coloratissimi autofurgoni. Nel 1967 pubblica il primo di una lunga serie di dischi che la portano in breve tempo a diventare una delle più popolari e amate interpreti del country. Si difende bene anche come compositrice regalando ad altre sue colleghe vari brani di successo come I will always love you a Linda Ronstadt e Coat of many colours a Emmylou Harris. A partire del 1974, pur senza abbandonare il country, inizia progressivamente a modificare il proprio stile orientandosi verso il pop. L'album Great balls of fire e la sua partecipazione al film "Dalle 9 alle 5 orario continuato", di cui interpreta anche il tema musicale, la trasformano in una delle più importanti interpreti musicali e cinematografiche degli anni Ottanta. Tra premi e grandi successi di vendite non abbandona il set. Nel 1982 interpreta la sua I will always love you nel film "Il più bel casino del Texas" con Burt Reynolds riportando per l'ennesima volta il brano nella classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti. Mentre nessuno più mette in discussione le sue qualità lei si diverte a scorrazzare tra i vari generi dello spettacolo trasformando regolarmente in oro tutto ciò che tocca: dischi, film e televisione. Insieme a Linda Ronstadt e Emmylou Harris realizza lo splendido album Trio, confeziona un sontuoso show televisivo e crea Dollywood, un parco di divertimenti di sua proprietà nel Tennessee. Nel 1992 il suo brano portafortuna I will always love you, che ormai ha più di vent'anni, viene inserito nella colonna sonora del film "Guardia del corpo" nella suggestiva interpretazione di Whitney Houston, protagonista della pellicola e vola al vertice delle classifiche di vendita di tutto il mondo, diventa il singolo dell'anno e stabilisce il nuovo record di permanenza al primo posto della classifica statunitense. Dolly incassa e non fa una piega. Anzi, stupirà il pubblico tornando al country più tradizionale con brani come Slow dancing with the moon e, soprattutto Honky tonk angels, interpretato con Loretta Lynn e Tammy Wynette.

18 gennaio, 2025

18 gennaio 1974 – Rick Wakeman: io tastierista rock? Non dite stupidaggini

Il 18 gennaio 1974 Rick Wakeman, il tastierista degli Yes da poco premiato dalla critica come “miglior tastierista rock del mondo”, si esibisce alla Royal Festival Hall di Londra in una performance straordinaria. Accompagnato dalla London Simphony Orchestra e dall'English Chamber Choir, diretti da David Measham, con la voce narrante dell’attore David Hemmings, esegue la sua opera Journey to the centre of the earth, una sinfonia per tastiere, sintetizzatori, orchestra, coro e voce narrante. Il concerto suscita entusiasmi decisamente eccessivi che finiscono per lasciare perplesso anche lo stesso Rick Wakeman. Qualche critico saluta addirittura la nascita di un nuovo genere, provvisoriamente battezzate “rock sinfonico”, ma il carismatico tastierista, figlio di Cyril Wakeman, il pianista della Ted Heath's Big Band, butta acqua sul fuoco. «Sono tutte stupidaggini. La musica è musica e basta. I generi, le etichette, come le mode, sono soltanto una sciocca invenzione. Come si fa a dire che io sono un tastierista rock? Che cosa vuol dire? Che cos’è il rock? Ho iniziato a studiare pianoforte a quattro anni sotto la guida di mio padre e a diciassette mi sono diplomato al Royal College of Music. Successivamente ho ottenuto il dottorato, anche se non mi faccio chiamare professore. Mi piace la musica, tutta la musica che riesce a esprimere sentimenti ed emozioni. Sono rock per questo?». Trincerato dietro la sua pila di tastiere, tra cui un organo Hammond, un sintetizzatore Moog, un pianoforte Rhodes e un Mellotron, Wakeman, con i suoi lunghi capelli biondi e il mantello svolazzante, è considerato ormai una sorta di “stregone delle tastiere” e uno dei personaggi più emblematici della capacità del “progressive” degli anni Settanta di fondere senza imbarazzi tutte le correnti musicali che l’hanno preceduto. Il successo di Journey to the centre of the earth, che segue di un anno la buona accoglienza riservata al suo primo lavoro The six wives of Henry VIII, lo convincono a chiudere la sua collaborazione con gli Yes e a continuare sulla strada della ricerca solistica. In estate terrà un concerto al Cristal Palace Garden con l'accompagnamento di ben centodue persone tra musicisti e coro e alla fine del 1974 la critica lo eleggerà per la seconda volta consecutiva “miglior tastierista del mondo”. La separazione dagli Yes non sarà definitiva ma il miglior periodo della band è ormai alle spalle.



17 gennaio, 2025

17 gennaio 1973 – Edgar Sampson, un agnello polistrumentista


Il 17 gennaio 1973 a Englewood, nel New Jersey, muore Edgar Melvin Sampson, soprannominato "The lamb", l'agnello, per i suoi capelli ricci e setosi. Ha sessantacinque anni e da tempo è stato colpito da una misteriosa malattia che ha lasciato spazio a varie ipotesi sulle quali lui tace. Gli annuari del jazz parlano di lui come di un sassofonista, ma in realtà The Lamb, pur avendo dato il meglio di sé al sassofono, è un polistrumentista ricco di genio. Il suo incontro con la musica avviene, infatti, quando, ancora piccolo, comincia a fare esperienza davanti alla tastiera di un pianoforte, passando poi al violino. L'incontro con il sassofono avviene più tardi, quando il giovane Sampson sta già frequentando le scuole superiori. È amore a prima vista, anche se destinato a restare segreto per qualche tempo. Nel 1924, infatti, fa il suo debutto come strumentista suonando il violino al fianco di Joe Coleman. Tre anni dopo entra a far parte della big band di Duke Ellington e tra il 1928 e il 1930 suona con le orchestre di Arthur Gibbs e Charles Johnson. Passa indifferentemente dal violino al sassofono, ma lascia ad altri il compito di pigiare sulla tastiera del pianoforte. All'inizio degli anni Trenta sembra trovare un equilibrio definitivo nell'orchestra di Fletcher Henderson, che sfrutta in modo intelligente la sua capacità con entrambi gli strumenti. The Lamb, però, non si lascia intruppare. Nel 1933 chiude il suo rapporto con Henderson e inizia a lavorare con Chick Webb. Alla coppia si devono brani come Blue Lou, Stompin’ at The Savoy o Lullaby in rhythm, considerati ancora oggi tra le migliori pagine scritte durante l’era dello swing. Chiusa anche la collaborazione con Webb, Sampson giura a se stesso di dedicarsi completamente all’arrangiamento e alla composizione abbandonando la carriera solistica. Non è l'ultimo atto del suo percorso musicale. Nel 1944 Al Sears lo convince a suonare il sassofono nella sua orchestra e lui rompe il giuramento e ricomincia a vagabondare tra le migliori formazioni dell'epoca, con una predilezione per quelle che si esibiscono nei locali di New York, in modo da non doversi spostare. Negli anni Cinquanta scopre la nuova frontiera delle sonorità latino-americane e presta il suo sassofono alle formazioni di Tito Puente, Tito Rodriguez, Manolo Guerra e altri. All'inizio degli anni Sessanta i primi sintomi della misteriosa malattia lo costringono a chiudere con la musica.


16 gennaio, 2025

16 gennaio 1938 – Con Benny Goodman alla Carnegie Hall è swing craze

Il 16 gennaio del 1938 alla Carnegie Hall di New York suona l’orchestra di Benny Goodman. È una data storica perché proprio a quel celebre concerto si fa risalire lo scoppio della swing craze, la follia dello swing. Mentre le note dei musicisti attraversano l’aria migliaia di giovani, aperte le porte di quello che fino a quel momento era stato considerato il tempio della musica classica, iniziano a ballare fra le poltrone, nei corridoi, nella hall del teatro e ovunque ci sia un po' di spazio. È nata la “swing era”, cioè l’era dello swing, una moda di massa che coinvolge prima gli Stati Uniti e poi il resto del mondo che è destinata a durare fino alla fine della seconda guerra mondiale. Proprio in quegli anni viene sublimato il rapporto tra il jazz e la danza. Il concerto di Benny Goodman, però, non è solo questo. L’avvenimento però non segna soltanto l’inizio della follia dello swing. Dopo quel concerto infatti il jazz, conquistatosi il diritto di entrare nella grande sala costruita da Andrew Carnegie, inizia a essere riconosciuto musica d'arte e lascia i club e i locali notturni per entrare nelle sale da concerto per diventare essenzialmente musica d'ascolto. Proprio nel momento in cui tocca attraverso lo swing la danza e il jazz si incontrano quest’ultimo fa un salto di qualità e scarta di lato, lasciando che il compito di far ballare negli anni successivi se lo assumano generi da lui derivati come il rhythm'n blues e poi il rock'n'roll.