
Quello che viene chiamato "rock" non è soltanto un genere musicale. È uno stato d'animo, un modo d'essere che incrocia la musica, il cinema, la letteratura, il teatro e la creatività in genere compresa quella destinata alla produzione industriale. Per chi è nato negli anni Cinquanta e Sessanta è un sottofondo, una colonna sonora di ogni momento della vita, di pensieri e ricordi. Esiste da sempre e aiuta a vivere meglio...
31 ottobre, 2024
31 ottobre 1937 - Tom Paxton, folksinger e studente modello

30 ottobre, 2024
30 ottobre 1933 – Alberto Collatina, il jazzista che ha imparato la musica dalla nonna

Il 30 ottobre 1933 nasce a Roma Alberto Collatina, uno dei più dotati polistrumentisti italiani. Cresciuto in una famiglia di musicisti, è ancora un bimbetto quando impara dalla nonna concertista a premere con grazia i tasti bianchi e neri del pianoforte dedicandosi poi allo studio di vari strumenti. Per qualche tempo si fa valere nel campo della musica pop come pianista, fisarmonicista, bassista e batterista ma l'incontro con Sandro Brugnolini gli apre la strada al jazz. Alla fine degli anni Quaranta impara a suonare il sassofono (prima il tenore e poi il soprano) da Ivan Vandor. Dopo essersi perfezionato con il maestro Nardacci, nel 1952 passa al trombone a coulisse e, successivamente, a quello a pistoni. Alla metà degli anni Cinuanta è uno dei pochissimi polistrumentisti italiani in grado di suonare tutti i sax e tutti gli ottoni salvo la tromba. Con Brugnolini e altri costituisce nel 1950 la Junior Dixieland Band, una band in linea con la moda revival del periodo che nel 1952 evolve verso un jazz più elaborato con un buon successo. Sempre con Brugnolini suona nella Modern Jazz Gang per approdare poi negli anni Sessanta alla Roman New Orleans Jazz Band.
29 ottobre, 2024
29 ottobre 1980 – Georges Brassens, l'orso della canzone francese
Il 29 ottobre 1980 nel piccolo villaggio di Saint-Gély-du-Fesc, tra Séte e Montpellier muore Georges Brassens, un artista unico, un orso dotato di una genialità e un’ironia senza pari, scorbutico al punto da spaventare anche Fabrizio De André. Si racconta, infatti che il cantautore genovese, nonostante le parole di apprezzamento dello chansonnier per le versioni italiane delle sue canzoni da lui curate, non ha mai voluto incontrarlo temendo il suo brutto carattere. Nessuno può sapere se e quanto ci sia di vero in questa storia è vera ma non importa perchè certe storie hanno ragione d’esistere indipendentemente dalla loro veridicità. Aneddoti a parte Georges Brassens non ha mai avuto un bel carattere e il suo modo di scrivere canzoni non è differente dalla sua brusca capacità di relazione con il mondo. Mette al centro delle cure la parola. Come un artigiano perennemente insoddisfatto, la lima, la aggiusta, la adatta e quando non è convinto la sostituisce. Il risultato è una scrittura matematica che attraverso architetture ardite sviluppa un linguaggio raffinato con un rigore formale che non ammette deroghe. I suoi versi sono una costruzione perfetta, precisa come un orologio svizzero, complessa e insieme così semplice da poter essere cantati in coro dai liceali di buona famiglia come dagli avventori delle osterie o dai bambini. In questa fusione tra semplicità dei concetti e ricerca della perfezione formale c’è il segreto della grandezza e della longevità di Brassens. È il miracolo di quel coacervo di sentimenti, emozioni e passioni che l’umanità chiama da sempre poesia. Il suo non è il gioco dell’enigmista, l’esercizio senza scopo del letterato innamorato della propria cultura e delle proprie parole. In lui la poesia è forma ma anche sostanza. Le sue canzoni, pur attraversate da una febbrile tensione morale, si abbeverano alle sorgenti inesauribili dell’ironia e di quella capacità di benevolenza che gli antichi chiamavano “pietas” e che non può essere compiutamente rappresentata dalla sola parola “pietà”. Figlio di un muratore Georges Brassens nasce a Sète nel 1921 e lì nei dintorni muore sessant’anni dopo. In mezzo tra la nascita e la morte c’è una vita intensa, iniziata rubacchiando qua e là come un comune teppistello da strada e proseguita tra mille mestieri, compreso quello di spazzacamino e d’operaio alla Renault, passata per l’occupazione nazista, un campo di lavoro in Germania e l’adesione convinta al movimento anarchico. Quando arriva a Parigi non ha ancora compiuto vent’anni. Vive per lungo tempo a poche centinaia di metri dal parco che oggi porta il suo nome ubicato nei pressi del vecchio mattatoio. La capitale lo affascina, lo ispira e lo accompagna per quasi tutta la vita anche se non riesce mai a conquistarlo completamente tanto che quando sente che la morte sta per arrivare chiede di tornare a Sète, in quella che considera davvero casa sua. L’atteggiamento è in linea con un personaggio che nella propria vita si cura pochissimo della forma, diversamente da quanto accade nella sua poesia e nelle sue canzoni. Eppure, nonostante tutto, senza Parigi probabilmente non esisterebbe Brassens. È nella Parigi dei primi anni del dopoguerra, infatti, che trova gli umori giusti per far decollare le sue canzoni. Nella capitale francese respira l’aria degli esistenzialisti, sia pur senza troppo confondersi si mescola con gli intellettuali e gira per le cantine con il suo piccolo ensemble di derivazione jazz mettendo in musica le poesie di autori scomodi come François Villon. In questi fumosi locali negli anni Cinquanta nasce la sua fama di interprete della canzone sociale, erede della tradizione della chanson réaliste. I personaggi che popolano i suoi brani sono quasi sempre gli ultimi, quelli che vivono ai margini della società cosiddetta civile e, spesso, si prendono gioco anche degli intellettuali con le loro presunzioni. Nonostante tutto però proprio l’intellettualità parigina finisce per amarlo alla follia. Non è l’unica contraddizione del lungo percorso artistico di Brassens perché il gioco delle parti a volte è riserva sorprese inaspettate. A lui, anarchico e anti-istituzionale per eccellenza toccherà in sorte di ricevere encomi e riconoscimenti da alcune tra le più paludate e prestigiose istituzioni francesi. Se la poetica letteraria dei brani di Georges Brassens appare rigida nella sua definizione formale fino ad apparire più vicina all’Ottocento che al Novecento la musica non è da meno. Impermeabile alle mode e a qualunque evoluzione, la struttura di tutti i suoi dischi dal 1951 alla fine degli anni Settanta è sempre impostata su voce, chitarra e contrabbasso. Sbaglierebbe però chi s’immaginasse una lunga serie di brani sostanzialmente tutti uguali come accaduto alla canzone cantautorale italiana e anche a quella statunitense nella sua fase calante. Georges Brassens non attinge da quel pozzo. Per quel che riguarda i testi si riallaccia alla grande tradizione della chanson réaliste francese, quella che ha tradizionalmente per protagoniste le figure che popolano i bassifondi: vagabondi, poveri protettori, sbandati, prostitute, ladruncoli e delinquenti di strada. Prima di lui il genere era caduto nella stanca ripetitività didascalica. Lui impugna la ramazza, toglie la polvere, spazza le ragnatele e mette chanson la réaliste in relazione con le nuove pulsioni musicali derivate dal jazz e soprattutto dallo swing. In questa operazione fa tesoro della lezione surrealista di Charles Trenet che lui considererà sempre il suo maestro. Il risultato è che le sue canzoni, lungi dal restare aristocraticamente riservate a pochi intenditori, finiscono per diventare un patrimonio disponibile a tutti. Ascoltandole si piange e si ride, ci si indigna e ci si commuove perché le sue storie sono hanno una forza comunicativa cui non si può resistere. C’è chi gli ha rimproverato per questo una scarsa coerenza con la sua militanza nel movimento anarchico come se l’impegno politico e sociale in musica avesse il dovere di produrre solo inni. Lui non ha mai risposto lasciando che le canzoni parlassero da sole. La carica rivoluzionaria contenuta in storie come quella del gorilla che sodomizza l’autorità viaggia sul filo dell’ironia e dell’intelligenza. Se qualcuno non ce l’ha né Brassens né altri possono farci niente. Georges Brassens nasce il 22 ottobre 1921 a Sète, una città della Francia meridionale dove resta fino al 1940 quando va a Parigi. Appassionato di poesia nel 1942 riesce a pubblicare un volumetto con le sue composizioni che passa inosservato. Lavora come operaio alla Renault ma nel marzo del 1943 viene reclutato a forza dai tedeschi per il Servizio di Lavoro Obbligatorio e spedito in Germania. Non ci resta per molto. Sfruttando una licenza torna a Parigi e si nasconde in casa di Jeanne Le Bonniec, la bretone che l’ospiterà a pensione per una ventina d’anni. Dopo la Liberazione di Parigi nel 1946 aderisce alla Federazione Anarchica e scrive con vari pseudonimi sul giornale “Le Libertaire", Nello stesso periodo comincia a cantare in pubblico le sue canzoni. Negli anni successivi suona in vari locali. La svolta arriva il 6 marzo 1952 quando tra pubblico che l’ascolta c’è Patachou, uno dei personaggi più popolari del cabaret francese. Patachou resta impressionata dalle sue canzoni e lo ingaggia per aprire i suoi spettacoli. Tre giorni dopo, il 9 marzo Georges Brassens debutta al Trois Baudets, uno dei templi del cabaret parigino di quel periodo. È il successo. Prima della fine dell’anno incide il suo primo album. Da quel momento, pur tra alti e bassi, la sia carriera continuerà ininterrottamente fino alla fine degli anni Settanta. Nel mese di novembre del 1980 si ammala di cancro. Quando capisce di essere condannato decide di lasciare Parigi. Nell'estate del 1981 torna nella sua città natale e il 29 ottobre dello stesso anno muore nel piccolo villaggio di Saint-Gély-du-Fesc, tra Séte e Montpellier, dove è ospite del suo amico e medico Maurice Bousquet.
28 ottobre, 2024
28 ottobre 1891 – La prima volta di Nicola Maldacea

Il 28 ottobre 1891 al Salone Margherita di Napoli fa il suo debutto Nicola Maldacea. Emozionato l'artista propone al pubblico un paio di macchiette che ottengono un buon successo. Inizia così la storia artistica di uno dei personaggi più popolari del café chantant italiano. Nato a Napoli il 29 ottobre 1870 frequenta, giovanissimo la “scuola di declamazione e recitazione” di Carmelo Marroccelli con scarsi risultati. Nonostante lo scetticismo dei suoi insegnanti il ragazzo ha talento e molta voglia di arrivare. Immediatamente dopo il debutto vagabonda per i locali italiani dove pian piano la sua popolarità cresce fino a farne una delle più pagate star del cafè-chantant. Ottiene uno straordinario successo anche all’estero, soprattutto negli Stati Uniti dove si esibisce nel 1922 in una leggendaria tournée con Ria Rosa. Anche il cinema si accorge di lui e gli affida ruoli significativi in film come "Kean" nel 1940 e "Miseria e nobiltà" nel 1941. Le dispendiose passioni per il gioco e per le belle donne lo costringono a lavorare fino al giorno della sua morte, che avviene a Roma il 5 marzo 1945.
27 ottobre, 2024
27 ottobre 1999 – L'ultimo concerto di Lester Bowie

26 ottobre, 2024
26 ottobre 1991 – La quarta volta di Belinda Carlisle

25 ottobre, 2024
25 ottobre 1986 – Bello, impossibile e primo in classifica

24 ottobre, 2024
24 ottobre 1978 – Keith Richards condannato a suonare per beneficenza

23 ottobre, 2024
23 ottobre 1951 – Charlie Creath, un caposcuola dimenticato

22 ottobre, 2024
22 ottobre 1976 – È dei Damned il primo disco punk!

21 ottobre, 2024
21 ottobre 1989 – Tornano Martha e le sue compagne

20 ottobre, 2024
20 ottobre 1977 – Una copertina premonitrice per i Lynyrd Skynyrd
Il 20 ottobre 1977 un Convair 240 della compagnia privata Falcon Airways decolla da Greenville, nel South Carolina, con destinazione Baton Rouge, in Louisiana. A bordo, tra i ventisei passeggeri, ci sono i componenti dei Lynyrd Skynyrd accompagnati dal loro manager e dal trio vocale femminile delle Konkettes, da un anno coriste della band. Il gruppo sta recandosi alla Louisiana University di Baton Rouge dove ha in programma un concerto. Mentre sorvola lo stato del Massachusetts l’aereo ha un’improvvisa avaria. Il pilota tenta un atterraggio di fortuna, ma non può evitare l’impatto violento con il terreno, che avviene nei pressi della città di Gillsburg. Fortunatamente nello schianto il velivolo non prende fuoco, ma nell’incidente muoiono sei passeggeri, tra cui il cantante dei Lynyrd Skynyrd Ronnie Van Zandt, il chitarrista Steve Gaines, sua sorella Cassie, corista, e Dean Kilpatrik, il manager. Tutti gli altri componenti del gruppo, pur feriti, non sono in pericolo di vita. Tre giorni prima dell’incidente i Lynyrd Skynyrd hanno pubblicato l’album Street survivors, la cui copertina è illustrata da un fotomontaggio premonitore che mostra i componenti del gruppo avvolti dalle fiamme. La storia dei veri Lynyrd Skynyrd finisce qui, anche se negli anni successivi i membri superstiti tenteranno di riformare sull’onda della nostalgia quello che, con l'Allman Brothers Band e la Marshall Tucker Band, è stato uno dei maggiori gruppi del rock sudista. A differenza degli altri due gruppi però Van Zandt e i suoi compagni, non ne hanno rappresentato l’anima innovatrice, né si sono proposti di recuperare gli aspetti più significativi della tradizione musicale sudista. In gran parte della loro carriera essi si identificano con gli umori peggiori degli stati del sud degli Stati Uniti. Apertamente reazionari, all’inizio del 1977 appoggiano ufficialmente la campagna elettorale del leader razzista George Wallace. I brani riflettono questo clima e infiammano i giovani sottoproletari bianchi degli stati del sud, che ne assimilano la voglia di rivincita. La parte più intensa della loro storia finisce a Greenville, con la morte di Van Zandt, vero leader e anima del gruppo, ma la sfortuna no. Colpirà di nuovo, negli anni successivi, anche altri componenti della band tanto da alimentare la leggenda che vede nei Lynyrd Skynyrd un “gruppo maledetto”.
19 ottobre, 2024
19 ottobre 1984 - L'arresto di Billy Bragg

18 ottobre, 2024
18 ottobre 1925 - Boogie Woogie Red

17 ottobre, 2024
17 ottobre 1920 – John Brunious, tra pianoforte e tromba
Il 17 ottobre 1920 nasce a New Orleans in Louisiana John Brunious. Nipote del grande batterista Paul Barbarin, compie i suoi primi studi musicali sulla tastiera di un pianoforte. In parte condizionato e in parte agevolato dalla figura dell'ingombrante parente trova la sua prima importante scrittura proprio nell'orchestra dello zio, con la quale suona a lungo nei migliori locali di New Orleans. Nella formazione però ricopre il ruolo di… trombettista. Proprio con questo gruppo tra il 1954 e il 1956 registra vari dischi, tuttora considerati tra i migliori prodotti del New Orleans Revival di quel periodo. La formazione, del resto, è di prim'ordine potendo annoverare solisti del calibro di Willie Humphrey, Bob Thomas e Lester Santiago, oltre a una sezione ritmica basata sull'impressionante swing di Barbarin e su musicisti come Danny Barker e Milt Hilton. Le registrazioni rimandano un sorprendente apporto di John Brunious, la cui tromba calda e corposa sullo stile di Louis Armstrong contribuisce non poco a tenere alto lo standard di tutte le esecuzioni. Ancora più stupefacente è il fatto che nei periodi in cui non è direttamente impegnato con l'orchestra dello zio, il musicista continui ancora a esibirsi come pianista in uno stile completamente diverso da quello su cui si cimenta quando è alla tromba. In lui convivono due John Brunious, tra loro alternativi. Se con la tromba, infatti, sta progressivamente diventando uno dei musicisti di punta di quella corrente che ripercorre le vie più tradizionali del tipico jazz di New Orleans, quando è al pianoforte Brunious non disdegna di avventurarsi in nuove e più sperimentali avventure che fanno storcere il naso ai puristi. Insomma sembra quasi che il pianoforte venga vissuto come un momento di sfogo e di sperimentazione fuori dagli schemi imposti dallo zio. Non a caso quando chiude la parentesi con la band di Paul Barbarin sceglie definitivamente la tromba ed entra a far parte di varie "brass band". Tra queste spicca la leggendaria Young Tuxedo Brass Band, una fanfara fondata negli anni Trenta da John Casimir che rimarrà attiva sino agli anni Sessanta. Proprio con quest'ultima registra, verso la fine del 1958, un album destinato a restare un prezioso documento nella storia del jazz di New Orleans. Grazie all'apporto di Brunious e alle indicazioni degli storici, infatti, la Young Tuxedo Brass Band riproporrà su nastro magnetico le tecniche delle antiche "brass band" mai documentate su disco. Muore il 7 maggio 1976. Una brass band l'accompagna nell'ultimo viaggio.
16 ottobre, 2024
16 ottobre 1984 - Quando i Pretori spensero le TV di Berlusconi

Il 16 ottobre 1984 i pretori di Roma, Torino e Pescara dispongono che vengano oscurate le emissioni di Canale Cinque, Italia Uno e Retequattro le tre reti divenute di proprietà di Silvio Berlusconi per violazione delle norme vigenti in materia di telediffusione. Pochi giorni dopo il Presidente del Consiglio Bettino Craxi presenterà un decreto legge per consentire al gruppo privato di riprendere le trasmissioni sul territorio nazionale. Il cosiddetto “decreto Berlusconi” verrà respinto dalla camera perché incostituzionale, ma sarà riproposto e approvato definitivamente il 31 gennaio 1985.
15 ottobre, 2024
15 ottobre 1967 – Gigi Meroni il calciatore beat e capellone
La sera del 15 ottobre 1967 un’auto travolge a Torino Gigi Meroni, il calciatore beat e capellone del Torino e della nazionale. Eccentrico e anticonformista, con i suoi capelli lunghi, i vestiti colorati e la vita sregolata era divenuto un simbolo per le nuove generazioni che si specchiavano nella sua immagine al di là del colore della sua maglia e del semplice fatto sportivo. La sua morte improvvisa e tragica ne alimenta il mito e lega per sempre la sua immagine all’Italia degli anni Sessanta quando i giovani di tutto il mondo iniziano a comunicare sulla stessa onda utilizzando la musica. In quegli anni i giovani della prima generazione nata dopo la seconda guerra mondiale rovesciano la scala gerarchica che li voleva trasparenti in attesa di diventare adulti e decidono di vivere il loro tempo da protagonisti. È l’avvio di un’onda lunga che non resterà limitata al fenomeno di costume ma finirà per investire l’intero assetto della società, istituzioni politiche comprese. Ben presto alle parole d’amore adolescenziale si sostituiscono contenuti diversi. I giovani parlano di parità dei sessi, libero amore, rifiuto del consumismo e pace universale. Nell’Italia tradizionalista del dopoguerra il contrasto generazionale diventa fortissimo e ricco di una simbolica trasgressiva. Capelli lunghi, minigonne, jeans con l’aggiunta di coloratissimi e stravaganti accessori, tutti i segni di identificazione delle giovani generazioni vengono presi di mira dai media. Chi porta i capelli lunghi viene sbrigativamente e negativamente definito dai giornali “capellone”, mentre per le ragazze che osano indossare la minigonna si conia il termine “ninfette” prendendo a prestito la definizione inventata dallo scrittore Nabokov per la sua Lolita. Dall’altra parte si prendono le distanze dagli interlocutori adulti definendoli “matusa”, dalla contrazione di Matusalemme, l’uomo più vecchio della storia del genere umano. La risposta alle accuse viene affidata alle canzoni dei gruppi o “complessi”, come si chiamano in quel periodo mutuando un termine preso a prestito dal jazz. «Ma che colpa abbiamo noi» cantano i Rokes, mentre i Nomadi chiedono ai censori «Come potete giudicar… chi vi credete che noi siam/per i capelli che portiam?». Nella contesa generazionale entrano anche i vecchi ribelli del rock che un po’ dappertutto reagiscono spaventati all’ascesa dei nuovi ritmi. E se in Francia un rocker come Johnny Hallyday canta di «capelli lunghi e idee corte», in Italia Celentano gli risponde a ritmo di rock and roll «…tre passi avanti e crolla il mondo beat…». Meroni era uno dei simboli di tutto questo oltre che un calciatore.
14 ottobre, 2024
14 ottobre 1977 – Bing Crosby, un nome d'arte nato da una striscia

Il 14 ottobre 1977 muore Bing Crosby, uno dei personaggi più importanti della musica pop statunitense. Nato a Tacoma, nello stato di Washington, il 2 maggio 1904 da Harry Crosby e Kate Harrigan, cresce a Spokane. La sua famiglia non se la passa benissimo e il ragazzo deve abbinare il lavoro allo studio per essere di aiuto alla numerosa famiglia. A otto anni viene soprannominato Bing, come il popolare personaggio della comic strip “Bingleville Bugle” di cui è un appassionato lettore. Studia alla Webster School e poi al Gonzaga Institute, retto dai Gesuiti, dove inizia, ma non completa, gli studi di legge. Le sue prime esperienze musicali risalgono al 1920, quando è batterista e cantante dei Juicy Seven, un gruppo scolastico. Nel 1921 entra a far parte dei Musicaladers un gruppo modellato sullo stile della Original Dixieland Jazz Band. In quegli anni dà vita anche a un duo novelty di canto e piano con il pianista del gruppo, Al Rinker, fratello della cantante Mildred Bailey. Nel 1925, dopo lo scioglimento dei Musicaladers, i due si trasferiscono a Los Angeles, e, grazie all'interessamento di Mildred Bailey, vengono ingaggiati dalla compagnia di vaudeville Fanchon & Marco al Boulevard Theatre di Los Angeles. Le loro interpretazioni jazzate di motivi di successo (San, China Boy, Copenhagen) integrate da effetti speciali mutuati dai Mound City Blue Blows e da occasionali battute comiche, ottengono un buon successo. Per questa ragione l'impresario Arthur Freed li scrittura per la rivista “The Morrisey Music Hall Revue”, messa in scena al Majestic Theatre di Los Angeles. Partecipano poi a uno spettacolo di varietà al Metropolitan Theatre, dove vengono notati da Paul Whiteman, allora all'apice della popolarità, che li aggrega alla sua orchestra come numero di attrazione. Il pubblico di Whiteman però non li apprezza particolarmente e il loro ruolo si riduce quasi esclusivamente al sottofondo vocale delle parti strumentali insieme ad altri vocalist della band. Le cose cambiano quando Whiteman scrittura Harry Barris, un giovane e dinamico pianista e cantante hot proveniente dall'orchestra di George Olsen dando vita ai Paul Whiteman's Rhythm Boys. Il buon successo ottenuto con brani come Mississippi Mud, scritto dallo stesso Barris, e From Monday On, sembra rilanciare Bing e il suo compagno, ma la loro caparbia insistenza a dare sempre maggiore spazio alle battute comiche a detrimento della parte musicale finisce per stancare il pubblico e lo stesso Paul Whiteman che li allontana dall’orchestra. Bing, Rinker e Barris si esibiscono nei teatri e nei night-club di varie città della California ottenendo un notevole successo al Monmartre Café di Los Angeles e un successivo ingaggio al prestigioso Cocoanut Grove di Hollywood. Nel frattempo Bing Crosby sposa la cantante e attrice Wilma Wyatt (Dixie Lee) decide di sfruttare la popolarità guadagnata nei locali con un proprio programma radiofonico dove le sue canzoni When the Blues of the Night e I Surrender Dear fanno faville. Sotto l’abile gestione del fratello maggiore Everett viene scritturato anche dalla casa cinematografica Paramount che lo trasforma in una star del cinema musicale hollywoodiano. La popolarità non lo abbandona più fino alla morte e non conosce appannamenti neppure quando, alla soglia dei settant'anni, riduce al minimo le sue apparizioni in pubblico. Il comico Bob Hope, suo grande amico ed estimatore, a chi vaticinava il declino di Bing dinanzi alla esplosione di Frank Sinatra (soprannominato "swoonatra" perchè faceva svenire le fans) agli inizi degli anni Quaranta, replicava con queste parole, che al di là del paradosso contengono un fondo di verità: «Non si preoccupi per Bing: quello è l'uomo che fece svenire la madre di Sinatra ed è anche l'uomo che fra una quindicina d'anni farà svenire la figlia di Sinatra».
13 ottobre, 2024
13 ottobre 1920 – Umberto Cesari, il pianista che amava Fats Waller
Il 13 ottobre 1920 nasce a Chieti il pianista Umberto Cesari. All’inizio dell’attività, pur essendo in possesso di una formazione classica non disdegna incursioni sempre più frequenti nella musica leggera. La sua carriera sembra ormai incanalata sui binari di una tranquilla routine da strumentista d’accompagnamento quando l’ascolto casuale di un disco che contiene After you’ve gone nella versione di Fats Waller gli fa scoprire il jazz. È quasi un colpo di fulmine. Gli orizzonti del giovanotto chietino cambiano improvvisamente e anche la sua impostazione stilistica per un po’ appare fortemente condizionata da quella di Waller. Negli anni immediatamente successivi alla Liberazione dà vita a ben due formazioni: il Cristall Trio e un sestetto impostato sulla falsariga delle formazioni di Benny Goodman di cui si occupa persino Down Beat, la rivista per le forze armate statunitensi di stanza in Europa. La sua popolarità si allarga e alla fine degli anni Quaranta se ne va a New York per suonare in una grande orchestra radiofonica. Nel marzo del 1950 è, però di nuovo in Italia per registrare negli studi della Parlophon una leggendaria versione di Begin the Beguine con il Trio, un gruppo che oltre a lui comprende Carlo Pes alla chitarra e Carletto Loffredo al basso. In breve tempo diventa uno dei più apprezzati strumentisti jazz di studio. Tra le sue registrazioni più famose ci sono quelle con il quartetto di Aurelio Ciarallo per la Columbia nel 1954, quattro brani con la Roman New Orleans Jazz Band per la RCA nel 1958 e otto nel 1959 con la stessa band che può contare per l’occasione anche sull’apporto del clarinettista Peanuts Hucko e del trombettista Trummy Young. Il 24 ottobre 1960, con Sergio Biseo al basso e Roberto Podio alla batteria, registra negli studi della RCA la famosa Pino solitario. Nella sua carriera ha incontrato quasi tutti i protagonisti del jazz di quel periodo. Suona a lungo con Stéphane Grappelli e, in jam session, incrocia il suo strumento con quelli di personaggi straordinari come Django Reinhardt, Louis Armstrong, Trummy Young, Cozy Cole, Arvell Shaw, Jack Teagarden, Bill Coleman, Barney Bigard, Don Byas, Toots Thielemans, Chet Baker, Max Roach, Zoot Sims, oltre a moltissimi musicisti europei. Da sempre poco incline a mostrarsi in pubblico, negli anni Sessanta rende il suo isolamento quasi inaccessibile rifiutando anche le proposte di nuove registrazioni. Muore nel 1992.
12 ottobre, 2024
12 ottobre 1985 – Chi diavolo sono i Ready For The World?

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