22 febbraio, 2025

22 febbraio 1926 - Dave Bailey, da batterista a pilota

Il 22 febbraio 1926 a Portsmouth, in Virginia, nasce Samuel David Bailey destinato a lasciare un segno nella storia del jazz come batterista con il nome di Dave Bailey. Dopo aver imparato i primi rudimenti musicali in famiglia comincia a pestare sui tamburi sotto la guida di alcuni maestri di Philadelphia. Nel 1947 si trasferisce a New York per studiare al Music Center Conservatory. Il primo ingaggio professionale arriva relativamente tardi, nel 1951 quando Dave ha già smesso da tempo di portare i calzoni corti. La scrittura, però, è prestigiosa visto che arriva da Herbie Jones, con il quale rimane fino al 1953. In seguito suona con Johnny Hodges, Al Sears, Lou Donaldson, Charlie Mingus, Horace Silver e Gerry Mulligan nella cui orchestra resta dal 1955 al 1959. Lavora poi con Ben Webster, Benny Golson, Art Farmer e Billy Taylor. Nei momenti liberi si offre come free lance da studio o da concerto lavorando, tra gli altri, con Chris Connor e con il gruppo di Clark Terry e Bob Brookmeyer. Durante una permanenza in Brasile scopre i principi della bossa-nova molto prima che trovino adeguata diffusione e li applica con molto anticipo in South American Cooking una incisione pubblicata a nome del trombonista Curtis Fuller. Ottenuto il brevetto di pilota, dal 1969 al 1973 abbandona la carriera musicale per pilotare il jet privato di un famoso avvocato. Dal 1973 lavora poi per l'organizzazione Jazzmobile, di cui nel frattempo è divenuto direttore amministrativo. Giusto per riempire il tempo si dedica poi anche all'insegnamento.

21 febbraio, 2025

21 febbraio 1936 – Junior Club, covo di esterofili!

Il 21 febbraio 1936 la Galleria Vittorio Emanuele, il cuore della Milano "bene", ospita un avvenimento destinato a restare nella storia del jazz italiano. Nelle salette superiori del Caffè Campari si inaugura lo Junior Club, una sorta di sezione milanese del più famoso omonimo circolo jazzistico giovanile inglese. Il merito è da attribuire alla straordinaria incoscienza di un gruppo composito, che mescola studenti appassionati di jazz e qualche strumentista. La nascita dello Junior Club è un vero e proprio schiaffo in faccia al conformismo culturale del regime fascista e alla sua ostentata ostilità nei confronti di tutto ciò che arriva dall’estero, in particolare dalla "terra d'Albione", cioè l'Inghilterra. In più, come se non bastasse l'evidente affiliazione a una struttura associativa inglese, gli aderenti hanno la dichiarata propensione ad ascoltare e a diffondere una musica dalle radici ancora più lontane come il jazz. Ce n'è abbastanza per scatenare un putiferio. Eppure quelli dello Junior Club incutono un certo timore all'autorità costituite che non se la sente di prenderli di petto chiudendone l'attività. La guerra contro il gruppo inizia con una sorta di campagna preliminare di delegittimazione. La stampa e gli opinionisti cominciano a far notare, sottovoce e senza enfasi, il cattivo gusto di chi lo ha voluto collocare nel cuore delle patriottica Milano, protagonista delle eroiche Cinque Giornate contro "lo straniero". C'è anche chi rileva come non sia elegante neppure l'idea di portare la musica jazz nella città che ha dato lustro alla musica di Giuseppe Verdi. Pian piano la campagna di stampa cresce di tono fino a diventare più accanita e violenta. Se le critiche de “Il Popolo d’Italia”, organo ufficiale del Partito Nazionale Fascista si distinguono per causticità, “Libro e moschetto”, il giornale della Gioventù Universitaria Fascista, arriva a veri e propri incitamenti alla violenza contro gli iscritti al club definiti “negrofili” e accusati di essere più o meno consapevolmente sostenitori di una potenza straniera. L'azione demolitoria sul piano della comunicazione viene successivamente seguita da varie azioni dimostrative. Di fronte a tutto ciò e alle continue provocazioni degli organi di polizia e di vigilanza, i soci e i frequentatori delle salette superiori del Caffè Campari finiranno per gettare la spugna. Lo Junior Club chiuderà i battenti, ma resterà nella storia della jazz italiano come uno dei tanti episodi di resistenza culturale al fascismo.

20 febbraio, 2025

20 febbraio 1980 – Muore assiderato Bon Scott, il cantante degli AC/DC

Il 20 febbraio 1980 muore Bon Scott, il cantante degli AC/DC in circostanze che hanno dell’incredibile. Tutto comincia il giorno prima quando, insieme al suo il amico musicista Alistair Kennear se ne va al Music Machine di Camden Town per passare alcune ore ascoltando musica. Il programma del locale prevede l’esibizione dei Protex e dei Tendies. Bon Scott accompagna l’ascolto con grandi libagioni. Verso sera, quando è ora di tornare a casa, è ubriaco fradicio. Alistair Kennear lo aiuta a salire sulla sua automobile e si avvia verso casa. Arrivato a destinazione cerca inutilmente di svegliare l’amico. Bon Scott reagisce a grugniti e Kennear decide allora di lasciarlo dormire nell’auto. Alla mattina scende, va alla sua auto, chiama e scuote il dormiglione, ma Scott non risponde e non dà alcun segno di vita. Alistair Kennear capisce che c’è qualcosa che non va. Si mette alla guida e corre verso il King’s College Hospital. Qui, purtroppo, i medici non possono far altro che constatare la morte del trentaquattrenne cantante degli AC/DC. L’inchiesta condotta dalla polizia appurerà poi che la causa della morte è da ricercare nella combinazione tra il freddo della notte e i postumi della sbronza presa al Music Machine.

19 febbraio, 2025

19 febbraio 1983 – I Kajagoogoo per la prima volta al vertice

Il 19 febbraio 1983 al vertice della classifica britannica dei dischi più venduti c’è il brano Too shy firmato dai Kajagoogoo, una band formata solo pochi mesi prima dal cantante e autore Limahl, un musicista con all'attivo alcune partecipazioni teatrali ai musical "Aladino" e "Godspel". Oltre a lui ne fanno parte il bassista Nick Beggs, il chitarrista Steve Askew, il tastierista Stuart Croxford-Neale e il percussionista con vocazione elettronica Jez Strode. Il loro produttore e manager è addirittura Nick Rhodes dei Duran Duran, che cura personalmente il singolo Too shy che li porta al vertice della classifica e li incorona tra le band rivelazione del momento. Con uno stile da loro stessi definito "electro-funky” i Kajagoogoo confermano il loro successo con il singolo Ooh to be ah e con l'album White feathers. Pochi mesi dopo però Limahl molla il gruppo deciso a continuare come solista approfittando della notorietà raggiunta. Il brutto tiro non ferma i compagni. Perso Limahl il resto della band continua con Beggs nel ruolo di cantante. Nel 1984 gli l'album Islands e i singoli The lion's mouth e Turn your back home vengono però accolti con freddezza dal pubblico. Modificato il nome da Kajagoogoo a Kaja pubblicano ancora, nell'estate del 1985, Shouldn't do that, dopo il quale si separano.





18 febbraio, 2025

18 febbraio 1967 - Oppenheimer: le mie mani sono sporche di sangue!

Il 18 febbraio 1967 muore a Princeton il fisico Julius Robert Oppenheimer, il capo di quel "progetto Manhattan" che aveva portato una ventina d'anni prima alla realizzazione della bomba atomica. Nato a New York il 22 aprile 1904 è l'artefice di numerose importanti scoperte soprattutto nel campo della meccanica quantistica, ma la sua fama resta legata soprattutto alla costruzione della prima bomba atomica e alla successiva crisi di coscienza che lo porta a rifiutare di lavorare sulla bomba all'idrogeno e lo fa finire nel mirino del Comitato per la repressione delle Attività Antiamericane. Famosa resta la sua frase, indirizzata a Henry Truman, Presidente degli Stati Uniti d'America nel 1946: «Signor Presidente, le mie mani sono sporche di sangue», alludendo alle vittime delle bombe di Hiroshima e Nagasaki.

17 febbraio, 2025

17 febbraio 1973 – Lo Zarathustra di Deodato

Il 17 febbraio 1973 al vertice della classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti c'è un brano decisamente inusuale. È Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra) e reca la firma di un autore illustre come Richard Strauss. Un brano di musica classica al vertice del pop? Non proprio. Si tratta, in realtà di una versione funky del celebre brano, arricchito da una serie di arrangiamenti deliziosi. Ne è artefice un musicista brasiliano, che risponde al nome di Eumir Deodato, sconosciuto al grande pubblico del pop internazionale, ma noto da tempo nell'ambiente del jazz. È nato a Rio De Janeiro e proprio nella sua terra ha iniziato a prestissimo a mettere in mostra le sue capacità di pianista fino a essere considerato uno dei più notevoli giovani talenti brasiliani. Gli studi classici fanno da supporto a una geniale inventiva e a un profondo amore per il jazz, da lui vissuto, sull'onda dell'esperienza della Bossa Nova, come l'anello di congiunzione tra la tradizione musicale della sua terra e i nuovi orizzonti indicati dagli strumentisti nordamericani. Proprio grazie al successo internazionale della Bossa Nova negli anni Sessanta sbarca a New York. Ventenne di belle speranze meraviglia pubblico e critica lavorando al fianco delle grandi stelle del jazz della sua terra come Astrud Gilbert e Luis Bonfà. Nel 1970 si trasferisce definitivamente a New York, dove gode della stima incondizionata dei suoi colleghi musicisti. L'exploit di Also sprach Zarathustra arriva improvviso, ma non nasce per caso. È il frutto di una lunga frequentazione con gli ambienti del jazz-rock e della fattiva collaborazione di alcuni tra i principali esponenti del genere. Senza nulla togliere al geniale arrangiamento di Eumir Deodato occorre, però, rilevare come nelle sonorità si senta l'apporto prezioso di eccellenti strumentisti. Un esempio per tutti è il sorprendente assolo di basso di Stanley Clarke. La cui collaborazione, insieme a quella di Billy Cobham, Rick Marotta ecc. accompagnerà l'artista brasiliano anche negli anni successivi. Il successo internazionale di Also sprach Zarathustra finirà per condizionare il futuro di Deodato. Il musicista brasiliano, infatti, alla ricerca di sempre nuove conferme finirà per allontanarsi progressivamente dall'originaria impostazione jazzistica orientando la sua produzione verso forme sempre più commerciali fino ad approdare, senza particolari imbarazzi, alla disco music.

16 febbraio, 2025

16 febbraio 1985 - "Careless whisper" al vertice negli USA

Il 16 febbraio 1985 il singolo Careless whisper di George Michael arriva al primo posto della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti. La storia del brano è curiosa. Registrato nel 1984 e presentato come singolo del solo George Michael in realtà è stato scritto insieme ad Andrew Ridgeley, il suo compagno d'avventura negli Wham!, ben tre anni prima quando George lavorava come usciere in un cinema a Watford, in Inghilterra. Negli Stati Uniti, dove i dischi del duo vengono pubblicati come Wham! UK, per distinguersi da una band americana con lo stesso nome, singolo viene pubblicato con la sigla “Wham! featuring George Michael”. La "conquista" degli Stati Uniti rappresenta la definitiva consacrazione sulla scena internazionale di George Michael, fino a quel momento un fenomeno quasi esclusivamente britannico. Il brano conquista anche la prima posizione nella classifica dei dischi più venduti in Canada, Giappone, Australia e Italia con oltre sei milioni di copie vendute.

15 febbraio, 2025

15 febbraio 1968 – Little Walter Jacobs, l’armonicista che amava Chicago

Il 15 febbraio 1968 a Chicago si chiude drammaticamente la carriera e la vita di uno dei più grandi armonicisti della storia del blues. Aggredito e accoltellato per strada da una banda di teppisti Little Walter Jacobs, collaboratore e grande amico di Muddy Waters, viene soccorso e ricoverato in ospedale, ma muore per il sopravvenire di una grave emorragia cerebrale. Ha trentotto anni ed è originario di Marksville, in Louisiana. Il suo vero nome è Marlon Walter Jacobs e l’appellativo “Little” (piccolo) se lo guadagna sul campo nel 1942, accompagnando, a soli dodici anni, varie bands nei fumosi jazz club di New Orleans. Autodidatta, inizia a suonare l’armonica all’età di otto anni e ben presto diventa popolarissimo più tra gli addetti ai lavori che tra il pubblico. Per qualche anno arricchisce la sua esperienza esibendosi con il chitarrista James DeShay finché, dopo il suo diciassettesimo compleanno, decide di coronare un sogno trasferendosi a Chicago. Nelle sue fantasie d’adolescente precocemente cresciuto, infatti, la città dell’Illinois rappresenta una sorta di terra promessa dove poter conoscere i grandi del blues e, magari, suonare anche con loro. Inaspettatamente i sogni sembrano realizzarsi fin dal primo momento. La sua armonica accompagna le esibizioni di Lazy Bill Lucas, Johnny Young e Jimmy Rogers, prima di affascinare il grande Muddy Waters, che gli propone di unirsi al suo gruppo. È il 1948 e Little Walter ha compiuto da poco diciott’anni. Non abbandonerà mai il suo amico Muddy, neppure quando, nel 1953 darà vita anche a un suo gruppo: Little Walter and His Jukes. Nel corso degli anni la critica gli riconosce il pregio di essere riuscito a valorizzare nel blues il ruolo di uno strumento “povero” come l'armonica conferendogli una rara e profonda espressività, soprattutto sui tempi lenti. A lui si ispirano un gran numero di bluesmen, soprattutto gli alfieri del blues bianco degli anni Sessanta, come Paul Butterfield e John Mayall. Proprio nelle vie di quella che lui considerava la “città dei suoi sogni” subisce l’aggressione mortale. Uno scherzo del destino per il suonatore d’armonica che aveva accompagnato, chissà quante volte, con il suo strumento i versi malinconici di un antico blues da strada: «Quel che Chicago dà, amico, Chicago si riprende».


14 febbraio, 2025

14 febbraio 1976 – Andrea True, una pornostar al vertice della classifica

Il 14 febbraio 1976 entra in classifica negli Stati Uniti More more more (part 1), un singolo interpretato da Andrea True, fino a quel momento conosciuta soltanto come pornostar. L'exploit della ragazza fa storcere il naso i benpensanti e ai voyeur che l’hanno ammirata in varie evoluzioni sessuali. I primi non sopportano il suo passato da pornostar mentre i secondi non si rassegnano al fatto che la ragazza abbia chiuso con il sesso in pellicola. Nata a Nashville Andrea True si trasferisce a New York alla fine degli anni Sessanta intenzionata a fare la cantautrice, ma non trova nessuno disposto a scommettere sulle sue capacità canore. Dopo decine di provini andati a male decide di provarci in proprio. Per recuperare il denaro necessario inizia a lavorare nel mondo dell' hard core e quando ha messo da parte un buon gruzzolo ci riprova. Va in Jamaica e registra il brano More, more, more con il produttore e arrangiatore Gregg Diamond, poi lo porta alla casa discografica Buddah Records e questa volta fa centro. Andrea gestisce con grande furbizia tutta l’operazione. La canzone racconta le sensazioni di una ragazza che fa l’amore davanti alla cinepresa e gran parte del suo repertorio utilizza parole che sembrano prese in prestito ai “dialoghi” dei film hard come «...tienilo su più a lungo…» «...saziami…» ecc. More, more, more ottiene un successo straordinario nel panorama dance dell’epoca e finisce in una lunga serie di compilation. Ancora oggi è campionato da un’infinità di gruppi del panorama danzereccio rap e hip hop. Come prosegue la storia? La storia non prosegue perché Andrea True dopo qualche singolo e un album, un anno dopo il suo primo grande successo sceglie la Disco Convention di New York per annunciare a sorpresa la sua intenzione di abbandonare la scena dance.


13 febbraio, 2025

13 febbraio 1971 – Una mela cattiva lancia gli Osmonds

Il 13 febbraio 1971 al vertice della classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti arriva One bad apple, un brano che consacra gli Osmond Brothers, conosciuti anche come Osmonds, tra i gruppi rivelazione dei primi anni Settanta. La storia del gruppo, composto dai figli di George e Olive Osmond, è simile a quella dei Jackson Five di cui, in qualche modo, rappresentano l’alternativa “bianca”. I primi Osmond Brothers furono Alan, Wayne, Jay e Donny. A loro si aggregano, poi la dodicenne Marie, l'unica ragazza della famiglia e il piccolo Jimmy di otto anni. Il successo della famiglia canterina tra il 1971 e il 1975 è rapido e benedice si gli Osmond Brothers come gruppo, che Jimmy, Donny e Marie come solisti e Donny e Marie come duo. Il duello a distanza con i Jackson Five si alimenta anche della rivalità tra i due leader Michael Jackson e Donny Osmond. Il loro successo ha dell’incredibile. In cinque anni i fratelli Osmond vendono venti milioni di dischi con brani come One bad apple, Yo yo, Crazy Horses, Going home, Let me in, I can't stop e Love me for a reason, soltanto per citare quelli del gruppo ed escludendo i successi dei singoli componenti. Nonostante gli incredibili risultati, inaspettatamente nel 1975 il gruppo entra in una fase declinante e finì per diventare una stanca ripetizione di se stesso. Nel 1982 i quattro fratelli maggiori si riuniranno nuovamente, senza Donny, aprendo un nuovo periodo nella storia del gruppo ed esibendosi quasi esclusivamente nei circuiti del country.




12 febbraio, 2025

12 febbraio 1972 – Con “Grease” nasce il rock nostalgico

Il 12 febbraio 1972 a Broadway viene presentato per la prima volta il musical “Grease”. Nessuno si immagina che quella mielosa favoletta in puro stile anni Cinquanta è destinata a battere ogni record di longevità. Verrà rappresentata ininterrottamente per 3.388 serate fino al 13 aprile 1980 quando, non senza rimpianti, verrà tolta definitivamente dal cartellone. L’operina in chiave rock and roll segna anche la nascita di un fenomeno musicale battezzato dalla critica con i nomi di “rock and roll revival” o anche “nostalgic rock”. Al di là delle sigle si tratta della riproposizione di classici del passato da parte di artisti specializzatisi in una sorta di archeologia musicale. La moda prende piede nei club di Manhattan nei primi anni Settanta. Tra i primi esponenti ci sono i Manhattan Transfer che si ispirano ai gruppi vocali del passato dal doo-wop al be-bop e gli Sha Na Na che puntano più sulle parodie. Proprio alle loro parodie è ispirata anche la serie televisiva "Happy days". Sulla linea dei Manhattan Transfer ci sono anche i Persuasions che rispolverano il canto a cappella, adattandola al soul e al pop mentre Leon Redbone riscopre gli standard di blues e jazz degli anni Trenta e Quaranta e i Colorblind James Experience rinnovano la tradizione delle armonie da "barbiere". I più originali sono i New Rhythm And Blues Quartet (NRBQ) che propongono anche le colonne sonore di “Bonanza” e “North to Alaska” in versione free jazz. Il “nostalgic rock” finirà alla fine negli anni Settanta come fenomeno di massa ma non scomparirà del tutto, alimentando un circuito di nicchia di locali e produzioni discografiche.


11 febbraio, 2025

11 febbraio 1978 – La prima volta dei Magazine

L’11 febbraio 1978 i Magazine entrano per la prima volta nella classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna con il singolo Shot by both sides. Il successo commerciale saluta così la band formata a Manchester l’anno prima dall’ex Buzzcocks Howard Devoto. Il cantante e autore, lasciatosi dietro alle spalle il gruppo precedente era riuscito a dar vita ai Magazine dopo una lunga ricerca, anche con inserzioni sui giornali specializzati, con il bassista Barry Adamson, il tastierista Dave Formula, il chitarrista John McGeoch e il batterista Martin Jackson. Shot by both sides viene anche proclamato "miglior brano punk dell'anno". Pur essendo una band dalle evidenti radici punk i Magazine dimostrano una sorprendente capacità evolutiva e riescono così a superare la crisi del genere e a conquistare il favore del pubblico al punto che Devoto diventa uno dei cantanti più popolari della nuova generazione inglese. Dopo l'album Real life (1978) Jackson viene sostituito dal batterista John Doyle. Nel 1979 pubblicano Secondhand daylight, un album molto impegnativo, con riferimenti al rock progressivo dei Van Der Graaf Generator e degli Audience, accolto con eccessiva freddezza dalla critica nonostante il successo di brani come Thank you (versione di un brano di Sly and The Family Stone), Give me everything e A song from under the floorboard. Nel 1980 dopo che il chitarrista Robin Simon ex Ultravox ha sostituito John McGeoch, unitosi ai Siouxsie & The Banshees i Magazine pubblicano ancora gli album The correct use of soap e Play, un live registrato a Melbourne. Nel 1981 dopo l'album Magic, murder and the weather, Devoto annuncia lo scioglimento della band. Successivamente Formula formerà con McGeoch i Visage, mentre Devoto pubblicherà come solista nel 1983 l'album Jerky visions of the dream da cui verranno estratti i singoli Rainy season e Cold imagination.


10 febbraio, 2025

10 febbraio 2009 - Risarciti gli indigeni creatori dell’Haka

Dopo 160 anni di polemiche e rivendicazioni il 10 febbraio 2009 il governo della Nuova Zelanda sigla con otto tribù native un accordo di risarcimento per gli “abusi” dei colonizzatori inglesi. La cifra concordata è di 300 milioni di dollari neozelandesi, pari a circa 121 milioni di euro. L’aspetto che più suscita l’attenzione dei media è la concessione a una delle tribù della proprietà intellettuale e i diritti commerciali del canto di battaglia più popolare del mondo, l’haka, la colonna sonora che da oltre un secolo accompagna tutte le partite degli All Blacks, e incarna il simbolo della potenza e della fierezza del rugby. I destinatari dei diritti sono gli appartenenti alla tribù Ngati Toa il cui capo guerriero Te Rauparaha, eseguì per la prima volta questa “danza per uomini” all'inizio del XIX secolo.


09 febbraio, 2025

9 febbraio 1985 - Nove milioni di voti per il Festival di Sanremo

Sono quasi nove milioni gli italiani che concorrono con le loro schede a determinare il vincitore del Festival di Sanremo del 1985 attraverso una votazione collegata alle ricevitorie del Totip. Il 9 febbraio 1985 sul palcoscenico sanremese Pippo Baudo, affiancato dalla decorativa Patty Brard, proclama vincitori i Ricchi e Poveri con il brano Se mi innamoro, davanti a Luis Miguel, interprete di Noi, ragazzi di oggi e alla sorprendente e rediviva Gigliola Cinquetti con Chiamalo amore. Quest’edizione del festival sanremese vede la partecipazione di alcuni cantautori dell’ultima generazione come Mimmo Locasciulli, Eugenio Finardi e Ivan Graziani ai quali s’aggiungono un paio di gruppi ‘storici’ del rock italiano come i New Trolls e il Banco. Tra le novità più rilevanti è, però, da segnalare l’incontro di Zucchero "Sugar" Fornaciari con la Randy Jackson Band per l’esecuzione di Donne, una ballata arricchita da suggestive atmosfere reggae con echi di evidente derivazione soul afroamericana. Nonostante la non eccezionale accoglienza riservatagli dalle giurie sanremesi, dopo questo incontro il cantautore italiano sarà oggetto di una progressiva metamorfosi che farà di lui una star della musica internazionale.




08 febbraio, 2025

8 febbraio 1990 – Del Shannon, un suicidio da nascondere

L’8 febbraio 1990 viene rinvenuto il corpo senza vita di Del Shannon, uno dei più popolari interpreti del rock dei primi anni Sessanta. È nella sua casa di Santa Clarita Valley e sulla causa della morte non ci possono essere dubbi: un colpo di fucile. La polizia, sotto la pressione delle autorità locali preoccupate che il suicidio di una persona famosa possa influenzare negativamente l’immagine della cittadina dalle velleità turistiche, tenta in un primo momento di accreditare l’ipotesi dell’incidente. Non hanno dubbi, invece, i pochi amici dell’artista che chiedono ufficialmente di chiudere la pratica. «Lasciate in pace i morti. Da tempo Del Shannon passava le ore chiuso in casa in preda a violente crisi depressive e non c’è dubbio che abbia voluto farla finita con una vita che non sopportava più. Le autorità si chiedano piuttosto perché, in un paese descritto dai dépliant patinati come un posto bello e accogliente, un artista famoso possa decidere di morire solo come un cane». Del Shannon, all’anagrafe Charles Westover, ha da poco compiuto cinquant’anni. Nato a Grand Rapids, nel Michigan, inizia a suonare la chitarra in alcuni gruppi studenteschi prima di partire per il servizio di leva in Germania. Nel 1959, dopo essersi congedato, decide di dedicarsi alla musica a tempo pieno. Rielabora brani country e compone canzoni in coppia con il pianista Max Crook. Nel 1961 pubblica per la piccola etichetta indipendente Big Top Records il suo primo singolo “Runaway” che in sole cinque settimane arriva al primo posto della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti. Il successo, rapido e clamoroso, lo accompagna per tutta la prima metà degli anni Sessanta. Innamorato della musica, non teme nemmeno il confronto con il fenomeno emergente dei Beatles tanto che nel 1963 pubblica una curiosa e originale versione della loro From me to you. A partire dal 1966 riduce sensibilmente la sua attività come interprete e si dedica in prevalenza alla composizione e alla produzione ma non rinuncia, quando può, a imbracciare la chitarra e a cantare. Molti protagonisti del rock degli anni Settanta e Ottanta chiedono la sua collaborazione. Tra questi spiccano i nomi di Jeff Lynne, il leader della Electric Light Orchestra Jeff Lynne, Dave Edmunds, Nick Lowe e, soprattutto, Tom Petty con il quale pubblica nel 1981 lo splendido album Drop down and get me.


07 febbraio, 2025

7 febbraio 1957 - A Sanremo Claudio Villa dichiara guerra alla stampa

La settima edizione del Festival di Sanremo inizia il 7 febbraio 1957. La rassegna vede il ritorno, come presentatore, di Nunzio Filogamo affiancato da Marisa Allasio e Fiorella Mari. Il programma prevede tre serate più una, riservata agli ‘indipendenti’, cioè a quegli autori che non hanno l’appoggio ufficiale di alcuna edizione musicale. Claudio Villa è in gara con quattro canzoni: Cancello tra le rose e Usignuolo in coppia con Giorgio Consolini, Corde della mia chitarra con Nunzio Gallo e Il pericolo n. 1, cantata in duo con Gino Latilla e replicata da Natalino Otto. Fin dalle prime battute Claudio, che appare come il ‘superfavorito’, si accorge che parte della stampa gli è ostile. Come al solito, invece di blandirne i favori, decide di continuare per la sua strada ‘a muso duro’, incurante dei rischi a cui si espone. Qualche giornale comincia a parlare di un Villa ‘pigliatutto’ che si è fatto assegnare le migliori canzoni per non correre rischi. Per tutta risposta il cantante mobilita i suoi club. In questo clima teso viene costruito il primo ‘incidente’. Quando Claudio e Gino Latilla lasciano il palco dopo l’esecuzione de Il pericolo n. 1, il cantante romano inciampa in un’asperità del palcoscenico. La reazione di una parte della tribuna stampa è immediata: “L’ha fatto apposta per farsi notare. È scandaloso!”. La guerra è dichiarata. Nella serata del 9 febbraio, quando Claudio Villa sale sul palco per cantare Cancello fra le rose i rapporti con parte della stampa sono ormai oltre il limite della rottura. I Club dei sostenitori del cantante sono in prima fila in questa battaglia dei nervi e non mancano di far sentire la loro antipatia nei confronti dei giornalisti colpevoli di ‘persecuzione’ nei confronti del loro idolo. Sul finale della canzone la voce di Claudio ha un leggero cedimento e ‘stecca’ una nota. Dalla sala si leva qualche fischio, immediatamente coperto dal caloroso applauso dei sostenitori dei Club. Dalla tribuna stampa arriva, netto e anonimo, il grido “Viva Consolini!” contrapponendogli polemicamente Giorgio Consolini, l’altro esecutore della canzone. Gli appartenenti ai Club reagiscono con fischi e improperi in direzione dei giornalisti. Nonostante tutte le polemiche il Festival si risolve in un trionfo per Claudio Villa che vince il primo premio con Corde della mia chitarra di Giuseppe Fiorelli e Mario Ruccione, in coppia con Nunzio Gallo, e il secondo con Usignuolo di Luciano Luigi Martelli, Gino Castellani e Carlo Concina, in coppia con Giorgio Consolini. A completare lo straordinario risultato arriva anche la vittoria nella serata del 10 febbraio, dedicata agli autori indipendenti, con Ondamarina interpretata sempre in coppia con Giorgio Consolini.

06 febbraio, 2025

6 febbraio 1956 - Il primo disco degli Everly Brothers

Il 6 febbraio 1956 viene pubblicato il primo disco degli Everly Brothers. Qualche mese prima il duo, dopo molto girovagare ha finalmente trovato una casa discografica disposta a ingaggiarli. È la Columbia che l'8 novembre 1955 li ha ingaggiati con un contratto di soli sei mesi. Stando alle voci che circolano nell'ambiente  per l'ingaggio sarebbe stato determinante l'intervento di una loro ammiratrice amante di un politico particolarmente in vista a Nashville. Il giorno dopo la firma, gli Everly Brothers si recano al Tulane Hotel di Nashville, un locale che la casa discografica usava per le registrazioni. Con loro ci sono in studio i Tunesmiths di Carl Smith. La registrazione avviene in fretta. Il duo incide quattro brani in ventidue minuti. Due di questi, Keep a-lovin' me e The sun keeps shining sono sul disco pubblicato il 6 febbraio 1956, Sono canzoni country non eccezionali e il passa pressoché inosservato. Alla scadenza del contratto con la Columbia, gli Everly Borothers verranno respinti anche alle audizioni della Capitol e della Cadence. Qualche anno dopo di fronte al loro successo le etichette rimpiangeranno queste scelte.



05 febbraio, 2025

5 febbraio 1960 - Fischi, sputi e sfide a duello per “La dolce vita”


Venerdì 5 febbraio 1960 al cinema Capitol di Milano viene proiettato in prima visione assoluta “La dolce vita”, l’ultima fatica di Federico Fellini. Il film, cui ha collaborato anche lo scrittore Ennio Flaiano, è un grande e impietoso affresco d’epoca che con ironia prende di mira la volgarità dei nuovi ricchi, l’assurdità dell’aristocrazia e la mediocrità della borghesia. È un pugno nello stomaco per il pubblico milanese della “prima”, composto in gran parte dalla buona borghesia lombarda. Alla fine della proiezione i fischi superano per clamore gli applausi. Uno spettatore sputa addirittura addosso a Fellini, un altro lo sfida pubblicamente a duello. Non va meglio alla proiezione privata in casa di Angelo Rizzoli, che ha prodotto il film insieme a Peppino Amato. Di fronte a un’accoglienza così sfavorevole l’imprenditore lombardo confida agli amici: «Se potessi mi ritirerei dall’impresa. Ho già capito che è meglio limitare le perdite perché sarà un fiasco». Il suo proverbiale fiuto questa volta si sbaglia. A molti critici il film piace e il pubblico ne farà uno dei campioni d’incassi della stagione.


04 febbraio, 2025

4 febbraio 1982 – L'incostante Alex Harvey

Il 4 febbraio 1982 un infarto spegne la vita di Alex Harvey, uno dei più singolari personaggi della scena rock europea. Nato a Glasgow in Scozia il 5 febbraio 1935, inizia a suonare la chitarra in vari gruppi di skiffle e dopo aver fatto un'infinità di lavori alla fine degli anni Cinquanta forma la Alex Harvey Big Soul Band, una formazione che, con un robusto rhythm and blues arricchito da accenti ironici, fino alla metà degli anni Sessanta gode di una discreta popolarità accompagnando nei loro tour inglesi artisti come Gene Vincent o Eddie Cochran. Nel 1967 Harvey scioglie la band e inizia a vagabondare tra varie esperienze musicali partecipando anche alla registrazione e alla messa in scena della versione londinese del musical "Hair". Nel 1972 dall'incontro tra la sua geniale personalità e i componenti dei Tears Gas nasce la Sensational Alex Harvey Band con, oltre a lui, il chitarrista Zal Cleminson, il bassista Chris Glen, il batterista Ted McKenna e il tastierista Hugh McKenna. La band grazie a una coreografica e folle presenza scenica con ambientazioni paradossali e travestimenti vari riesce a imporsi all'attenzione del pubblico con buon successo. Nel 1978 la Sensational Alex Harvey Band si separa. Cleminson si unisce ai Nazareth, mentre Ted McKenna suona prima con Rory Callagher e poi con Michael Schenker. Alex, invece, alcuni mesi dopo forma una nuova band con il tastierista Tom Eyre, il chitarrista Matthew Cang, il batterista Simon Chatterton, il bassista Gordon Sellar e il sassofonista Don Weller. Nonostante la modesta accoglienza del primo album sembra il primo passo verso una nuova avventura. La morte di Alex cancella i progetti.


03 febbraio, 2025

3 febbraio 1960 – Buscaglione se ne va su una Thunderbird rosa

Sono le prime ore del mattino di mercoledì 3 febbraio 1960. Roma è immersa in una sorta di cappa umida formata da una pioggerellina fine, impalpabile, che penetra nelle ossa e lascia una brutta sensazione di freddo. Il cielo, cupo e nero, mostra i primi segni di cedimento nei confronti del timido chiarore che annuncia l’arrivo del giorno mentre il lucido velo d’acqua che copre le strade della città riflette la luce dei lampioni e le ombre silenziose dei rari passanti. Chiusi nei loro impermeabili o rannicchiati sotto gli ombrelli i lavoratori dei primi turni, con ancora addosso l’odore del sonno, incrociano, senza vederli, altri abitatori dell’alba. Sono i nottambuli ritardatari la cui giornata è arrivata al termine. All’improvviso il silenzio che grava su questa Roma assonnata viene lacerato dal rumore di una frenata sul fondo bagnato, dallo schianto secco e lamentoso delle lamiere che si piegano e dallo scroscio cristallino dei vetri rotti. Un’auto americana, una di quelle che soltanto gli uomini di spettacolo possiedono, si è schiantata contro un camion. L’autista è morto sul colpo. La vettura è una Thunderbird rosa. Non c’è bisogno di ricerche per sapere chi è il proprietario della vettura. Tutti a Roma sanno che quella è l’auto di Fred Buscaglione, il cantante con il baffo da mascalzone hollywoodiano, la voce roca, il bicchiere di whisky a portata di mano e la sigaretta sempre accesa. La notizia vola di bocca in bocca e in breve tempo centinaia di persone si radunano per rendere l’ultimo omaggio al primo grande “cantautore maledetto” della musica leggera del dopoguerra. Finisce così la storia del torinese Ferdinando Buscaglione, classe 1921, studente modello del Conservatorio “Giuseppe Verdi” della sua città che a quindici anni già si guadagna da vivere suonando il contrabbasso nei night e coltivando, tra le maglie della censura fascista, la passione per il jazz. Quando parte per il militare c’è la guerra, ma per lui dura poco perché nel 1943 viene catturato dagli americani e internato in un campo di concentramento in Sardegna. Le sue qualità non sfuggono ai carcerieri e ben presto si ritrova a suonare jazz e canzonette con l’orchestra militare della radio alleata che trasmette da Cagliari. Dopo la Liberazione torna casa e riprende i contatti con i suoi amici musicisti. Nel 1946 suona il contrabbasso nella jazz band del fisarmonicista Germonio e inizia a scrivere canzoni con il paroliere Leo Chiosso. Siccome non interessano a nessuno decide di cantarle da solo. Il suo debutto discografico avviene nel 1956 con Che bambola! che sfiora il milione di copie vendute senza quasi nessuna promozione e Porfirio Villarosa. «Il musicista nomade dalla voce di carta vetrata», come è stato definito da Gianfranco Baldazzi, diventa un protagonista dei principali locali notturni accompagnato dalla sua band, gli Asternovas, e l’idolo dei giovani anticonformisti dell’epoca. Teresa non sparare, Eri piccola così, Guarda che luna, Whisky facile, ironiche e ispirate alla atmosfere dei film “noir” americani, le sue canzoni fanno di lui il campione del primo boom discografico italiano. La sua è una sfida alla melodia tradizionale. I critici all’inizio storcono il naso. «Non sembra un cantante, ma un attore che racconta storie. La musica leggera è un’altra cosa». In realtà la sua voce si appoggia soltanto alla melodia e preferisce scivolare su ritmiche prese a prestito direttamente dal jazz e mai inserite prima d’allora in brani di musica leggera. È un anticipatore della “ribellione” dei cantautori e dei primi urlatori, ma non se ne rende conto. Vive la sua avventura con meraviglia e scetticismo. Quando muore ha trentanove anni ed è all’apice del successo. La sua scomparsa lascia un vuoto che, nonostante i ricorrenti imitatori dichiarati o autodichiaratisi suoi eredi, non verrà più colmato da nessuno.